Capitolo 49 - A ogni storia il suo autore

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Elle, Nogales (Messico), Giugno 2022

Lo scrittore di questa storia è rimasto all'oscuro di ciò che accadde a Nogales nei tre giorni che passammo tutti insieme come una famiglia.
Sarebbe stato per me troppo complicato cercare di spiegare ciò che aveva significato sentirmi nuovamente parte di qualcosa.

L'appartamento di mia madre non sarebbe bastato per ospitare comodamente due persone, eppure, in quello spazio esiguo e claustrofobico, vissi certamente uno dei momenti più belli della mia vita.

Guardare mia madre e mio padre amarsi ardentemente dopo sedici anni di lontananza mi diede una lezione sull'amore che non avrei mai dimenticato.
Se da una parte, quando chiudevo gli occhi, non riuscivo a vedere altro che i muri che Dominic e Patricia avevano innalzato tra loro, dall'altra, avevo l'esempio di chi quei muri li aveva costruiti non per tenersi lontani ma per proteggersi.

Mio padre era una persona straordinaria.

Mia madre lo era altrettanto.

Insieme, però, lo erano ancora di più.

Ridemmo tanto.

Piangemmo tanto.

Ci amammo tanto.

Ci promettemmo tanto.

Ogni venti gennaio saremmo tornati a Nogales, tutti insieme.

E avremmo festeggiato l'anniversario di una giornata che per molti sarebbe stata da bollare come tragica, ma che per noi avrebbe assunto un significato altro.

Tutta la sofferenza che ci era stata imposta e che avevamo patito era stata cancellata nel momento esatto in cui ci eravamo riuniti. E per quella ragione non ci importava che quel giorno fosse stato l'ultimo che avevamo trascorso insieme come una famiglia, perché quello era stato anche il giorno in cui le nostre nuove vite erano iniziate. Ciò che volevamo celebrare più di ogni altra cosa era l'amore che eravamo stati in grado di far sopravvivere dentro di noi, e l'odio che Hannah non sarebbe mai stata in grado di instillarci.

Nostra nonna avrebbe voluto quello. Avrebbe voluto che noi cancellassimo definitivamente quel giorno dal nostro calendario. Ma noi no, noi quel giorno lo avremmo amato, lo avremmo festeggiato come il nostro inizio, perché soltanto un'anima dannata come la sua avrebbe potuto credere che quello per noi avrebbe rappresentato una fine.

Come aveva pensato di poter spezzare un legame che rifuggiva ogni logica?

Come aveva potuto credere, anche per un solo secondo, che nostro padre non avrebbe fatto il possibile per riunirci?

Come poteva essere stata tanto cieca da non vedere mai, oltre i vestiti che lui utilizzava per coprirsi, come il suo corpo fosse diventato il memorandum di un obiettivo?

Avremmo atteso pazienti il giorno in cui saremmo stati liberi e, poi, quel venti gennaio sarebbe stato esteso a ogni ora dell'anno per il resto delle nostre vite, perché nessuno, neppure la morte, sarebbe mai stato in grado di dividere ciò che Dio o il fato avevano unito.

Avremmo imparato con il tempo che la parte più dolorosa dell'essere separati a causa sua sarebbe sempre stata quella degli arrivederci.

Non ci saremmo mai detti addio, ma, in compenso, avremmo dovuto vivere un miliardo di arrivederci.

E fu proprio sul primo dei tanti che fummo costretti a pronunciare su cui mi soffermai, quando mi ritrovai a cospetto del nostro autore per rendere conto a lui di tutto ciò che era accaduto, da quella che all'apparenza era stata un'insignificante notte di maggio e che in realtà era stata l'inizio di ogni cosa.

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