CAPITOLO 13: SENSAZIONI E VISIONI

5 2 0
                                    

Nonostante fosse stata al mare tutto il giorno, Ginevra non era stanca. Quando tornò a casa fece qualche compito e aiutò i suoi nelle faccende di casa. Si offrì anche di cucinare al posto di Walter.
"Buon appetito." annunciò la ragazza mentre sistemava il cibo nei piatti.
I due adulti si sedettero a tavola e cominciarono a mangiare.
"Sono buonissime le verdure." commentò Anne.
"Grazie." ringraziò la ragazza.
"C'è qualcosa in più..."
"Ho aggiunto un po' di sale, forse è per quello..."
Anne masticò un altro boccone di verdure.
"Sì, è il sale."
"La prossima volta ne metterò anch'io un po'." disse Walter.
Ginevra non si accorse della leggera risatina di Anne. Una sensazione la travolse per un attimo. Una sensazione nuova, inspiegabile. Prima che potesse capire cosa fosse, era già finita. Sapeva una sola cosa: in quel momento, aveva avuto la percezione che Jonathan fosse arrabbiato.
Spalancò gli occhi, poi scattò in camera.
"Tesoro?" chiese Walter.
Ginevra non rispose. Arrivò nella sua stanza e prese il telefono con le dita tremanti. Era preoccupata. Non sapeva cosa le fosse successo, ma non le importava. L'unica cosa che le interessava era assicurarsi che Jonathan stesse bene. Aprì la sua chat a fatica e digitò. Ci mise un po' a causa del tremolio delle dita, ma alla fine riuscì a scrivere quello che voleva.
"Amore, come stai?"
Inviò.
"Tesoro?" sentì dall'altra stanza.
Prese un respiro profondo, chiuse la chat e tornò in cucina.
"Tutto bene?" chiese Anne mentre Ginevra si sedeva.
"Eri così preoccupata quando sei andata di là..." osservò Walter.
Non voleva mentire, ma l'idea di dire la verità non la entusiasmava. Inoltre, non era sicura neanche lei di quello che fosse successo.
"Avevo un po' di mal di pancia." mentì.
"Ora ti è passato?" chiese Anne.
Ginevra annuì.

Quella notte, Ginevra non ebbe un sonno tranquillo. Nel cuore della notte, si svegliò di soprassalto. Per qualche secondo, non riuscì a capire perché. Non era stato nessun rumore e nessuno aveva acceso la luce. Qualche istante dopo, si rese conto che era stato qualcosa dall'interno a svegliarla. Per qualche istante, riuscì a vedere Jonathan nel suo letto. Non riusciva a distinguere bene la sua stanza. Solo una cosa era chiara: la sua paura. Fu facile capire che aveva appena fatto un incubo. Quella sensazione durò solo qualche istante, poi scomparve. Ginevra si mise di scatto seduta. Ansimò per qualche secondo, poi schizzò verso il cellulare. Aprì ancora una volta la chat di Jonathan e si rese conto che non aveva letto il messaggio precedente. Non ci fece caso e digitò.
"Amore stai bene?"
Inviò il messaggio e aspettò la risposta. Intanto, lesse il messaggio di Jonathan "Sì, sto bene."
Ginevra aggrottò le sopracciglia. Non ne era sicura, quella sensazione era chiara. Decise di non indagare e lasciar evolvere la situazione.
Si riconcentrò sul messaggio che aveva appena inviato. Comparse la scritta "online" e le due spunte si colorarono di blu. Per un po' però, non successe niente. Nessun messaggio, nessuna scritta "sta scrivendo...". Sembrava quasi che Jonathan si fosse pietrificato.
"Ho avuto un incubo, ma ora sto bene. Grazie per il messaggio." rispose dopo una manciata di eterni secondi.
Ginevra guardò lo schermo per qualche attimo prima di rispondere. Le venne in mente un'altra domanda da fargli.
"Eri arrabbiato quando ti ho scritto ieri sera?"
Jonathan sembrava essersi pietrificato di nuovo. Dovette aspettare un minuto buono la sua risposta.
"Sì."
Ginevra rimase di sasso. Quelle sensazioni avevano ragione, nonostante Jonathan le avesse mentito.
Si guardò intorno tesa, come se fosse in cerca di qualcosa che potesse spiegare tutto. Non lo trovò.
Fu tentata di raccontargli tutto, ma decise di aspettare. Non voleva che scoprisse che aveva origliato.

Come sempre, Ginevra non trovava lo zaino. Credeva sempre che fosse ai piedi del letto, ma non era mai lì.
Lo cercò per tutta la sua stanza, poi si ricordò di averlo messo all'ingresso. Attraversò il salotto, dove Anne stava guardando la TV.
"Esci anche oggi?" chiese.
"Sì, perché? Non devo?"
"No, certo che voglio che tu esca e ti diverta."
Ginevra prese lo zaino che finalmente aveva trovato e ci mise dentro il telefono e il portafoglio.
"Ciao mamma, a dopo."
"A dopo tesoro."
Ginevra chiuse la porta dietro di sé. Ma mentre camminava sul vialetto, qualcosa la fece immobilizzare. Ancora una volta, proveniva dall'interno. Una visione sconvolse la sua mente: vide Jonathan che litigava con una ragazza dai lunghi capelli castani. Non vedeva perfettamente, ma riuscì a intravedere i due e il parco come sfondo, ancora più indefinito dei due. La cosa che più nitida era la rabbia del fidanzato. Nonostante stessero litigando, non sentiva una parola di quello che stavano dicendo.
"Ma che..."
Si trattenne dal dire una parolaccia per paura di essere sentita dai suoi.
Continuava a vedere i due litigare. Jonathan era arrabbiato, mentre la ragazza sembrava rilassata.
Tra la confusione si fece strada un pensiero molto chiaro: corri. Scattò verso il cancello e lo aprì. Lo chiuse facendo un gran baccano e le sue gambe cominciarono a muoversi al massimo della loro velocità. Le cose dentro lo zaino finivano da una parte all'altra. Ginevra non metteva a fuoco le case e gli alberi intorno a lei mentre ci passava di fianco. Attraversò un semaforo verde senza fare la minima attenzione alle macchine e continuò alla sua corsa. Rischiò di finire addosso a un signore che le rivolse un insulto, ma Ginevra non ci fece caso. Attraversò una strada deserta e continuò a correre sul marciapiede, evitando le poche persone che camminavano.
La visione non usciva dalla sua testa: i due continuavano a litigare.
Quando le sue gambe ormai non ce la facevano più, Jonathan e la ragazza entrarono nel suo campo visivo. Accelerò per quanto le sue gambe potessero e, appena mise piede nel parco, cominciò a sentire le loro parole.
"Non mi piaci, vattene." disse secco Jonathan.
"Non mi sembri così convinto." replicò la ragazza con un tono leggermente sensuale.
Ginevra si fermò di fianco al fidanzato e ricevette un'occhiataccia dalla ragazza sconosciuta. Dunque ci stava provando con lui. Una scintilla accese il fuoco della rabbia dentro di lei.
"Te ne vai? Non vedi che stiamo parlando?" intimò guardando la nuova arrivata.
Ginevra incrociò il suo sguardo e assunse un'espressione minacciosa.
"No."
La ragazza sbuffò.
"A proposito, tu chi sei?" continuò Ginevra.
"È Amalia, la mia ex." le sussurrò Jonathan all'orecchio.
Annuì.
"Sei la sua fidanzata?" domandò Amalia.
"Sì, e ora vattene!" ringhiò, enfatizzando l'ultima parola.
Amalia sobbalzò per lo spavento.
"Mi ha parlato di te Jonathan."
"Ti sembra che mi interessi?"
Le due si scambiarono una lunga occhiata.
"Augurati di non incontrare più Jonathan."
Nonostante non lo desse a vedere, Amalia era lievemente spaventata. Invece, fece un'espressione disgustata.
"Vediamo in quanti secondi Jonathan si stancherà di te."
"Comimcia a contare e non smettere più. Così almeno hai qualcosa da fare e la smetti di provarci con me."
La ragazza guardò storto Ginevra, poi girò i tacchi e se ne andò.
Quando Amalia uscì dal parco, Ginevra si fermò a pensare alla visione che aveva avuto. Nonostante si stesse spremendo le meningi, non ne capiva il motivo.
"Amore tutto bene?" chiese Jonathan, prendendole la mano.
Si voltò verso il fidanzato.
"Ho visto te e Amalia in una visione." confessò.
Il ragazzo si irrigidì, poi il suo sguardo cadde verso il basso. Sembrava aver capito cosa stesse succedendo.
"Che c'è?"
"Non posso più nascondertelo."
Ginevra attese: era abbastanza sicura che avrebbe chiarito il suo dubbio.
"Avevo paura di perderti, così te l'ho nascosto." continuò Jonathan.
"Nascosto cosa?"
Si impegnava per dimostrare confusione, ma in realtà era felice. Finalmente, avrebbe avuto una risposta almeno a una sua domanda.
I due si guardarono negli occhi. Il ragazzo sospirò, pronto a raccontare.
"Io non ero casualmente nel posto giusto al momento giusto."
Questo Ginevra l'aveva capito, ma non glie lo fece notare. Decise di non interromperlo.
"Quando una persona a cui tengo è arrabbiata, triste o spaventata, io ho una visione. Riesco a vedere chi sta male e dove si trova. È tutto sfuocato, ma la cosa più evidente è la sensazione negativa della
persona."
Il cuore di Ginevra sembrava essersi fermato per un secondo. Ecco di cosa avevano parlato lui e Raven sulla spiaggia. Ecco cosa aveva provato.
"Ho avuto una visione quando hai scoperto che Erik e Rachel ci volevano dividere. Ho avuto una visione quando hai pranzato con tua zia e i tuoi genitori. E ho avuto una visione quando Erik ti ha baciata."
Ginevra dovette sforzarsi di respirare.
"Tutto combacia." si limitò a dire.
"Sì."
Jonathan guardava teso la fidanzata, come in attesa di una sentenza. Ginevra si rese conto di essere il giudice.
"Amore, io parlo con una farfalla che dice di essere un avvertimento. Avere delle visioni mi sembra una cosa normale in confronto."
Un sorriso illuminò il volto di Jonathan.
Ginevra gli prese dolcemente una mano, sorridendogli. I loro sguardi si incrociarono.
"Tutto normale." disse lei.
Il silenzio riempì quel momento.
"Tutto normale."
L'idea di normalità per Ginevra era totalmente cambiata. Non che prima fosse coerente a quella deglə altrə: per lei era normale leggere molto, passare pomeriggi interi a disegnare, usare poco i social e non uscire spesso, mentre molti suoi coetanei erano tutto il contrario. Ora la sua normalità prevedeva
visioni e farfalle parlanti. Ormai per lei era normale che succedesse qualcosa di paranormale.
Istintivamente, Jonathan avvicinò il viso a quello della fidanzata, fino a sovrapporre le labbra sulle sue. Appoggiò la mano libera sulla nuca di Ginevra, come se avesse paura che si staccasse. La ragazza gli rispose abbracciandolo all'altezza delle spalle con il braccio sinistro, continuando a stringere nella mano destra le dita di Jonathan.
Le loro labbra si staccarono dopo un po' per comunicare con le parole.
"Non me ne andrò amore, promesso." dichiarò Ginevra.
Bastarono quelle parole a farlo sorridere.
"Grazie." sussurrò lui.
La ragazza piegò le labbra all'insù.
"Non sei tu che devi ringraziare me, semai io dovrei ringraziarti. Se non ti fossi presentato, non ti avrei mai conosciuto."
Aprirono gli occhi e i loro sguardi si incrociarono.
Un sorriso illuminò il volto di Jonathan. Lei, come sempre, dovette sforzarsi per non andare in iperventilazione.
"E pensare che tutto è cominciato con un "ciao"." ricordò Ginevra.
Il ragazzo curvò le labbra in un sorriso.
"Quando ti ho vista, ho capito subito che eri speciale. C'era qualcosa in te di strano, paranormale. Quella sensazione mi ha spinto a presentarmi."
Un grande sorriso illuminò il viso di Ginevra. Non pensava di essere speciale: spesso pensava di essere una ragazza noiosa. Ma sentirselo dire da lui le faceva un certo effetto. Si sentiva... apprezzata. Nonostante facesse fatica a crederci, Ginevra sapeva che lui fosse sincero.
"È che... io non mi sento speciale come dici tu."
Jonathan rise come se lei avesse appena raccontato una battuta.
"Sei fantastica, hai delle capacità paranormali e non ti senti speciale?"
Il suo sguardo cadde verso il basso, e Jonathan ne approfittò per darle un bacio sulla fronte.
La bocca di Ginevra si curvò all'insù. Insieme alle sue labbra si sollevò il suo sguardo, fino a incrociare quello di Jonathan. I suoi occhi la fecero tornare al ricordo della prima volta in cui si erano incontratǝ.
I suoi occhi avevano fin da subito catturato la sua attenzione. Avevano qualcosa in più, che non aveva mai visto...
Ecco cos'era. Jonathan aveva una vista più acuta deglǝ altrǝ. Poteva vedere i momenti no delle persone a cui voleva bene.
"Ecco cosa c'era nei tuoi occhi." esclamò all'improvviso.
Jonathan la guardò accigliato.
"Cosa c'era?"
"Quando ci siamo conosciuti ti ho detto che c'era qualcosa in più nei tuoi occhi. Ecco cos'era. La tua vista più acuta."
Il fidanzato si era completamente pietrificato. Ci mise un po' a trovare le parole per continuare la conversazione.
"Non pensavo si vedesse."
"Magari nessuno se n'è mai accorto."
Lo sguardo di Jonathan cadde verso il basso.
Ginevra lo prese per mano.
"Facciamo un giro."
Jonathan annuì e uscirono dal parco.
Dopo qualche minuto di silenzio, Ginevra gli fece una domanda che le frullava nella testa da quando Jonathan le aveva detto la verità.
"Come ti sei reso conto di avere questa capacità?"
Jonathan sospirò e guardò in alto.
"Dopo che Amalia mi aveva lasciato ero davvero triste e arrabbiato, forse più arrabbiato che triste. Credevo che tutti potessero fare come lei: andarsene da un momento all'altro. Così avevo cominciato a stare da solo, inventavo scuse per stare lontano da tuttə, anche da Raven. Mi chiudevo in me stesso e non parlavo con nessunə. Mi ero spento completamente. Dopo un paio di settimane così ero sdraiato sul letto ad ascoltare la musica, quando ho avuto la mia prima visione: vidi Raven in un angolo della sua stanza a piangere. Sono rimasto scioccato per un minuto buono. Non avevo idea del perché lə stessi vedendo. Dopo aver capito che non c'era una spiegazione, l'unica cosa che riuscì a pensare fu "corri". Mi sono alzato di scatto e ho corso più velocemente che potevo da Raven. Mentre correvo ho capito che ci tenevo davvero a ləi e che non sopportavo l'idea che piangesse. In quel momento, volevo la sua compagnia. Mi ha fatto entrare in casa e glə ho detto che sapevo che piangesse. Gli ho spiegato come mai fossi venuto e ləi è rimasto scioccatə quanto me. Poi mi ha spiegato perché stava male: era triste sia perché mi ero allontanato da ləi sia perché aveva appena raccontato ai suoi della sua identità di genere. Siccome i suoi non avevano mai sentito parlare di persone non binarie, non lə avevano accettato completamente. Fortunatamente poi si sono informati e hanno capito che non c'era niente di male in ləi. Fatto sta che mi sono sentito uno schifo quando ho scoperto che stava male anche per colpa mia, così glə ho chiesto scusa e non mi sono più allontanato da ləi. Poi ho avuto altre visioni e ho capito bene cosa mi fosse successo."
Ginevra non riuscì a rispondere per un minuto buono per quanto fosse spiazzata. Era sorpresa per la stranezza della situazione, anche se l'aveva vissuta in prima persona.
Un altro pensiero balenò nella sua mente: l'immagine di un Jonathan spento. Immaginò il fidanzato che si isolava mentre il suo cuore spezzato lo feriva con le sue punte aguzze.
"Non mi aspettavo una storia così. Pensavo che un giorno a caso avessi visto o Raven, Adrian o un membro della tua famiglia soffrire." riuscì a dire Ginevra.
"In parte è giusto."
Jonathan abbassò lo sguardo prima di continuare con un tono cupo.
"Probabilmente senza quella visione avrei perso Raven."
Ginevra allungò la mano sinistra fino alla guancia di Jonathan e glie l'accarezzò con le dita, facendolo fermare. Quel gesto gli fece sollevare lo sguardo.
"Ora tu e Raven siete migliori amicə. E questa è la cosa importante."
Quella frase bastò a farlo sorridere.
"La gelateria della piazza fa anche lo zucchero filato. Ne vuoi uno?" domandò Ginevra.
Jonathan la prese per mano.
"Preferisco un gelato."
Dopo aver attraversato vie e vicoli, sbucarono in un ampio piazzale di sanpietrini. A destra, una chiesa bianca spiccava sulle vicine case di mattoni. Di fronte all'edificio, una gelateria con la scritta "sweet icecream" era circondata da famiglie che si godevano la giornata all'ombra di alcuni ombrelloni bianchi e gialli. La coppia entrò nel momento in cui un uomo usciva con un gelato in mano.
Ginevra prese uno zucchero filato mentre Jonathan prese un cono due gusti. Uscirono e si diressero verso il mare.
Dopo aver assaggiato il gelato del fidanzato, Ginevra staccò un pezzo di zucchero filato e lo mangiò. Il gusto di dolce invase il suo palato, ma non gli stava prestando attenzione. La consistenza di quella nuvola le ricordò quello che era successo il giorno prima.
"La pallina..." disse, bloccandosi in mezzo al marciapiede.
"Che c'è?" chiese lui voltandosi verso la fidanzata.
Ginevra ignorò la domanda.
Quella pallina veniva da Jonathan, ne era c'erta. Veniva da Jonathan...
"Le visioni."
Il ragazzo era ancora più confuso.
"È quella pallina che mi ha permesso di avere le visioni."
Quando Simon aveva ferito Jonathan, lei non aveva avuto visioni, mentre dopo aver ingoiato la pallina, aveva visto per la prima volta il fidanzato nella sua mente.
"Che pallina?" chiese lui.
Ginevra si voltò verso il fidanzato e gli spiegò come aveva ricevuto da lui la capacità.
"Beh, spero che tu non me l'abbia rubata. Mi piacerebbe vedere quando stai male." concluse Jonathan.
"La pallina mi ha detto che sarebbe stata per sempre una parte di me. Se te l'ho rubata, tu non l'avrai più indietro."
Il ragazzo rimase sbigottito. Il suo sguardo cadde verso il basso.
"Mi dispiace."
"Non preoccuparti." le disse sorridendo.

Tutto NormaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora