In quel soleggiato pomeriggio di marzo, Ginevra uscì e camminò a zonzo per Tarri, la sua città. Finì in una piazzetta di cemento sopraelevata, da cui era facile raggiungere una piccola spiaggia, troppo piccola per ospitare ombrelloni o lidi. Così era frequentata solo da pochissimi abitanti di Tarri.
Si sedette su una panchina di pietra vicino alle scale che portavano alla spiaggetta. Si mise a guardare il mare calmo davanti a sé, pensando. I suoi pensieri si soffermarono su Erik, il suo ex fidanzato. Quella stessa mattina, l'aveva portata in una classe vuota e l'aveva lasciata.
"Finiamo qui, non può più continuare" le aveva detto.
A quelle parole, Ginevra si era sentita un vuoto incolmabile nello stomaco, come se lui le avesse preso una parte di lei: la lei felice.
Dopo averla lasciata, lui era uscito dall'aula e Ginevra l'aveva inseguito, ma non era riuscita a raggiungerlo. C'era molta gente nel corridoio e l'aveva perso di vista. Aveva corso più velocemente possibile e aveva spintonato molte persone per farsi spazio, eppure non riuscì a raggiungerlo. L'ultima volta che l'aveva visto era seduto in macchina con sua madre mentre se ne stava andando proprio sotto ai suoi occhi. Quel pomeriggio l'aveva chiamato ma lui non aveva risposto, gli aveva scritto ma lui aveva solo visualizzato. Ogni volta che entrava la segreteria telefonica o le spunte si coloravano di blu senza ricevere una risposta, si lasciava andare alle lacrime. Dopo due ore di tentativi aveva preso ed era uscita di casa, sperando di sciogliere la tristezza camminando un po'. Ma stava ottenendo l'effetto contrario. Un essere solido risalì dallo stomaco e raggiunse il cuore, avvelenandolo: il dolore. Le lacrime le offuscarono la vista. Il mare davanti a lei divenne una distesa sfocata prima che abbassasse le palpebre. Gocce salate scorrevano sui suoi lineamenti leggermente abbronzati e infantili. Abbronzati grazie al suo amore per il sole e il mare, infantili perché molti quando la guardavano pensavano che avesse massimo quattordici anni, quando in realtà ne aveva sedici.
Ginevra si sentiva fragile, insignificante: aveva la convinzione che Erik l'avesse lasciata perché non fosse abbastanza per lui. Non aveva autostima, e dopo la separazione le sue insicurezze erano aumentate ancora di più. Ma anche durante la relazione, l'ansia che avrebbe potuto lasciarla non se n'era andata mai.
Aveva anche paura che chiunque altro le voltasse le spalle, come se tutt'un tratto si rendesse conto che lei fosse un peso inutile.
L'unica persona che le dava sicurezza era Jamila, la sua migliore amica. Sapeva che lei non se ne sarebbe andata. Quando l'aveva vista piangere le era stata vicina e l'aveva ascoltata. Le era grata per quello che aveva fatto, ma nonostante tutto la paura e la tristezza restavano.
Si sentiva come se stesse annegando in un gigantesco oceano nero in burrasca. Non c'era terra ferma, solo onde scure e più alte di lei che non la facevano respirare. Il suo cuore era stato spezzato da Erik e avvelenato dalle insicurezze. Batteva solo per farla sopravvivere. Si sentiva morta nonostante tutti i suoi organi funzionassero alla perfezione, tranne le sue emozioni.
Ginevra aveva un modo tutto suo di interpretare i sentimenti. Li immaginava come dei lupi che dormivano nella sua mente. Ma quando un'emozione predominava, pensava che il lupo di quel particolare sentimento si svegliasse e ululasse, annunciando la sua presenza. Quando invece provava due emozioni contrastanti, immaginava che i due animali lottassero tra di loro. Ed era lei a decidere a chi dare forza. In quel momento era il lupo della tristezza a predominare, facendola singhiozzare. E non riusciva a indebolirlo.
Ancora con le lacrime agli occhi, prese il cellulare e chiamò Erik. Più i secondi passavano, più perdeva speranza. Dopo qualche istante entrò la segreteria telefonica. Mentre la voce metallica parlava, Ginevra scoppiò di nuovo a piangere. Un'onda di quell'oceano la travolse. Si sentì come se avesse bevuto un po' di quell'acqua. Ma al posto che dissetarla, la avvelenava.
Sollevò lo sguardo e guardò il cielo. Nella grande distesa azzurra, cercò il sole. Lo trovò brillare mentre sembrava abbassarsi verso il mare. Era strano: lui era così brillante, illuminava una galassia intera, mentre lei si sentiva così spenta. Le sembrava impossibile che due essere così diversi potessero coesistere nello stesso universo.
Ci mise un po' a riprendersi. Quando l'ultima lacrima scese dai suoi occhi, il suo sguardo cadde sul mare davanti a sé.
Non ce la faceva più. Voleva vedere Erik e avere delle risposte. Desiderava ardentemente farsi dire tutti i motivi per cui l'aveva lasciata, anche se era sicura che non le sarebbero piaciuti.

STAI LEGGENDO
Tutto Normale
ParanormalCOMPLETA IN REVISIONE (LO SARÀ) Ginevra è triste come non mai: Erik, il suo ex fidanzato, l'ha appena mollata, lasciandola annegare in un oceano di dolore e insicurezze. Ma un misterioso ragazzo dai capelli corvini entrerà improvvisamente nella sua...