CAPITOLO 16: ATTIMI PARANORMALI

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"Hai fatto una bella dormita sta notte." osservò Anne mentre Ginevra, ancora intontita, faceva
colazione.
"Perché, che ore sono?" chiese mentre immergeva un biscotto nel latte.
"Quasi le undici e mezza."
Ginevra annuì e finì di mangiare. Poi andò in bagno e si lavò i denti e la faccia.
Appena chiuse la porta della sua stanza, il suono di una notifica echeggiò nella sua camera. Per lui aveva una suoneria particolare che riconosceva subito.
"Ti sei svegliata ora?"
Quando aprì la chat, Ginevra piegò le labbra all'insù.
"Mi sono appena lavata la faccia." rispose lei.
"Io non sono ancora uscito dalla mia stanza."
"Oggi pomeriggio ci vediamo?"
"Sì, ho invitato anche Raven e Jamila."
"Ok."
Quando i quattro si incontrarono al parco, erano leggerə e spensieratə. La loro unica preoccupazione era quella di passare un bel pomeriggio insieme.
Il ricordo di quella notte con Jonathan regnava nella mente di Ginevra. Non riusciva a pensare ad altro, anche quando Jamila chiacchierava con lei. Continuava a guardare il punto in cui erano statə quella notte.
La sua calma divenne solo un ricordo non appena sentì qualcuno avvicinarsi. Ginevra fece una sgradevole ipotesi di chi potesse essere. Quando si girò, non si sorprese di aver ragione. Sperava di avere torto, eppure ci azzeccava sempre.
Jonathan, Raven e Jamila si voltarono per primi verso Erik. L'ultima a girarsi fu Ginevra. Eccolo lì, in piedi che li guardava con un sorriso di sfida. Dietro di lui, Rachel passava dal fulminare con lo sguardo Ginevra al guardare Jonathan in modo seducente.
Erik avanzò di un passo.
"Sei sulla via giusta per farti vomitare in faccia." lo minacciò Ginevra facendo trasparire la sua rabbia, ma evitando di alzare la voce.
Erik alzò le mani in segno di innocenza.
"Io volevo solo chiarire." spiegò calmo.
Ginevra fece un sorriso di scherno.
"Alle tue bugie non ci credo più. Me ne hai raccontate troppe, adesso basta."
Le labbra di Erik copiarono il suo sorriso.
"Troppe... raccontamene una, una soltanto."
La ragazza si fece pensierosa, mentre Jonathan, di fianco a lei, teneva i muscoli tesi e guardava Erik dritto in faccia.
""Ti amo"."
"Non è una bugia. Ti amavo e ti amo anche ora."
"Un'altra bugia. A quanto siamo? Un milione? Due milioni? Ho perso il conto."
Erik aveva scambiato quella risposta noncurante per distrazione, così le si avvicinò fulmineo, intento a prenderla. Jonathan però fu più veloce. Si intromise tra lui e Ginevra con fare minaccioso.
"Spostati." disse Erik secco.
"No. Vattene tu." rispose altrettanto secco, stringendo i denti.
Ginevra si mise di fianco al fidanzato, pronta a mettersi in mezzo. Non sopportava quando due ragazzi litigavano per lei. Voleva essere lei a litigare per sé stessa.
Erik fece un altro sorriso di scherno.
"Se insisti."
"NO!" esclamò Ginevra infuriata.
Scattò tra i due e si parò davanti al fidanzato come una muraglia. Il pungo che Erik aveva tirato, però, non colpì il bersaglio giusto. Al posto che entrare in contatto con lo sterno di Jonathan, urtò con forza il naso di Ginevra, la quale cadde all'indietro. Sarebbe finita lunga distesa se il fidanzato non l'avesse presa.
"Amore!"
Il tono di Jonathan era pieno di preoccupazione. Anche Raven e Jamila si avvicinarono per controllare le condizioni dell'amica. Ginevra sentiva un forte dolore in mezzo al viso. I suoi occhi non smettevano di lacrimare. Qualche goccia di sangue le uscì dal naso, sporcandole il labbro superiore. Ma Ginevra non ci stava facendo caso. Era concentrata sul fuoco della rabbia dentro di lei. Se quel pugno avesse colpito Jonathan, se fosse stato lui a patire quel dolore...
"Scusa amore, non ti ho vista. Lascia che ti aiuti." disse Erik avvicinandosi.
Ginevra lo incenerì con lo sguardo. Gli lanciò un'occhiata talmente piena d'ira che lo fece indietreggiare. Era come se il fuoco della rabbia avesse voluto incendiare il suo sguardo. Fu proprio in quel momento che sentì qualcosa negli occhi. Le palpebre divennero pesanti, come se avesse sonno. Le rischiuse e le riaprì. Quando le aprì di nuovo, Ginevra sentì come se avesse due candele dentro le orbite: un calore che proveniva da dentro le scaldava le iridi, senza che le danneggiassero la vista.
Nello stesso istante, Erik sbatté più volte le palpebre, come se non vedesse bene. Di fronte a lui, apparve per un breve istante una nuvola indaco. Non ne era sicura, ma Ginevra pensò che poteva tranquillamente essere un fantasma informe. Prima che la ragazza potesse chiedersi cosa ci facesse una nuvola vicino all'ex, il dolore la distrasse. L'essere davanti a Erik sparì insieme al calore nei suoi occhi.
Era successo tutto in un attimo, eppure sembrava passata un'ora.
Lo sguardo di Jonathan incontrò quello di Erik. Era talmente pieno di rabbia che avrebbe potuto ucciderlo.
"Tieni Ginevra." disse senza staccare lo sguardo.
Jamila la prese sotto le ascelle. Il peso era troppo per lei, così la fece scivolare fino a farla sedere per terra.
Appena si appoggiò al terreno Ginevra provò a rialzarsi, ma Jamila la costrinse a tornare seduta.
"Ti ha fatto male più volte. Vuoi che ti ferisca ancora?"
Il suo sguardo, però, era rivolto al fidanzato.
"Se servisse a evitare che Jonathan si faccia male, sì."
Intanto lui si era avvicinato pericolosamente ad Erik. Raven capì le sue intenzioni, così trattene l'amico da dietro prima che potesse anche solo sollevare un braccio.
"Lasciami Raven!" si ribellò Jonathan arrabbiato.
Ləi non cedette. La pensava nello stesso modo di Jamila: riteneva la violenza inutile. Ma soprattutto, non voleva che Jonathan, uno dei pochi amici che aveva, si facesse male.
"Non abbassarti al suo livello." sussurrò talmente piano che solo l'amico lo sentì.
"Che amico stupido. Si mette contro di te." disse Erik.
Jamila non ce la faceva più a vedere quella scena.
"Resta qui un secondo." sussurrò all'amica.
Ginevra decise però di fare di testa sua. Appena l'amica si alzò, lei la seguì, nonostante gli occhi lacrimanti, il dolore al naso e le gocce di sangue sul viso.
"Dimostra di essere migliore di lui." disse Jamila, mettendosi davanti a Jonathan.
Ginevra rimase di fianco al fidanzato in allerta, pronta a scattare. L'amica si accorse che non l'aveva ascoltata, ma decise di non arrabbiarsi.
Quando Jonathan riprese un po' di lucidità, si rivolse verso la fidanzata. Le prese il viso tra le mani e le asciugò le lacrime con il pollice.
"Amore tranquilla. Ora andiamo a casa mia e ti asciughiamo il sangue."
"Meglio a casa mia. Non c'è nessuno ed è abbastanza vicina." propose Raven.
Jonathan era talmente concentrato sulla fidanzata che non si accorse dell'avvicinamento di Erik. Ginevra lo notò, e prima che potesse togliere il fidanzato di mezzo, la ragazza gli diede un forte calcio sulla gamba. Erik si allontanò, tenendosi lo stinco ferito.
"Non metterti contro di me. Finisce sempre male." lo avvertì.
Erik incrociò lo sguardo dell'ex.
"Io non voglio mettermi contro di te. Io voglio mettermi con te."
Ginevra piegò le labbra in un sorriso di sfida.
"Quanti lividi ti serviranno prima di capire che devi lasciarmi perdere?"
Lo sguardo di Erik cadde verso il basso. Rimase fermo, facendo trasparire la lieve paura che provava.
I quattro si diressero verso la casa di Raven, la quale non distava molto dal parco. Camminarono a passo sostenuto, e nel giro di due minuti si trovarono davanti al cancello della casa dell'amicə. Raven aprì la porta e lə fece entrare.
Appena di fronte alla porta c'era un divano grigio scuro su cui ci potevano stare quattro persone. Ginevra ci si sedette sopra mentre Raven cercava rumorosamente delle mattonelle di ghiaccio nel freezer. Jamila e Jonathan si sedettero di fianco a lei. Il fidanzato le appoggiò delicatamente una mano dietro la testa.
"Inclina leggermente la testa avanti..." disse, concentrato.
Ginevra obbedì confusa. Il ragazzo premette poi gli indici ai lati del naso della fidanzata. La ragazza era ancora più perplessa.
"Una volta in palestra un mio compagno è stato colpito sul naso da una pallonata. Il mio prof ha fatto così e poco dopo è guarito. Non ti preoccupare."
Poco dopo Raven tornò con qualcosa avvolto in un panno di cotone.
"Lo devi mettere sulla fronte." ordinò Jonathan.
Ginevra obbedì.
"Tra poco ti sentirai meglio."
Il suo sguardo incrociò quello dell'amicə.
"Grazie Raven."
Piegò le labbra all'insù. Alzò le spalle.
"Figurati."
Un silenzio inquietante avvolse la casa. Ginevra ne approfittò per rimuginare sulla nuvola indaco e su quello che aveva sentito negli occhi.
"Una fiamma... ma non ho dentro di me del fuoco."
Quando realizzò quello che aveva pensato, si sentì stupida.
"Il fuoco della rabbia." concluse nella sua mente.
C'era un altro dubbio nella sua mente: la nuvola? Cos'era e cosa ci faceva lì?
"Stai meglio ora?" ruppe il ghiaccio Jonathan.
La ragazza riemerse dai suoi pensieri.
"Ehm... sì" rispose Ginevra disorientata.
"Certo che... se l'avessi ricevuto io quel pugno, mi avrebbe fatto sicuramente meno male. Almeno avrebbe colpito il petto e non il naso."
Una leggera risata illuminò il viso di Ginevra, che intanto si era ripresa.
"Pensi davvero che avrei lasciato che Erik ti colpisse?"
Lo sguardo di Jonathan cadde verso il basso.
"Non ho mai conosciuto una ragazza che si sarebbe messa in mezzo come uno scudo."
"Guarda che anch'io ti voglio bene." fece notare Jamila.
Un sorriso gli illuminò il viso.
"Beh, abbiamo evitato che ti facessi male, no?" osservò Raven.
Si sedette di fianco all'amico e lo guardò negli occhi.
Jonathan curvò le labbra all'insù.
"Già. Lì per lì mi sono sentito come se mi voleste trattenere, ma quando sono tornato lucido, ho capito che mi stavate facendo un grande favore. Grazie."
Raven alzò le spalle.
"Non c'è di che."
Dopo una mezz'ora abbondante Ginevra non sentiva più dolore, così ripose la mattonella ghiacciata
nel freezer. Quel poco che mancava del pomeriggio lo passarono a casa di Raven. Mentre rideva insieme a Jonathan e ai suoi amicə, riuscì a dimenticare le cose paranormali che aveva visto. Il dubbio però non era stato scacciato dalla sua mente, e non aveva idea di quando avrebbe trovato le risposte alle sue domande.

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