CAPITOLO 22: SCELTA GIUSTA

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Se sabato aveva pensato poco alla conversazione che aveva origliato, quella domenica il pensiero delle parole che si erano scambiatə infestò la sua mente come una ragnatela. Sperava solo di riuscire a scacciare il ragno che l'aveva creata.

Aveva tante domande ma nessuna risposta. La parte più pazza di lei le suggerì di andare a casa sua e farsi dire cosa aveva intenzione di fare, ma la voglia di non vederlo mai più prevalse. Restò tutta la giornata con il dubbio fino a quando non si addormentò.

Quella notte, ovviamente, non fece un sonno tranquillo. Il suo sogno durò poco, ma le rimase in testa per molto.

Non sapeva dove fosse, il luogo era molto indefinito. Tutto era confuso, ma Ginevra si ricordava una cosa: era sicura di aver visto il suo fantasma. Era identico a lei, se non fosse per la carnagione bianca. Si sorprese che non fosse indaco come quello di Erik. Almeno il suo fantasma non aveva un colore così triste. Ma la cosa che le era rimasta impressa non era la sua pelle, ma gli occhi. Non ricordava molto, ma l'idea dei suoi occhi di un arancione vivo, che non aveva mai immaginato potesse colorare due iridi, era impresso nella sua mente.

Le rimase fisso nella testa per ore. Riuscì a riaddormentarsi quando ormai mancava poco al suono della sveglia.

La mattina dopo era intontita come non mai. Rischiò di versare troppo latte nella tazza e sbatté il ginocchio contro la gamba del tavolo. Riuscendo a evitare altri incidenti, uscì di casa e andò a scuola.

Sull'autobus chiacchierò a bassa voce con Jamila mentre Jonathan e Raven ascoltavano la musica mezzə addormetatǝ.

L'autobus arrivò alla fermata di fronte alla scuola e aprì le porte.

Ginevra e Jonathan si unirono alla folla di studentǝ che camminava verso le uscite e scesero. La loro fermata non era di fronte alla scuola, ma per arrivare al cortile bisognava passare davanti a un piccolo edificio del gas.

Mentre camminavano vicino alla costruzione, notarono qualcosa di diverso sul muro. Qualcosa di nero risaltava sulla vernice bianca: una scritta. Era molto recente, prima del weekend non c'era. Ginevra la lesse, ma se ne pentì subito. Diceva: "Ginevra non sprecare tempo con lui ma sorridi con me. Ti amo, Erik."

Anche se non avesse firmato, avrebbe capito che fosse stato lui.

Il lupo della rabbia prese il controllo della sua mente, appiccando un fuoco che subito divampò dentro di lei.

Jonathan aveva notato il cambiamento nella fidanzata, e gli bastò leggere la scritta per capire il perché.

"ERIK?!" urlò, cercandolo tra la folla di ragazzǝ.

Alcunǝ si misero a sussurrare tra loro, altrǝ indicarono la scritta, altrǝ ancora se ne fregavano.

Jonathan le strinse la mano.

"Amore, non ha il coraggio di farsi avanti, ricordatelo." le sussurrò.

Ginevra si sistemò lo zaino sulle spalle.

"Andiamo, prima di fare tardi." disse, e si incamminò verso la scuola.

Mentre camminava, sentiva moltǝ studentǝ parlare di lei e della scritta. Ogni parola la faceva arrabbiare ancora di più.

"Ma che ne sapete voi?" continuava a pensare, finché non si lasciò alle spalle il cancello aperto.

A Jamila e Raven era bastato guardare la scritta per capire la situazione. Cercarono di tranquillizzare Ginevra, anche se visibilmente non sembrava molto arrabbiata. Ma sapevano che dentro stava bruciando.

Ginevra diede un'occhiata al cortile. Il piazzale di cemento di fronte all'edifico scolastico era gremito di gente: ormai mancava pochissimo al suono della campanella. Notò alcunǝ studentǝ che si voltavano a guardarla per poi continuare a guardarla. Dedusse che fossero quei ragazzǝ che in qualche modo sapevano sempre tutto di tuttǝ.

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