Confessioni

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L'indomani Virgilio si presentò in accademia in anticipo per incontrare Orazio e avere il tempo di ricevere delle spiegazioni. Ma lui non si presentò, né quel giorno né per l'intera settimana. Virgilio c'è l'aveva ancora con lui e fingeva che non gli importasse che il suo migliore amico fosse sparito nel nulla; non chiese nulla neanche a Vario che lo guardava preoccupato. L'amico stava ancora cercando chi avesse messo in giro la voce che lui fosse un verginello, ma senza risultati. Le occhiate e le parole scambiate sotto voce erano diminuite, però quando passava davanti ad un gruppo di persone sentiva alle sue spalle commenti e battutine. Andò in sala mensa e si sedette al tavolo più piccolo e lontano ignorando Vario che lo chiamava per farlo sedere con loro. Adorava Vario, con tutto il cuore, e adorava il fatto che si preoccupasse così tanto nel cercare lo spione, ma era un po' troppo presente. Se lo trovava alle calcagne ogni ora e provava sempre a tirarlo su di morale, ma otteneva l'esatto opposto. Virgilio restava comunque gentile e con delle scuse si allontanava. Voleva restare solo. Sembrava quasi che Vario volesse prendere il posto di Orario. Ma nessuno era come Orazio. A quel pensiero si rattristò, poi si arrabbiò. Era il momento di mettere da parte l'orgoglio e affrontarlo; non poteva più far finta di non essere preoccupato. Neanche quando era malato faceva tutti quei giorni di assenza e molte volte il maestro Sirone gli aveva chiesto che fine avesse fatto il suo compagnetto.

Appena finite le lezioni di ortografia si diresse verso la casa di Orazio. Prima di bussare si specchiò nella vetrina del panificio affianco e si sistemò i capelli. Poi si bloccò. Perché si aggiustava i capelli? Di certo Orazio non meritava di vederlo tutto pulito per lui. Gli si corrugò la fronte, poi si ricordò di scacciare indietro l'orgoglio e la rabbia e si rilassò. Dopo aver bussato Orazio ci mise un paio di minuti per aprire. Quando la porta si spalancò Virgilio sussultò. L'uomo basso e grassoccio con il colorito scuro e sempre in ordine che era  abituato a vedere, ora era pallido con occhiaie molto marcate e un aspetto orribile. Aveva i capelli sporchi spostati verso l'alto come una cresta di pappagallo e la barba incolta; le vesti erano unte e sporche di inchiostro. Gli occhi di Orazio appena incrociarono quelli di Virgilio si spalancarono per la sorpresa e rimasero a fissarlo per un paio di secondi.
- Ciao - disse Virgilio.
Orazio sussultò come se avesse appena capito chi aveva davanti e rinchiuse di scatto la porta lasciando Virgilio di stucco.
Il vecchio poeta rimase lì a fissare la porta di legno indeciso su cosa fare. Fece per bussare dinuovo ma la porta si riaprì di scatto.
- Ciao - Orazio ora era molto agitato - cosa ci fai qui?
- Potrei farti la stessa domanda. Non sei venuto in accademia per una settimana. Che stai combinando?
- Una settimana? Davvero?
Orazio abbassò lo sguardo confuso come se stesse cercando di contare le ore in cui era rimasto rinchiuso in casa.
- Cavolo credo che l'ultima volta che ho mangiato sia stata tre giorni fa...
- Orazio... che succede?
Virgilio fece per entrare in casa ma Orazio gli bloccò la strada
- Nulla nulla sto benissimo
Virgilio lo spinse di lato ed entrò. La casa era in condizioni pietose. C'era una montagna di piatti sporchi su un tavolo, fogli sparsi dappertutto, la cenere del camino era così tanta che metà della montagnella creatasi si era riversata sul pavimento. Sul tavolo c'erano una decina di penne d'oca spezzate e due calamari rovesciati sporcando metà dei fogli di inchiostro.
Virgilio si girò verso Orazio che era lì impalato con la faccia rivolta verso il pavimento.
- Cosa diavolo è successo qui dentro?! Cosa è successo a te?!
Orazio rimase nella stessa posizione.
Virgilio gli si avvicinò.
- Lo capisci che sono preoccupato per te?!
Orazio alzò lo sguardo e Virgilio vide che aveva gli occhi lucidi.
La sua voce si ammorbidì e gli poggiò le mani sulle spalle.
- Ehy, sono qui. Dimmi cosa succede, potrei aiutarti.
- No non credo e non me lo merito
- Cosa? Perché dici questo?
- Sono un pessimo amico, invece di restarti vicino sono scappato.
Virgilio avrebbe voluto dargli ragione, ma non lo fece.
- E perché l'hai fatto? - cerco di pronunciare quelle parole con più gentilezza e pacatezza possibile.
- È colpa mia
Virgilio tolse le mani dalle spalle.
- Cosa?! Perché?
- Io non volevo. Non l'ho fatto apposta.

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