74. Crescere

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Raggiungo Jiang Cheng e Jin Ling al portone del Padiglione Aureo e, già scorgendomi in lontananza, il bambino ha sollevato il viso nella mia direzione

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Raggiungo Jiang Cheng e Jin Ling al portone del Padiglione Aureo e, già scorgendomi in lontananza, il bambino ha sollevato il viso nella mia direzione.
«Al rientro potrai riprendere le lezioni di tiro con l'arco» spiega Jiang Cheng, rispondendo alla perplessità di Jin Ling. «Be'? Saluta» lo rimprovera. Allora, dopo aver battuto le palpebre un paio di volte, Jin Ling solleva le mani, sovrapposte in un saluto tai, per poi ritrarle svelto assieme allo sguardo. Jiang Cheng schiocca la lingua dopo aver osservato tutta la scena, ma non aggiunge altro. Una tranquillità che non so spiegarmi, né condividere, davanti a quella reazione così insolita, quasi uggiosa. Durante l'intero periodo di permanenza, Jin Ling è stato cupo e bizzarro. Normalmente, mi sarebbe corso incontro, o perlomeno sarebbe stato a zampettare sul posto, sbandierando "per caso" il suo piccolo arco. Che ne è della sua attitudine appiccicosa ed esibizionista? Stento a credere che si tratti davvero dello stesso marmocchio che si è fatto rapire da quei malfattori pur di vedermi. Ora che Jiang Cheng non si oppone ha perso interesse! Non ti piacciono le cose semplici, Jin Ling?
«Capo Clan Jiang, A-[T/n]» A-Yao si avvicina, rivolgendoci un saluto antitetico a quello di Jin Ling. «Siete in partenza?»
Nella grande sala sono ancora distribuiti discepoli e nobili dei vari clan, immersi in conversazioni piacevoli dopo aver passato la notte nei lussuosi alloggi della torre. L'aria pare fresca e tranquilla, il vento autunnale ha seccato la pesantezza dei temi trattati alla conferenza di ieri.
«Sì, conto di arrivare a Yunmeng il prima possibile» risponde Jiang Cheng autoritario.
«Certo, immagino abbiate molte cose di cui occuparvi al rientro.» Quel commento suona troppo insulso per provenire da A-Yao, ho l'impressione che si riferisca a qualcosa di più specifico. «A-[T/n], grazie ancora per tutto.» Jiang Cheng ha sbuffato non appena il mio nome è stato pronunciato, facendomi esitare prima di rispondergli e congedarlo. Quando Jin Ling irrompe con un "Piccola Fata!", accovacciandosi per accogliere il cucciolo di rientro dalla colazione, possiamo dirci pronti a salpare le ancore.

Durante il tragitto, è rimasto taciturno e distaccato. Una volta scesi dalle spade, ha camminato con fare altero di fianco al suo cagnolino, rifiutandosi persino di essere portato in braccio dopo ore di cammino, e concedendosi tutt'al più qualche borbottio in risposta alle sgridate di Jiang Cheng. Giungiamo ad un borgo quando il sole è ancora alto nel cielo. Onde evitare di affaticare troppo il bambino, Jiang Cheng ha deciso di fermarsi per tempo in una locanda. Al risveglio, avrà probabilmente le gambe tanto anchilosate da cedere senza scenate per il secondo giorno di viaggio. Jiang Cheng si ferma a leggere l'insegna affissa accanto all'entrata di un locale. Jin Ling sfrega con i piedi sul selciato, o meglio, sull'erba umida che sbuca dalle giunture, finché non causa una zaffata così intensa da fargli tappare il naso con le dita e far indietreggiare Fata.
«Entriamo qui» Jiang Cheng fa per anticiparci. Prima di superare l'uscio, colgo i caratteri di "terme". Mmh, concordo, attenuerà senz'altro i dolori della camminata. Passando attraverso i tavolini lucidati, raggiungiamo Jiang Cheng al bancone. Jin Ling è talmente rapito dai piatti di ravioli fumanti, da non guardare nemmeno dove mette i piedi. Non si è affatto lamentato, ma deve avere fame. Afferro il retro del suo colletto, lo tiro per impedirgli di inciampare su una panca posta di sbieco. Agita le braccia per aria, disorientato. Quando nota la panca contro cui si stava dirigendo a capofitto, arrossisce, si volta e accelera il passo. Ma perché fa cosi?! Non voglio ammetterlo, ma stavolta ho sentito una fitta al petto.

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