CAPITOLO 12: PALLINA

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"Fammi capire: una farfalla con cui riesci a parlare ti ha detto che è un avvertimento e che ti aspetta per la seconda prova?" chiese Jonathan.
Ginevra era tornata dal fidanzato e gli aveva raccontato tutto quello che lei e la farfalla si erano detti.
"Esatto." confermò.
Erano entrambə sedutə sulla spiaggetta con lo sguardo rivolto verso il mare.
"Ma se ti ha detto che ti aspetta per la seconda prova, qual era la prima prova?" domandò lui.
Quella domanda la prese in contropiede. Non ci aveva pensato. Ricordò le uniche tre volte in cui aveva visto la farfalla nera: quando scoprì che Erik li voleva dividere, quando l'aveva baciata e quel pomeriggio.
"La prime due volte che l'ho vista non ho fatto praticamente niente, quindi quello che è successo poco fa è la prima prova. Sì, decisamente."
Jonathan arricciò le labbra.
"Voleva vedere come mi sarei comportata in sua presenza, come nei riflessi." concluse lei, guardando davanti a sé.
Il ragazzo si voltò verso la fidanzata.
"E come ti comporterai?"
A quella domanda, curvò le labbra in un sorriso.
"La seguirò. Se appare, ci sarà un motivo."
Sapeva che ci fosse un motivo, ma non sapeva quale fosse. Aveva fatto un'ipotesi però, che era vacillata con l'incontro di quel pomeriggio, ma che non era caduta del tutto.
Si girò fino a incrociare lo sguardo del fidanzato.
"E, se la vedo quando sei con me, ti trascinerò." continuò.
Un sorriso illuminò il viso di Jonathan. Il suo sguardo cadde verso il basso.
"Ero sicuro che l'avresti detto."

Nonostante Ginevra fosse in anticipo quella mattina, sapeva che Jonathan fosse già al parco che l'aspettava, così camminò a passo sostenuto per non farlo aspettare.
Lui era seduto come sempre su una delle due altalene, ma Ginevra si accorse che c'era qualcosa di strano in lui. Non era solare come al solito, sembrava giù di morale. Si dondolava piegando e stendendo una gamba, con lo sguardo basso e un'evidente tristezza addosso. Presa dalla preoccupazione, Ginevra percorse gli ultimi metri correndo e si mise accovacciata ai piedi del fidanzato. Gli prese il volto tra le mani.
"Amore, che c'è?" chiese in preda all'ansia.
Jonathan alzò lo sguardo fino ad incrociarlo con quello della fidanzata per poi abbassarlo di nuovo.
"Avevo un amico a cui tenevo, Simon, che non vuole più avere a che fare con me. Io però ci tenevo a lui."
Appena finì di spiegare, scoppiò a piangere.
Ginevra fece cadere lo sguardo: capiva fin troppo bene la sua tristezza. La delusione era stata per entrambə un'improvvisa pallottola che li aveva colpiti. Ora era Jonathan quello che aveva bisogno di cure, e toccava a Ginevra curarlo. Gli asciugò le lacrime con i pollici.
"Ti capisco. Però lasciati guardare negli occhi."
Jonathan obbedì. I suoi occhi erano ancora lucidi, ma Ginevra li trovava lo stesso stupendi.
"Sei sia triste che arrabbiato, giusto?"
Jonathan annuì debolmente e il suo sguardo cadde per l'ennesima volta verso il basso.
Ginevra avvicinò il suo viso al volto spento di Jonathan e chiuse gli occhi.
"Non fatti rovinare la giornata da uno così. Non merita questa soddisfazione" sussurrò.
Il viso di Jonathan si fece più vicino. Ginevra si aggrappò a una catena dell'altalena per non perdere l'equilibrio.
Le labbra di Jonathan cominciarono a muoversi passionali su quelle della fidanzata, che ricambiò con ancora più passione. Le mani del ragazzo scivolarono sui fianchi di Ginevra e la sollevarono fino a farla sedere sulle sue ginocchia. Le gambe della ragazza scivolarono di fianco a quelle del fidanzato. Tenne ferma la testa di Jonathan mettendogli le mani sulla nuca. Lui invece l'abbracciava all'altezza delle spalle, intrecciando nei suoi capelli le sue dita.
Con quel gesto Ginevra sentiva delle parole chiare. Era come se Jonathan la implorasse di non andarsene, come se l'unica persona di cui gli importasse davvero fosse lei.
"Non me ne andrò, promesso." pensò Ginevra, stringendo la presa per esprimere il pensiero che aveva formulato.
Le loro labbra non erano per niente romantiche: erano passionali, sembrava quasi che si mordessero
tra di loro. Le poche persone che passavano e lə osservavano non avevano di certo l'idea di una coppia romantica.
Ginevra non voleva smettere: sentiva che Jonathan stava meglio nonostante non potesse vedere il sorriso di cui era follemente innamorata. Sapeva però che dentro di sé stava sorridendo, e anche lei provava la sua stessa gioia.
Si accorsero che il tempo fosse volato solo quando suonarono le campane per annunciare le dodici. Le loro labbra si staccarono leggermente, ma le loro palpebre non si sollevarono.
"Dovremmo baciarci così più spesso." sussurrò Ginevra.
Jonathan approvò con un sorriso.
Aprirono gli occhi solo quando sentirono qualcuno correre verso l'altalena vicino a loro. Non sembrava un ragazzo della loro età, sembrava un bambino.
I due si girarono e videro una bambina con due codini biondi e riccioluti che si era appena seduta sull'altalena vicino a loro.
Jonathan prese per i fianchi Ginevra, si alzò in piedi e appoggiò la fidanzata per terra. Notarono che la bambina bionda li stava guardando. Ginevra le sorrise e camminò via, trascinando con sé il fidanzato.

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