33. Fedeltà

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Quando mio padre mi chiamò quella mattina, ero già scossa dai brividi

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Quando mio padre mi chiamò quella mattina, ero già scossa dai brividi. A partire da ogni vertebra, mi percorrevano la schiena assieme alle prime goccioline di sudore. Durante il tragitto, non feci che fissare le mattonelle del corridoio macchiate dal riflesso vermiglio della carta da parati.

All'inizio decisi io stessa di tenere lo sguardo basso, per nascondere l'incarnato troppo pallido del mio viso. Ad un certo punto, però, il mio campo visivo si limitò fino a raggiungere a malapena i piedi di mio padre. La suola bianca dei suoi stivali calpestò più volte quel manto nero e brillante. Qualche passo dopo, non vedevo più oltre la punta affusolata dei miei di stivali.

Camminare divenne faticoso e mi ritrovai a forzare ogni respiro. Un formicolio si fece strada dalle falangi all'avambraccio come una scarica elettrica. Quando giunsi le mani tra loro, mi resi conto di quanto fossero fredde e umide.

Le fughe del pavimento si fecero ondulate e quel riflesso color sangue si spinse di continuo verso di me, agitato quanto un mare in tempesta. Proprio come se avessi bevuto litri di sidro, una fitta dopo l'altra mi colpirono lo stomaco e mi costrinsero a stringere i denti per trattenere i conati.

La distanza tra me e mio padre aumentò ancora. Me ne resi conto poco prima che la vista si appannasse. Dopodiché, quel tocco preciso e regolare si amplificò come se fossimo entrati in una caverna, e fu la sola cosa in grado di guidarmi. Rimbombando, si alternava alle mie pulsazioni. Due passi, un battito. Due passi, un altro battito.

Quel ritmo mi cullò assorbendo la forza dalle mie gambe, per cui un'altra semplice fitta bastò a farle cedere. I miei arti erano del tutto intorpiditi, e quel fastidio tramutato in dolore si stava estendendo secondo per secondo. L'unica cosa che fui in grado di vedere allora fu il pannello bixi piegato sulla mia gonna candida.
«Che succede?»

A stento percepii la pressione sul polso quando mio padre vi premette l'indice e il medio. Lo sentii espirare di colpo, e fu come uno schizzo d'inchiostro fuori posto sul quadro ordinato e statico che era sempre stato. «Hai usato la Mano Sciogli-Nucleo?» alzò appena la voce. Vibrava, non l'avevo mai sentita così.

Scossi il capo. «Perché è così debole?» mormorò spingendo di più i polpastrelli sulle vene. Mi accorsi di star tremando quando tentai di guardarlo in volto. L'ultima cosa che ricordo, è la sensazione del liquido caldo che mi solleticò le narici, e il sapore del ferro che mi impregnò la lingua.


Mi risvegliai nella mia stanza, all'ombra di un baldacchino dai contorni sgranati.
«Sovraffaticamento.» I suoni si fecero via via meno distanti, mentre mettevo a fuoco la stoffa damascata delle tende. La luce le tingeva della solita sfumatura rosacea.

«Non è strano. Ecco, il tipo di coltivazione che pratica, e anche il fatto che non esca quasi mai, possono minare il suo fisico.» È la voce di Wen Qing. Voltai il capo, e slittai sulle lenzuola per scorgere due sagome stagliarsi sulla mia porta. «Credo che ci vorrà una, forse due settimane perché si rimetta.»

L'Ultimo Raggio [MDZS x Fem!Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora