78. Mio

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L'insolita quiete che ha soggiogato la residenza nobiliare di YunMeng, ne è rimasta in possesso nei giorni a venire, e durante la lezione di tiro con l'arco non è apparsa anima viva

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L'insolita quiete che ha soggiogato la residenza nobiliare di YunMeng, ne è rimasta in possesso nei giorni a venire, e durante la lezione di tiro con l'arco non è apparsa anima viva. Uno spesso tentacolo incandescente si catapulta sul campo d'addestramento, smuovendoci i capelli e le vesti, per spingere indietro il bersaglio di altri due metri, e ritrarsi nel mio corpo con la stessa agilità. Jin Ling mi lancia un'occhiata titubante.
«Prova adesso.»

I cerchi concentrici, gialli, azzurri e rossi, dondolano un paio di secondi, quasi confondendosi con quelli metallici appesi a folte corde intrecciate sullo sfondo. Si assestano assieme ai corti fili d'erba, e sento già il bisogno di smuoverli di nuovo.
«Tira» sollecito Jin Ling, che finalmente tende di nuovo l'arco. Le bandiere, le lanterne. Quando il vento non soffia, tutto è immobile. E noi siamo la sola cosa che può mandare avanti il mondo e farlo sembrare vivo.

La prima freccia affonda nel vuoto, disegna una parabola sul campo e mi dà respiro, finché non cade a terra. Gliene porgo un'altra, l'ultima a disposizione. Spingo indietro le spalle di Jin Ling, gli sollevo di nuovo il mento sudaticcio, e il gomito. Ha un tremito. La seconda freccia scatta d'improvviso e si va a conficcare nel cerchio azzurro.

«Mmh.» Salgo gli otto gradini di marmo grigio e siedo sullo scranno. Un lato della spalliera è stato rosicchiato dalle fiamme, in parte tanto minima da non trattarsi che di un mero difetto estetico. Eppure lo sento quasi raschiarmi la schiena se lo sfioro. «Per oggi può bastare.»

«No, voglio riuscire a colpirlo!»
«Hai bisogno di riposare adesso. Puoi riprovarci domani.»
«Ma io ci voglio riuscire ora!» sbraita, lanciando l'arco ai suoi piedi. Una sottile nube di polvere si solleva tra gli esigui sprazzi d'erba.

Al di là dei suoi capricci, non c'è che il cinguettio, il suono dell'acqua e forse il gracidio di qualche ranocchia dalla distesa d'acqua alle mie spalle. È quasi disturbante, il modo in cui la staticità non si addice al Pontile di Loto. «Dov'è Fata?»
«Con lo zio. Ed è 'Piccola Fata', non solo 'Fata'!»

Tamburello le unghie sul bracciolo di quercia. «Intendi chiamarla proprio 'Piccola Fata'?»
«Che hai da ridire? È più carino così» Jin Ling incrocia le braccia sul petto.
«Crescerà prima o poi, lo sai?»
«No» si lamenta. «Sarà sempre 'Piccola Fata'. Sempre!» ribatte offeso, quasi dipendesse da me la sua crescita.
Scuoto il capo. «Già 'Fata' non è abbastanza bizzarro da sé?» borbotto.

«No, è un nome da cucciolo. Lei è piccolina come una fata. Non è» esita, «bizzarro» ripete stranito. Forse non conosce benissimo questa parola, ma ne ha colto la connotazione. «È solo carino! Tu che ne sai? Non ce l'hai un animaletto!»

«E chi te lo dice che non ce l'ho?»
Mi fissa con quel broncio sospettoso. Inizia a percorrere i gradini, «Beh, non l'ho mai visto, nemmeno nel tuo palazzo».
«Solo perché non l'hai visto, non significa che non esista.»
«E allora dov'è?» fa in tono di sfida, sporgendosi a fatica oltre il bracciolo.

L'Ultimo Raggio [MDZS x Fem!Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora