CAPITOLO 6: TENTATIVI

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Ginevra invidiava Jonathan. Sicuramente si stava rilassando in spiaggia, mentre lei era agitata come una coca cola appena entrata in contatto con una Mentos. Voleva dirgli quello che provava per lui, ma sapeva che non ne avrebbe avuto il coraggio. Quando voleva dire una cosa la diceva senza problemi, anche a costo di arrabbiarsi e litigare, ma se doveva parlare di sentimenti... era tutta un'altra storia.
Anche quella volta si preparò con molto anticipo. Sapeva che non sarebbe arrivata prima di Jonathan, ma non voleva farlo aspettare troppo. Indossò un'altra maglietta tie dye sia perché le piacevano sia perché Jonathan le faceva i complimenti quando le metteva, e Ginevra ne aveva davvero bisogno.
Uscì di casa con dieci minuti di anticipo. Per tutto il tragitto non riuscì a rilassarsi un attimo: non vedeva l'ora di passare la serata con lui, ma allo stesso tempo era preoccupata a causa dei suoi sentimenti.
Non si sorprese nel vedere Jonathan davanti al ristorante dieci minuti prima dell'orario stabilito. Appena il ragazzo entrò nel suo campo visivo, Ginevra dovette impegnarsi a non sciogliersi come un gelato sotto il sole d'agosto. Con la maglietta nera e i jeans scuri, lo trovava ancora più bello del solito. Si avvicinò impegnandosi prima a mettere un piede davanti all'altro, poi a non tradire nessuna emozione.
"Ciao Ginny." salutò Jonathan.
"Ciao Jo."
Ormai erano entrati così in confidenza che si chiamavano per soprannome.
Entrarono nel ristorante e chiesero un tavolo per due. Una cameriera
gli offrì un piccolo tavolo fuori con la vista sul mare. I due si
accomodarono e cominciarono a studiare i menù.
"Cosa prendi?" chiese Jonathan dopo un paio di minuti.
"Degli spaghetti allo scoglio. Tu?" disse Ginevra.
"Io una pizza margherita."
Chiusero i menù, e in tutta risposta una cameriera di avvicinò a loro.
"Sapete già cosa prendere?" domandò frizzante.
"Per me un piatto di spaghetti allo scoglio."
"Per me una pizza margherita."
Ginevra sarebbe stata pronta a giurare di aver visto la giovane cameriera fare l'occhiolino a Jonathan. Non poteva darle torto, era veramente bello, ma a lei non andava giù. Le scoccò un'occhiataccia, mentre dentro di lei pregò che si allontanasse il prima possibile.
"E da bere?" chiese con lo sguardo ancora si Jonathan.
Non ci aveva pensato.
"Due bottiglie di acqua naturale." si affrettò a rispondere Ginevra.
Il ragazzo annuì lievemente impacciato.
"Ok." disse la donna, mostrandosi leggermente sprezzante verso la ragazza.
Si voltò e si allontanò decisa.
Quando fu abbastanza lontana, Jonathan aprì bocca.
"Come mai eri così frettolosa prima?"
La sua mente passò in rassegna di tutte le parolacce che conosceva. Rifletté un attimo cercando di mettere insieme una frase sensata.
"È che... sembrava che la cameriera... ti stesse mettendo un po' in imbarazzo, g...guardandoti in quel modo." mentì. Non se la sentiva di dire che era gelosa di lui.
Jonathan aggrottò la fronte, confuso.
"Come mi ha guardato?"
Ginevra non sapeva se stesse facendo finta di niente, se stesse facendo sul serio o se fosse stupido.
"Diciamo che ti ha fatto l'occhiolino e non sembra che le dispiaccia passare la serata con te."
"Ah. Non me ne sono accorto. Ero concentrata su di te. Alla fine, è con
te che sono uscita, non con lei."
Il cuore di Ginevra si esibì in una coreografia hip-hop nella sua cassa toracica. Non riusciva a credere che Jonathan facesse così tanta attenzione a lei, tanto da non accorgersi di una donna che cercava di attirare la sua attenzione. Al solo pensiero si sentiva sciogliere come un ghiacciolo. Era sicura di aver arrossito.
"Questo è vero." obiettò lei.
"Non ci pensare. Non ci faccio caso a lei."
Il suo istinto le diceva di alzarsi, chinarsi verso di lui e baciarlo. Sarebbe stato anche un modo per dichiararsi. Ma un ricordo balenò nella sua testa, facendola pentire di quel pensiero. La sua mente la riportò al ventotto ottobre, il giorno in cui si era dichiarata a Erik. Erano seduti uno di fronte all'altro, e lei, con lo sguardo basso, cercava di mettere insieme una frase per esprimere i suoi sentimenti. Siccome non ci era riuscita, l'aveva preso per la nuca e gli aveva dato il suo primo bacio. Da quel gesto avevano capito di essere innamorati. Ma l'amara verità che aveva ricevuto quattro mesi dopo le fece ricordare quel momento come qualcosa da dimenticare. Era da quando l'aveva lasciata che desiderava di non averlo mai incontrato. Sarebbe stato facilissimo.
Un giorno, il professore dell'ultima ora mancava, così Ginevra era uscita da scuola un'ora prima. Jamila non era con lei perché aveva un corso pomeridiano. Quando arrivò l'autobus, Ginevra si sedette in una coppia di posti vuoti, sul sedile vicino al finestrino. Senza accorgersene, appoggiò la sua giaccia sull'altro sedile. Stava guardando fuori, quando una voce la riportò alla realtà.
"Posso sedermi qui?"
Ginevra trasalì e si voltò verso il nuovo arrivato. Appena incrociò il suo sguardo, rimase di sasso. Gli
occhi azzurri di Erik l'avevano colpita fin da subito. Rimase qualche secondo a osservarlo, prima di rendersi conto che lui stesse aspettando la sua risposta.
"Certo."
Tolse la giacca dal sedile e Erik si sistemò.
Durante il tragitto, Ginevra gli lanciava delle occhiate cercando di non farsi notare. Erik fece lo stesso, ma lei non se ne accorse mai.
"Come ti chiami?" chiese lei quando ormai erano arrivati a Tarri.
"Erik. tu?"
"Ginevra."
Una volta a casa, Ginevra non riusciva a smettere di pensare a lui e ai suoi occhi azzurri. E quando si ritrovò a osservarlo mentre entrava nella sua aula per capire di che classe fosse e che indirizzo facesse, si rese conto di essere innamorata di lui.
Sarebbe stato facilissimo evitare tutto questo: sarebbe bastato aspettare l'autobus successivo.
Uscì dai suoi ricordi e tornò alla felice realtà. Un sorriso le riempì il viso.
"Che c'è?" chiese Jonathan.
"Mi sorprendi."
Il ragazzo piegò le labbra all'insù.
"Non tutti sono come Erik."
Un altro sorriso le illuminò il volto.
"Hai ragione. Non sono tutti come Erik." ripeté.
Fecero una pausa in cui incrociarono gli sguardi. Poi Jonathan interruppe il contatto visivo, posando il suo sguardo sul tavolo.
"Anche tu mi sorprendi." continuò lui.
Ginevra inarcò le sopracciglia dalla confusione.
"Guardati: ragioni e ti comporti in modo completamente diverso dagli altri."
La ragazza piegò le labbra in un debole sorriso.
"Lo so."
Una presenza gradita e sgradita allo stesso tempo si avvicinò ai due.
"Gli spaghetti allo scoglio?" domandò la stessa cameriera che aveva preso le ordinazioni.
"Miei."
Ginevra prese subito il piatto appena la donna lo allungò verso di lei.
Appoggiò la pizza di fronte a Jonathan. Dopo un ultimo occhiolino, se ne andò.
"Ti ha rifatto l'occhiolino." disse tra i denti prima di mettere in bocca una forchettata di spaghetti.
"Ci stai facendo caso solo tu sappilo."
Jonathan riprese a parlare dopo aver mandato giù un morso di pizza.
"Secondo me sei un po' gelosa..."
Aveva beccato il tasto giusto. Ginevra contemplò l'idea di alzarsi e scappare.
"Ho paura che ti metta in imbarazzo." mentì con voce convinta.
Jonathan inghiottì un altro pezzo di pizza.
"E come ti ho già detto, io non ci faccio caso."
Un sorriso riempì il suo viso.
Continuarono a mangiare in silenzio, scambiandosi ogni tanto degli sguardi fugaci. Ginevra non riusciva a mantenere il contatto visivo per più di un secondo.
Quando finì gli spaghetti, a Jonathan mancava ancora una fetta di pizza.
"Posso provare la tua pizza? Sembra molto buona."
"Certo."
Jonathan piegò a metà la fetta rimasta e la sollevò verso la bocca di Ginevra. Ma prima che la ragazza
potesse morderla, lui la avvicinò fino a sporcarle il mento e la bocca di pomodoro e mozzarella.
Ginevra si ritrasse mentre Jonathan si scompisciava dalle risate.
"Scemo."
"Vuoi che ti aiuti a pulirti?" domandò senza smettere di ridere.
"No prima che mi sporchi di nuovo."
Sì pulì con il tovagliolo mentre Jonathan cercava di ingoiare la sua pizza senza smettere di ridere.
"Divertentissimo." disse lei ironica.
"Eh già."
"Ordinerei una torta solo per schiacciatela in faccia."
Jonathan rispose continuando a ridere.
Non sorprese nessuno dei due l'arrivo della cameriera che già
conoscevano appena il ragazzo finì la sua pizza.
"Avete mangiato bene?" chiese mentre raccoglieva i piatti vuoti, ancora una volta più rivolta a lui che a Ginevra.
"Sì." disse lei, pregando che si allontanasse il prima possibile.
"Ci potrebbe portare il conto per favore?" chiese Jonathan, ignorando gli sguardi e gli occhiolini della donna.
"Ma certo." rispose con un tono troppo felice. Sicuramente era contenta di tornare da un ragazzo così bello.
Quando si girò, Ginevra le scoccò un'occhiataccia.
"Non la sopporto più." confessò stufa.
"Neanch'io."
Una volta arrivato il conto, accompagnato da avances ignorate della cameriera verso Jonathan, Ginevra insistette per pagare ognuno la sua parte e non farsi offrire tutto dall'amico.
"Ti è piaciuta la cena?" chiese lui mentre si allontanavano dal ristorante.
"A parte per la cameriera, sì."
Fecero qualche passo in silenzio, prima che Ginevra rompesse il ghiaccio.
"Ti va un gelato?"
Jonathan accettò la proposta. I due si diressero verso una gelateria godendosi la vista sul mare e del sole che stava per tramontare.
Lo sguardo di lei cadde sulla sua mano. Quanto voleva stringerla... Ma no. Si decise che non voleva confessare i suoi sentimenti con un gesto, ma con le parole.
"Ci sediamo qui così guardiamo il tramonto?" domandò Jonathan indicando dei tavoli sotto degli ombrelloni appena fuori dalla gelateria.
"Ok."
Quando entrarono, una donna sulla trentina li accolse con un gran sorriso da dietro il bancone.
"Ciao."
"Ciao. Due coni medi per favore." disse Ginevra.
Dopo aver preso i gelati si sedettero a un tavolino vicino al marciapiede. Il sole intanto stava lentamente tramontando, colorando il cielo di arancione e giallo prima di scomparire nel mare e lasciare spazio all'oscurità, alla luna e alle stelle.
"Qui il gelato è buonissimo." commentò Jonathan.
Ginevra ne leccò un pezzo prima di rispondere.
"Sì."
Lo sguardo di Jonathan si fissò sul tramonto, mentre quello di Ginevra passava dal cielo all'amico. Più lo guardava, più doveva impegnarsi a non sciogliersi come il gelato che aveva in mano.
Era il momento. Prese in respiro profondo, mentre il suo cuore cominciò la sua esibizione di break dance nelle sue costole.
"Ti inviterei a uscire di sera un'altra volta."
Ma aveva paura. Voleva togliersi quel peso, ma non poteva negare che aveva paura di essere rifiutata o friendzonata. Voleva dire un secco "ti amo" ma dopo il "ti" l'ansia aveva preso il sopravvento, facendole dire una frase che non avrebbe detto.
Jonathan si voltò verso di lei con un sorriso stampato in faccia.
"Anch'io voglio uscire ancora con te qualche sera."
Almeno dopo quella sua affermazione era un po' più rilassata: voleva vederla di nuovo.
"Sarebbe bello anche andare un giorno in spiaggia e fare il bagno." continuò lui.
"Sì. Domani pomeriggio sei libero?"
Jonathan piegò le labbra in un sorriso divertito.
"È estate. Sono sempre libero. Dimmi quando vuoi uscire e ci sono, a meno che la mia famiglia non voglia andare in spiaggia tutti insieme."
"Anch'io sto qui per tutta l'estate, anche se i miei vorranno andare con me in spiaggia qualche giorno."
"Possiamo andarci tutti insieme qualche volta, la mia famiglia e la tua famiglia."
Ginevra valutò l'opzione. Era molto allettante l'idea di passare più tempo con Jonathan, ma non sapeva se ci sarebbe andata da ragazza fidanzata o da ragazza friendzonata. L'avrebbe scoperto quella sera se avesse trovato il coraggio di dichiararsi.
Ginevra annuì debolmente e continuò a mangiare il suo gelato.
"Non mi sembri molto convinta. Che c'è, non ti piace l'idea?"
"No, mi piace l'idea, è che..."
Lo sguardo della ragazza cadde sul tavolo.
"Che?"
Era il momento. Le sue labbra si contrassero. Sospirò. Le passarono per la testa mille modi per
esprimere i suoi sentimenti. Passava da voler dire un "ti amo" a una frase degna di una poesia
d'amore. Ma alla fine, tutti quei pensieri che passavano veloci nella sua mente, si scontrarono.
"Amo questo gelato."
I pensieri pieni d'amore nella sua mente si trasformarono in imprecazioni contro la sua timidezza.
Jonathan lo guardò accigliato, visibilmente spiazzato.
"S-sì, è molto buono. Possiamo prenderlo di nuovo quando usciremo ancora insieme."
"Certo."
Finirono il gelato e passeggiarono ancora sul lungomare. Ginevra provò ripetutamente a esprimere i suoi sentimenti, ma le parole le rimanevano sempre bloccate in gola.
Più la notte prendeva terreno, più gli sbadigli tra i due erano frequenti.
"Ti accompagno a casa che è tardi." disse Jonathan.
"Grazie. Purtroppo, camminare da sola di notte non è ancora sicuro per una ragazza."
"Hai ragione. Purtroppo, l'unica cosa che sta avanzando è l'intelligenza artificiale, non l'intelligenza umana."
"Già."
Si allontanarono sempre di più dal lungomare imboccando via dopo via, vicolo dopo vicolo. Jonathan seguiva Ginevra ciecamente: sapeva che abitasse nelle villette a schiera, ma si erano allontanati talmente tanto dal centro abitato che non era sicuro di saperci arrivare da solo.
La ragazza se ne accorse.
"Tranquillo, so dove stiamo andando."
"Manca molto?"
"No, cinque minuti."
Gli occhi di Ginevra passavano dalla mano dell'amico alla strada. Le sue labbra tremavano leggermente. C'erano incastonate le sue parole e premevano per uscire, ma la timidezza e la paura di essere rifiutata le bloccava.
Imboccò la via di casa sua. Da un lato era felice perché non sopportava più quel limbo tra il dire e il non dire quello che provava. Dall'altro, non voleva salutarlo: amava lui e la sua compagnia.
Ginevra si fermò davanti al cancello di casa sua.
"Grazie della serata. È stato bello uscire con te." ringraziò lei.
"Figurati. Anche a me è piaciuta molto."
"Quindi... ci vediamo domani pomeriggio verso le tre?"
"Sì. A domani."
"Sono felice di fare il mio primo bagno nel mare con te."
Le labbra di Jonathan si piegarono in un sorriso.
"A domani."
Lui si avvicinò, diretto con le labbra alla sua guancia. In un millesimo di secondo, l'idea di mettere in mezzo le sue labbra e baciarlo passò per la mente di Ginevra. Ma ancora una volta, pensò che non voleva obbligarlo a fare un gesto che poteva non essere ricambiato. Così si limitò a scambiare con lui due baci sulle guance.
Jonathan la salutò con la mano mentre si allontanava. La ragazza lo seguì con lo sguardo finché non voltò l'angolo. Quando fu sola, sospirò. Sussurrò un'imprecazione tra i denti. Avrebbe voluto dei baci sulle labbra, non sulle guance. Avrebbe voluto confessargli il suo amore, fargli sapere che per lei non era solo un amico. Ma la sua timidezza glie l'aveva impedito. Nonostante si sentisse a suo agio con Jonathan, non era ancora riuscita a sciogliersi completamente e a dirgli
ogni cosa che pensava.
Aprì il cancello e inserì le chiavi nella serratura. I suoi genitori erano già andati a dormire, così fece più piano possibile. Si lavò i denti, cercando di scacciare i pensieri.
Indossò il pigiama e si sdraiò sul letto. Il suo sguardo cadde sul suo disegno appiccicato all'armadio. Fece una promessa avventata necessaria.
"Domani pomeriggio ti dirò che ti amo. Lo giuro."

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