Capitolo 13 - Da un non-luogo a un altro

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Il corridoio sembrò trasformarsi in un labirinto infinito, non appena udimmo lo scricchiolio delle scarpe dell'uomo. 

Ci nascondemmo in quella che un tempo doveva essere un'aula per bambini in età scolastica. 

Le cartine geografiche appese alle pareti di carta infeltrita e le lavagne polverose contribuivano a dare alla stanza un'aria inquietante.

Cercammo la prima finestra che non fosse bloccata. 

Mio fratello dovette lottare a lungo per riuscire ad aprirla.

«C'è nessuno?» udimmo una voce lontana.

«Stai attenta» Mike mi aiutò a calarmi dal davanzale.

I miei piedi non toccarono che il nulla. Non guardai verso il basso, mi buttai e basta.

Caddi nel bel mezzo di una siepe, appoggiando il sedere tra i rametti. Sentii ridere mio fratello sopra di me e, poi, con un gesto atletico, lo vidi atterrare sui piedi.

«Andiamo, imbranata» mi porse ancora una volta una mano per farmi alzare.

«Siamo nella parte opposta» constatai non appena mi fui rimessa in piedi, lisciandomi i pantaloni.

«Scrivi a Pollo» virgolettò quel nome «digli di passarci a prendere qui, daremo meno nell'occhio se ci spostiamo in quel vicolo».

Armeggiai con il cellulare, comunicando a Chris la nostra posizione.

«Puoi per favore smetterla di far scontrare i tuoi neuroni... è un soprannome stupido, niente di più» glielo dissi senza guardarlo negli occhi, perché effettivamente ciò che stavo dicendo non corrispondeva proprio alla verità. Entrambi, però, avevamo bisogno di credere che fosse così.

«Voglio solo il tuo bene» sospirò, sedendosi sul bordo del marciapiede.

«Fidati che io per me scelgo solo il meglio» gli rivolsi un occhiolino «adesso pensiamo soltanto a questo» gli agitai davanti agli occhi il faldone «siamo andati via così di corsa che non siamo neanche sicuri di aver preso quello giusto... pensa se per il St. John siano passati altri Robertson...» risi, ma in realtà l'idea che potesse essere così mi spinse all'istante ad andare in iperventilazione. Provai ad aprire la cartella, pur di eliminare quei dubbi, ma lui mi fermò.

«Ormai è andata... scopriamolo quando saremo al sicuro» ci voltammo all'unisono, appena udimmo le ruote del pick-up stridere sull'asfalto umido.

Saltammo su al volo neanche il guardiano fosse ancora alle nostre calcagna.

«Mio Dio, stavo già cercando di contattare la tua famiglia per farvi pagare la cauzione» Chris ironizzò, ma a giudicare dal suo volto paonazzo doveva aver passato dei brutti momenti.

«A stento avrebbero pagato la mia... Mike sarebbe morto in prigione» constatai amaramente, ripensando al modus operandi dei miei. 

A loro - beh, in realtà perlopiù a mia madre - non interessava praticamente nulla degli altri; e la prova che le mie non fossero delle semplici illazioni l'avevamo avuta proprio in occasione della mia adozione. Subito dopo il nostro abbandono, infatti, erano stati proprio loro i primi tra i nostri futuri genitori ad arrivare. Avrebbero potuto salvarci tutti, dandoci una vita dignitosa insieme, invece, avevano pensato bene di scegliere soltanto me, scartando gli altri quattro, perché in fondo ciò di cui necessitavano era soltanto un pezzo di ricambio di sesso femminile.

Niente di più.

Il tempo non li aveva sicuramente resi migliori, anzi... oggi, a distanza di sedici anni, si sarebbero comportati allo stesso modo, se non peggio.

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