1. Dioniso in trappola

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Sono un fascio di nervi.

Corro tra la vegetazione, troppo veloce.
Chi sto rincorrendo? Chiunque sia, ne ho perso le tracce.

"Dioniso. Dioniso!" Cantilena la voce femminile. Mi guardo attorno.
Sento solo una risata isterica.
Riprendo a correre, credo di aver capito in che direzione devo proseguire.
Devo zittirla, devo renderla innocua.
Riprende ancora a chiamarmi.

"Dioniso, il Dio usurpatore. Il Dio figlio illegittimo. Il Dio degli averi materiali, un umano."
"Il Dio fiero di essere ciò che è." Mi fermo a strillare al cielo. "E non un egoista come voi."

Sento la gola calda, vibra forte a quelle parole. Trema l'eco della mia voce nell'aria, nei timpani. Finché apro gli occhi con un sussulto.

Ho accusato l'ultimo colpo, quello che mi ha fatto sprofondare nell'abisso, e che mi ha fatto risvegliare qui. Il Titano mi ha preso in pieno la tempia destra. La sento pulsare, ma non credo mi abbia aperto le carni.

Mi sono fatto fregare come uno stolto. Sileno romperà i coglioni ancora una volta, se solo sapesse che mi hanno adescato con una vocina delicata e un pelo riccio!
La mia condanna.

La notte deve portare consiglio, ma a me porta la mia matrigna. Infierisce ogni notte. Da quando non sono più nascosto dalle ninfe, da quando ho preso in mano la mia vita e sono partito. Allontanandomi dalla loro protezione sono diventato un bersaglio facile alle ire di quella bisbetica gelosa.
A poco servono le abluzioni nella Fonte, qui a Delfi.
La purificazione che mi concede questa sorgente dal marchio di Hera è temporaneo. Quando comincia a sgretolarsi la corazza che crea quest'acqua divina, divento di nuovo preda dei suoi continui attacchi di follia.

Sono seduto sotto un ulivo secolare, come se la sua chioma mi potesse proteggere da lei, dalla sua collera. L'odore di sangue mi pervade ad ogni soffio di vento. Mi porto una mano sul viso, cercando un taglio, una ferita. Ma niente. Non è il mio che sprigiona questo aroma ferroso.

Qualcuno mi ha abbandonato qua, sicuramente in attesa che arrivi un altro Colosso a massacrarmi. Ma avrà anche lui il benservito che ho preparato all'ultimo venuto in visita stanotte.
Nessuno deve permettersi di toccarmi.

"Dioniso." Quel fighetto di mio fratello, cosa vuole? "Che succede?" Mi chiede arrivando a passo svelto, il rumore ovattato dei sandali sul terreno.

"Niente, riprenditi le tue stanze." Lo mando via in malo modo.
"Non sono sceso per essere trattato come un uomo qualunque." Mi si para davanti per essere sicuro che io lo stia ascoltando.
"E tu non scendere." Non lo guardo neanche, tengo la testa bassa. Cerco di nascondere il fiatone e il battito accelerato.
"Sono tornati...?" Mi chiede aspettandosi che io completi il puzzle della frase.

Sì, sono quei cazzo di Titani. Ma voglio tenerlo per me. Nessuno mi deve biasimare, per essere tornato a casa dopo aver errato per anni cercando di non essere intrappolato in uno stato di alterazione delle facoltà mentali ormai così familiare.

"È tutto a posto." Taglio corto. Cerco di non uscire dall'ombra che la chioma folta dell'albero crea sotto la fulgida luce della luna. Non voglio che veda in che stato mi hanno ridotto. "Torno a dormire. Dovresti farlo anche tu, non hai una conquista che ti aspetta?" Cerco di spostare l'attenzione su altro.

Mio fratello sta qualche minuto in silenzio. Posso sentire suoni delicati che provengono dall'oscurità del monte. Intorno tutto è immobile, noi siamo gli unici agitatori della quiete.

"Non puoi paragonare le nostre abilità. Quello che può vantare non-chalance con le donne sei tu." Sentenzia.
"E l'eleganza è tua!" Dico girandomi di spalle. "Dai, lasciami in pace. Tornatene sull'Olimpo."

Nella mia natura Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora