Il tempo che la separava dall'incontro con Jonathan sembrava infinito. Ogni cosa che faceva la annoiava dopo pochi minuti. Continuava a guardare quel disegno. A volte provava a dichiararsi a quel foglio per allenarsi per essere sicura di mantenere la sua promessa.
Ginevra non ce la faceva più a stare in casa. Nonostante mancasse un'ora all'incontro con Jonathan, uscì di casa e fece un giro per la città. Ormai l'estate si sentiva nell'aria e molti bambini e ragazzi erano in giro. Ginevra riconobbe anche qualche ragazzo che intravedeva sull'autobus per andare a scuola. Guardava insistentemente l'orologio del telefono. Due e un quarto, due e venti... aveva percorso la via principale un paio di volte aspettando che il tempo passasse... ma non passava. Due e venticinque, due e trenta... Esasperata, decise di prendere una coca cola per dissetarsi. Camminò verso un bar molto lentamente. Per la sete, ne trangugiò metà subito dopo aver pagato.
Due e trentacinque, due e quaranta...
Si diresse lentamente verso la spiaggia a cui si erano dati appuntamento. Arrivò con largo anticipo e Ginevra si sorprese di nuovo: Jonathan era già lì ad aspettarla.
"Ma com'è possibile? Manca un quarto d'ora. E io che speravo di arrivare prima di lui."
Il ragazzo era seduto sulla spiaggetta ghiaiosa del loro primo appuntamento. Ginevra si avvicinò e si sedette di fianco a lui.
"Ciao." salutò Jonathan mentre la ragazza lasciava cadere lo zaino sulla ghiaia.
"Ciao." salutò frizzante, sedendosi di fianco a lui.
"Come mai così in anticipo?"
"Potrei farti la stessa domanda."
Le labbra di Jonathan si piegarono all'insù. Ginevra dovette concentrarsi per non andare in
iperventilazione. Il suo sorriso la stregava. Lo sguardo della ragazza cadde sui sassolini.
"Ecco, non ce la facevo più a stare in casa, così sono uscita quaranta minuti fa e ho fatto un giro, poi ho deciso di arrivare qui in anticipo per non farti aspettare. E tu perché sei arrivato così in anticipo?"
"Per lo stesso motivo: non volevo farti aspettare."
Ginevra rimase in silenzio, cercando di non arrossire. Era difficile mantenere la calma. Ogni volta che lo guardava, il suo cuore si esibiva in un balletto di hip-hop.
"Tutto bene?" domandò all'improvviso Jonathan.
"Si. È che..."
"Che?"
Stava per dirglielo. Prese fiato.
"Ti va di fare una partita a pallavolo? Ho portato il pallone." disse in preda all'ansia.
"Ok." rispose alzando le spalle.
Jonathan sembrava a suo agio, mentre Ginevra faceva di tutto per nascondere l'imbarazzo. Sperava solo che le sue guance non si fossero tinte di rosso.
"Fa caldissimo, non credi? Mi tolgo la maglietta."
Il piano di rimanere calma andò in frantumi appena Jonathan si tolse la maglia e le fece vedere il suo fisico scolpito. Voleva dirgli un sacco di cose, tra cui "ti amo", ma le parole le rimasero incastrate in gola.
"Sei molto bello." disse dopo qualche secondo di incertezza.
Jonathan piegò le labbra all'insù. Intanto, il suo cuore aveva ricominciato la sua esibizione.
"Tu non hai caldo?"
In effetti Ginevra stava sudando sia per il caldo sia per l'imbarazzo. Sembrava anche Jonathan avesse alzato la temperatura circostante di trenta gradi centigradi.
"Sì, fa caldo."
Si tolse e i pantaloncini e la maglietta, rimanendo in costume. Lo aveva indossato sotto i vestiti per non doversi cambiare in spiaggia.
"Anche tu sei molto bella. E non solo perché sei in costume, anche prima lo eri." commentò.
Le parole di Jonathan avevano qualcosa di magico. Era l'unica persona a cui credeva quando le diceva di essere bella.
"Grazie." accennò.
Ginevra prese la palla ancora sorridendo e glie la lanciò.
Lei non era molto brava, ma neanche Jonathan se la cavava meglio. Ogni due per tre la palla finiva nel mare. Un'altra volta il ragazzo la colpì con troppa forza, facendola finire tra i rami di un albero vicino alla spiaggia, e Ginevra dovette arrampicarsi per riprenderla. Non ci fu nessun problema per lei visto che era agile e mingherlina, a parte per un paio di ciocche rimase impigliate tra i rami.
Dopo aver rischiato di colpire un passante decisero che la pallavolo non era il loro forte. Ginevra mise la palla vicino allo zaino dell'amico e si sedette di fianco a Jonathan. Cominciarono una chiacchierata, ma non durò molto. Finiti gli argomenti della conversazione, i due rimasero entrambi in silenzio. Si guardarono e dopo qualche secondo scoppiarono a ridere, abbassando lo sguardo. Incrociarono di nuovo gli sguardi, questa volta con un'espressione più seria, come se in quel momento volessero lasciare da parte le cose stupide.
"Diglielo, "ti amo", due parole." pensò Ginevra, cercando di autoconvincersi che dire quella frase fosse semplice. Ma non era così. Non aveva di fronte un disegno, ma una persona. Una persona fantastica, tra l'altro. Non aveva problemi a dire tutto quello che pensava a Jonathan, ma quelle due parole... le rimanevano bloccate in gola.
"Ti amo."
Quelle due parole non uscirono solo dalla bocca di Ginevra. Jonathan aveva detto le stesse identiche parole nello stesso esatto momento. I due ragazzi si guardarono spiazzati per un attimo.
"Che hai detto?" chiese lei ridendo.
Non ci credeva. Come avevano fatto a dichiararsi nello stesso esatto momento? Sapeva leggerle nel pensiero?
C'era una certezza, quella più importante: il suo amore era ricambiato. E Ginevra non poteva esserne più felice.
"Che hai detto tu!" disse Jonathan ridendo.
"Ti amo, ok?"
"Anch'io ti amo."
Il ragazzo la strinse tra le sue braccia. Ginevra ricambiò l'abbraccio, stringendolo ancora più forte.
"L'avevo già capito dai tuoi sorrisi che hai fatto prima, ma volevo esserne sicuro. Non sei brava a nascondere i sentimenti."
Le labbra di Ginevra si piegarono all'insù.
Sciolsero l'abbraccio per incrociare gli sguardi.
"Sta mattina ho provato a dichiararmi davanti a un tuo disegno, sai?" disse ridendo.
Un sorriso illuminò il viso di Jonathan.
"E come sono uscito?"
"Benissimo, ma dal vivo sei più bello."
Dopo un sorriso, il ragazzo si alzò.
"Ti va di fare un bagno?"
"Perché no."
Ginevra si alzò e lo prese per mano.
"Tre, due..." contò lui.
Ginevra non aspettò che finisse. Corse verso il mare trascinando con sé il fidanzato, che cercava di non perdere l'equilibrio. Sbatté i piedi sul bagnasciuga, schizzando Jonathan. Inciampò in un sasso sul fondo del mare e i due caddero in avanti con un grande schizzo. Sott'acqua si cercarono fino a prendersi per mano e risalire. Ginevra salì su un sasso, arrivando alla stessa altezza del fidanzato. I loro sguardi si incrociarono.
"È stato bello, amore." commentò lei, facendolo sorridere.
"Adoro quando mi chiami "amore"." sussurrò Jonathan, avvicinando il suo viso a quello si Ginevra.
La ragazza appoggiò le mani dietro la testa del fidanzato, intrecciando le dita con le sue ciocche corvine. Sentiva la magica tensione di quello che stava per succedere.
"Non riesco a credere che tu mi ami." confessò Ginevra.
Un sorriso illuminò il viso di Jonathan.
"Non ti preoccupare: credici."
La ragazza chiuse gli occhi, rendendo quel gesto inevitabile. Lui le appoggiò dolcemente le dita sulle guance e chiuse gli occhi.
I loro sorrisi entrarono in contatto. Le labbra si sovrapponevano e si modellavano le une sopra le altre in modo naturale, come se fosse una cosa che facevano da anni. Nonostante toccasse le sue labbra per la prima volta, le sembravano molto familiari. Sembravano casa. Ginevra sentiva tutta l'energia positiva del fidanzato, come se glie la stesse passando dalla bocca. Le mani di Jonathan accarezzarono le guance, scesero lentamente sul collo, raggiunsero le spalle e si intrecciarono con i capelli di Ginevra. La ragazza sentì una lenta spinta verso Jonathan, il quale cadde lentamente all'indietro, trascinando con sé la fidanzata. Sorrise dentro di sé. Desiderò di non aver bisogno di aria solo per restare lì per sempre. Ecco cosa provava: beatitudine, spensieratezza, leggerezza, tranquillità, felicità... un insieme di emozioni positive che non sarebbe riuscita a spiegare. Le sue labbra la facevano sentire come non si era mai sentita.
Cominciò ad avere bisogno di aria, ma cercò di reprimere quel bisogno. Si convinse che non era l'acqua che le toglieva il fiato, ma lui. Ginevra sentiva l'aria mancare sempre di più, ma combatteva contro la tentazione di uscire dall'acqua e staccarsi.
Fu Jonathan a vincere. La sollevò, facendola riemergere. Si staccarono lentamente, tenendo gli occhi chiusi. Ansimavano per riprendere fiato ancora molto vicini. Ginevra sentiva il respiro di Jonathan sul suo viso. Era salita di nuovo su un sasso per essere alla stessa altezza di Jonathan. Lui teneva ancora le mani sulla schiena della fidanzata, mentre lei accarezzava con le punte delle dita i capelli dietro il collo.
"Come ti è venuta quest'idea?" sussurrò lei senza aprire gli occhi.
Fece fatica a dire quella frase: aveva ancora il fiatone.
"Non lo so." sussurrò lui.
"Sott'acqua eri tu che mi toglievi il fiato."
"Spero di non farti morire soffocata allora."
Un sorriso illuminò il viso della ragazza.
"Ero io che volevo rimanere sott'acqua."
"Quindi se non ti avessi portata su ora staremmo ancora limonando?"
"Forse."
Jonathan rise un pochino.
"Lo sai che per vivere hai bisogno di ossigeno?" scherzò.
"Sì, ma anche di te. Sei tu il mio ossigeno."
Sul viso di Jonathan apparve un gran sorriso.
"Non mi sarei mai aspettato che fossi così dolce."
Ginevra aprì gli occhi e incrociò lo sguardo del fidanzato. Guardava intensamente i suoi occhi, come se fosse l'unica cosa che suscitasse il suo interesse. Era l'unica cosa che voleva guardare in quel momento.
Jonathan interruppe il contatto visivo e sciolse l'abbraccio.
"Chi arriva primo vince." urlò, e scattò verso la riva.
Ginevra provo a correre opponendosi all'acqua e alle onde con tutta la forza che aveva, ma non riuscì a superare il fidanzato.
"Ho vinto." disse Jonathan, mentre osservava la fidanzata camminare verso di lui.
Era seduto sulla spiaggia ed era avvolto da una salvietta rossa.
"Tu sei partito prima e sei più veloce, non era una sfida ad armi pari." obiettò Ginevra, sedendosi di fianco al fidanzato dopo essersi avvolta nel telo mare.
Jonathan le cinse le spalle con il braccio.
"Ti ho motivata a raggiungermi?"
"Diciamo di sì."
Rise, contagiando la fidanzata.
Giocarono di nuovo a pallavolo, ma questa volta in acqua, per essere sicuri di non beccare ne passanti né alberi. Ogni volta che la palla finiva troppo lontana, Jonathan si lanciava all'inseguimento, sfoggiando le sue doti da nuotatore agonistico.
Il gioco gli fece perdere la condizione del tempo. Ginevra si alzò e guardò l'ora al cellulare solo dopo essersi asciugata.
"È tardissimo, devo andare!" disse con un tono preoccupato, raccogliendo velocemente la sua roba.
Jonathan le appoggiò una mano sul braccio.
"Aspetta amore, ti accompagno almeno al parco."
La ragazza annuì.
Jonathan indossò la maglietta, mise in spalla lo zaino e le prese la mano. Lei la stringeva forte, come se non volesse perderla. Jonathan curvò le labbra in un sorriso, contagiando la fidanzata. In quel momento spensierato non avrebbero mai immaginato di essere osservati.

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Tutto Normale
ParanormalCOMPLETA IN REVISIONE (LO SARÀ) Ginevra è triste come non mai: Erik, il suo ex fidanzato, l'ha appena mollata, lasciandola annegare in un oceano di dolore e insicurezze. Ma un misterioso ragazzo dai capelli corvini entrerà improvvisamente nella sua...