52. Accoglienza

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Uno schizzo di pioggia mi punge la guancia, qualche altra goccia si dissolve nel laghetto

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Uno schizzo di pioggia mi punge la guancia, qualche altra goccia si dissolve nel laghetto. Accelero il passo, fintanto che restano abbastanza sottili da non disturbare le carpe in superficie. Mentre mi appresto a raggiungere il campo d'addestramento, il mio sguardo incappa in una macchietta gialla rannicchiata al margine di un padiglione. La pioggia si sta infittendo, buca le brasenie, ma posso tirare un sospiro di sollievo dato che Jin Ling è già al riparo.

Salgo lo scalino, strizzando i capelli e incastrando le ciocche umide dietro le orecchie. Jin Ling non si è nemmeno accorto del mio arrivo. Il suono dei miei stivali colma la distanza tra me e il bambino assorto nella contemplazione, inamovibile come un buddha. Accanto a lui, sulle assi di legno, poggiano il piccolo arco dorato e due frecce dalla punta smussata. Seguo il suo sguardo.

Prendo un respiro dalla bocca. Un grande rotolo bianco. Alcune porzioni del colore della morte, sono sgraffignate da linee d'inchiostro ben definite. I contorni neri mostrano i volti radiosi di Jiang YanLi e Jin ZiXuan. I loro corpi legati in un morbido abbraccio. Gli occhi di lui sono immortalati in un'espressione che non gli è propria. Sono abbastanza certa che l'artista abbia dovuto reinventarli perché continuavano a guizzare sulla figura di YanLi.

Mi umetto le labbra. Alcune gocce di pioggia stanno piombando sul corrimano a causa del vento.
«Credevo che fossi con gli altri discepoli.»
«Sono andati via.»
«Come mai?»
Fa spallucce.

Siedo accanto a lui. Non ho mai saputo di questo dipinto. Non sono mai stata attratta dall'arte, e non mi sono mai guardata davvero attorno passando di qui.
«Per oggi potremmo riposarci.»
Stringe di più le ginocchia al petto.
«Il campo d'addestramento deve essere pieno di fango. Riprendiamo da domani.»
«Okay» mormora dopo un po'. Non può fare a meno di starsene accartocciato con i suoi grandi occhi puri rivolti verso l'alto.

«Gli somigli molto.»
La sua attenzione si distacca dall'immagine, e la cosa per un secondo mi scuote. Era così ancorata al rotolo che quasi non mi aspettavo quella connessione potesse dissaldarsi. Un leggero senso di colpa si accascia sulle mie spalle, come se lo avessi strappato dalle braccia dei genitori.

Il suo viso è tornato luminoso. «Alla mamma? O al papà?»
Osservo le lunghe ciglia scure, i suoi occhi rotondi scintillanti. Poi la linea che segna il profilo del suo nasino e il mento appuntito. «Ad entrambi.»
Inarca le sopracciglia, e protende il collo nella mia direzione. Una certa urgenza brucia nel suo sguardo. Brama. Brama di sapere.

La mia mano si muove incerta fino al suo capo. I fili castani stretti nel codino si smuovono solo di pochissimo sotto il mio tocco, mentre i ciuffetti si premono sulla fronte solleticandogli le palpebre. Ma sì, è ovvio che voglia sapere. Il gesto sembra destabilizzarlo, ma solo finché non riprendo a parlare.

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