35. L'Ultimo Raggio

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Tengo le palpebre chiuse

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Tengo le palpebre chiuse. So perfettamente che davanti a me si stende un manto grigiastro e duro. Ispido, punteggiato dal brecciolino incastonato. Più avanti rispetto al mio piede c'è un rilievo poco più alto degli altri, e proprio accanto una spaccatura profonda a forma di gabbiano.

Quasi senza accorgermene, ho osservato così a lungo questo posto da memorizzare ogni scalfittura, ogni piccola crepa, di ogni singolo angolo. L'ho studiato al buio, e sotto la danza costante delle lanterne. Ho imparato persino a percepire la luce solare che, dal fondo di questo lunghissimo corridoio, impercettibile arriva a sfiorarlo di tanto in tanto.

All'inizio mi stava un po' stretto, ma ho finito per farci l'abitudine. Prima ancora di perdere la cognizione del tempo. Quanti anni sono passati? Più di uno, forse già più di due. Tutto ciò che è accaduto al di fuori, la mia intera vita, non sembra altro che un lungo sogno. O forse dovrei dire un lungo incubo.

Sollevo la schiena dal muro e fletto la gamba per rimanere più stabile sul pagliericcio sottile. Abituarmi a questa cella umida è stato comunque più semplice dell'abituarmi alla mia vecchia stanza a QiShan. Quello d'altronde, non mi è mai riuscito davvero.

Uno spiraglio capillare percorre l'ambiente. Scorre lento, come le gocce di pioggia sui vetri, fino alla parete alla mia destra. Così tenue, eppure supera persino il movimento ponderoso del focolare. Il portone è stato aperto. Infatti, poco dopo il tocco del vento fa respirare le fiamme. Starà entrando qualcuno. Tendo l'orecchio per udire i passi ancora distanti. Sono troppo leggeri, non sembrano i soliti.

A prescindere da chi sia, quando uscirà dai sotterranei, dovrei approfittarne per mandare fuori la mia creatura. In questo ultimo periodo, procurarsi informazioni è stato più complicato che mai. Le guardie sono scese di rado e hanno sempre consegnato i pasti con una gran fretta. In più di un momento, hanno persino fatto a meno di sorvegliare i detenuti. Strano. Le carceri sono ben isolate, ma mi è sembrato di cogliere un'attività frenetica a LanLing. Le mie dita rigirano appena la treccina sulla mia clavicola.

Rimango in allerta nel sentire quel ticchettio di passi continuare a ripetersi, e anzi, farsi sempre più vicino. Quando si arresta, deve aver superato tutte le altre celle. Ormai mi è facile calcolare il tempo necessario a raggiungere questo vano finale. Sollevo lo sguardo sulla grata, per inciampare nella sagoma che non mi sarei mai aspettata di vedere qui. Al di sopra di un largo ventaglio, sporgono due iridi che richiamano la peonia impressa sulla carta di riso.

«Mmh» sospiro inclinando appena l'angolo della bocca. «Ma come? Ho già smesso di farti paura?»
«Lady Wen. Non ci vediamo da un po'.» Da quanto non sentivo questo tono così glissato? Molto prima di finire rinchiusa qui dentro, ne sono certa.

Mi guarda, schermato dai reticoli, paralizzato come immerso in una lastra di ghiaccio. Mi fa sentire quasi un animale in gabbia, un'attrazione esposta per il suo diletto. Mi mordo la guancia e mi alzo. Quando avanzo nella sua direzione, lo vedo spingere appena più indietro il piede. Quel lieve tentennamento invia una scarica al mio corpo. Bene, vedo che non hai dimenticato cosa si prova.

L'Ultimo Raggio [MDZS x Fem!Reader]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora