Capitolo 18

7.1K 201 36
                                        

CHARLES

Entro in aula e la trovo già seduta al nostro banco. Non sta ferma con la gamba e mordicchia la penna, mentre il suo sguardo sembra perso in qualche pensiero.

Mi avvicino e mi siedo al suo fianco, tentando di ignorarla, ma lei parte subito all'attacco.

"Che volevi dire con quella frase prima?" mi chiede, mentre inizia a picchiettare la penna sul banco, causando un rumore che mi sta facendo saltare i nervi.

"Niente" rispondo, aprendo il mio quaderno in una pagina qualsiasi.

Forse se le parlassi e le rivelassi il motivo di tanta rabbia che provo nei suoi confronti potremmo chiarire e far tornare le cose come prima, ma sono troppo orgoglioso per ammetterlo e di sicuro non lo farò mai.

Le ho già confessato che mi ha ferito troppo e che non posso più avvicinarmi a lei, ma quando l'ho fatto lei era troppo ubriaca per poterlo ricordare il giorno dopo e quella piccola confessione deve bastarmi.

Chissà come sarebbero andate le cose se fosse stato tutto diverso.

"Non darmi una risposta insensata. Charles, ho bisogno di spiegazioni" mi dice severa.

Da dove sta uscendo tutto questo coraggio? L'ho sempre vista timida, imbarazzata e impacciata, ma non lo è mai quando sta con me. Con me riesce a tirare fuori tutto il suo carattere, perché sa che sono io, la persona che la conosce più di chiunque altro al mondo. Anche se non ci siamo né visti né sentiti per sei anni, niente cancellerà mai quello che c'è tra di noi.

"Tu pensi sempre a quello di cui hai bisogno tu. Non te ne frega mai un cazzo degli altri. Non te ne frega niente se lasci dolore alle tue spalle, l'importante è che tutti siano sempre al tuo servizio e che ti proteggano il culo quando hai paura. Non è così?" chiedo con rabbia e la vedo allontanarsi leggermente da me, per quanto il nostro banco glielo permetta.

"Ma Charles..." tenta di dirmi.

"Charles un cazzo! Sono stanco di venirti dietro e proteggerti il culo. Mi sono fatto pestare per te, ma a te non frega un cazzo. Continui a metterti in mezzo ai guai, fregandotene se tanto poi quello che ci rimette sono io".

"Tutto bene qui?" chiede il professore, che è stato attirato dalla nostra discussione.

"Sì, tutto una meraviglia" rispondo, distogliendo lo sguardo da lei.

Ho visto i suoi occhi delusi e sono certo di averle spezzato il cuore, per l'ennesima volta.

Sono stato uno stronzo.

Ho così tanta paura del male che è in grado di farmi, che preferisco ferirla e allontanarla da me.

Quando eravamo su quell'autobus ci ho quasi creduto che stesse facendo tutto quello per aiutarmi, per me, ma dentro di me sapevo che non era così. Non devo sperarci. Lei non lo farebbe mai. Lei è la ragazza che mi ha fatto male, che mi ha spezzato per sempre e che mi ha cambiato, facendomi diventare una persona diversa da quella che sono.

"Non lo sto chiedendo a te, Scott" dice il professore, rivolgendo tutta la sua attenzione a Cassandra.

Lei si schiarisce la voce.

"Sì, professore. Va tutto bene" dice lei con un filo di voce.

Non è stata convincente, ma il professore decide comunque di abbandonare la situazione. Torna alla cattedra e inizia a spiegare.

Noto che Cassandra non segue nemmeno una parola di tutta la lezione e passa il tempo a fare disegni casuali sul suo quaderno. Ha il pugno premuto contro la tempia e continua a tenere lo sguardo basso, non lo alza nemmeno per errore.

Thread of LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora