Natiche Cascanti Di Una Vacca Malata

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-Nimium.... ne... crede... colori... (Non affidarti troppo al colore), all'apparenza... delle... cose...

Virgilio leggeva parola per parola prima di scriverla.

-Non... omnia... possumus... omnes...
(Non tutti possiamo ogni cosa)

Era chinato sul leggio. Erano circa le 8 di sera e l'unica fonte di luce era la sua candela. Era seduto lì da 4 ore, iniziavano a fargli male gli occhi, ma nonostante ciò aveva continuato a intingere  la penna d'oca nel calamaio e a macchiare d'inchiostro i numerosi fogli che aveva davanti. Molti erano accartocciati per terra, altri erano impilati in modo sistemato sul tavolo affianco.

- Experto...

Fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta.
"chi sarà a quest'ora?"
Si alzò e si diresse verso la porta. Era in vestaglia e pantofole, quindi cercò di coprirsi il più possibile. Nonostante l'inverno stesse lasciando lo spazio alla primavera, il vento proveniente da fuori era ancora molto freddo e lui aveva già la febbre.
Aprì la porta e si ritrovò Orazio davanti.
- Ma dov'eri finito?
Virgilio lo guardò confuso. Poi si ricordò. Doveva andare a casa sua per passare una serata di lettura e scrittura, magari sorseggiando un buon thè come facevano di solito. Tra la febbre e la sua di scrittura se n'era completamente dimenticato e fece un sorriso rammaricato.
Orazio vedendolo non del tutto in forma passò oltre.
- Vabbè già che siamo qui direi che un cambio di luogo non sia una gran differenza. Oh... hai iniziato senza di me?

Non sembrava offeso, ma curioso e mentre lo diceva si avvicinò al leggio.
- Posso?
Virgilio annuì.
Orazio prese i fogli non ancora impilati e lesse qualche verso appena scritto. Sorrise.
- Credevo che per quest'opera ti soffermarsi solo su canti pastorali.
- È così, ma ogni tanto ci metto dentro qualche perla di saggezza. Ci sta no?
- Sisi. Parole bellissime. Proprio uguali alle mie.
Scherza. Virgilio sapeva che Orazio scriveva un po' di tutto, ma per lo più invettive per gli Epodi. L'ultima che aveva letto era rivolta ad una donna e... per la miseria, se non conoscesse Orazio crederebbe che a scrivere ciò fosse stato un poeta come... Vario.
Orazio era una persona calma e pacata, dolce e innocente quando ci parlavi, ma poteva diventare aggressiva, volgare e riflessiva in ciò che scriveva. Era come se si sdoppiasse. Solo che si vergognava del suo lato "oscuro".

- Anche le tue invettive sono molto belle, alcune spaventose, ma altre divertenti. Tipo quello della donna che mi hai fatto leggere la scorsa volta.

Orazio sorrise imbarazzato.
- Era una vecchietta di circa 60 anni che quando ne avevo circa 17  si lamentava sempre dei ragazzini che giocavano a palla nel cortile dicendo che disturbavano il suo pisolino e che un uomo di certo non si conquista con le occhiaie dovute alla mancanza di sonno. Una volta ha gettato un secchio d'acqua addosso ad una bambino che era caduto e si era messo a piangere. Non ti dico che litigata con la mamma...

Beh dai, se lo meritava in fondo.
- Comunque l'ho perfezionata un po', ti va di rileggerla?
- Ovvio che si.
Virgilio fece un saltello entusiasta, poi se ne pentì dato che la sua testa iniziò a rimbombare.
Preso il foglio di sedette vicino al camino e si portò la candela vicino per leggere meglio.
"Osi davvero, vecchia decrepita, chiedermi cosa smorzi il mio vigore? Pensi che mi eccitino i tuoi denti neri, la tua fronte piena di rughe, e il tuo buco del culo osceno che si spalanca in mezzo a natiche cascati come quelle di una vacca malata? (...) Se vorrai farlo rizzare, dovrai lavorare di bocca...

Virgilio si trattenne dal ridere. Non riusciva proprio ad immaginarsi Orazio a pronunciare quelle brutte parole, però le trovava molto divertenti.
- Natiche cascati come quelle di una vacca malata? - Ora stava ridendo - Ma aspetta un momento, perché ti sei soffermato a guardare le natiche di una vecchia? E come fai a sapere come sono le chiappe di una mucca malata?
Orazio gli diede un pugno offeso sul braccio.
- Sta attento a ciò che dici, o scriverò anche delle tue chiappette.
- Beh dovresti prima guardarle però - disse con aria di sfida.
- E chi ti dice che non le abbia già guardate?
Virgilio fece una faccia drammaticamente sconvolta portandosi le mani tra il fondo schiena e la sedia.
- Come osi?! Mi sento privato della mia intimità.
Orazio rise. E si sistemò davanti al fuoco anche lui.
- La febbre non è ancora passata?
- No, ma credo sia scesa, mi sento meglio rispetto a ieri.
- Beh ieri stavi davvero male, non riuscivi ad alzarti nemmeno dal letto.
- E tu comunque volevi che venissi da te. Che pessimo amico.
- EHY. Mi hai detto tu che ti sentivi meglio e che saresti venuto da me!
- Tutte scuse, hai portato almeno il thè?
- Si, ho gusto finocchietto o mirtillo.
- Finocchietto.
Virgilio si alzò e prese un pentolino, lo riempì d'acqua e lo appoggiò sul fuoco. Quando l'acqua iniziò a bollire lo smistò in due ciotoline ed immersero gli aromi.
- Cosa avete fatto in queste lezioni?
Orazio e Virgilio erano allo stesso anno e seguivano gli stessi professori, ma ad orari diversi. Nel suo corso c'erano Tucca e Castorione, in quello di Orazio c'era Vario.
- Cicerone per la letteratura. Ortografia invece abbiamo fatto una specie di compito. Dovevamo scrivere una lettera ad un bambino spiegando le prime 5 declinazioni con gli accenti e le pronunce. Questo bambino, che sinceramente non so dove l'hanno preso, le ha lette tutte e doveva dire chi secondo lui le avesse spiegate meglio.
- Che cosa carina.
- Beh si, se il bimbo fosse stato un... bimbo.
- In che senso?
- Era un mostro! Ha iniziato a dire vicino ad un ragazzo che la sua calligrafia era brutta e ha suggerito al maestro di fargli scrivere un quaderno con l'alfabeto per migliorarla. Ad un altro ha detto che la sua lettera era così striminzita che nessuno sarebbe stato in grado di capire quello che voleva dire.
- Ah però. Alla fine chi ha deciso di premiare?
- un signore sulla trentina, non so chi sia però se ha conquistato il "bambino" deve essere stato bravo.
- Capisco. Cicerone invece che tipo è?
- Un tipo egocentrico... Ha scritto ad uno che ha fallito per non aver seguito i suoi consigli. O credo abbia fallito. Non lo so non ho capito molto bene, so solo che si reputa straordinario.
- E soprattutto umile.

Mentre sorseggiavano il thè davanti al camino, una porta in fondo alla stanza, quella che collegava il piano di sotto dove abitava Virgilio e quello di sopra dove abitavano i genitori, si aprì e ne uscì la mamma di Virgilio con una ciotola in mano. Brodo lo stesso brodo che Virgilio portò ad Orazio quando era malato.
- Virgy, ti ho portato il brod- oh ciao Orazio, come stai?
- Tutto bene signora grazie, lei?
- Oh, come al solito, si invecchia. Virgy il brodo te lo lascio sul tavolo da cucina di la, domani te lo riscaldi e te lo bevi.
- Vuole del thè signora? È rimasta l'ultima porzione di lampone.
- Oh no grazie Orazio, ho appena finito di cenare. Hai fatto cenare il tuo ospite Virgilio? Non mi dire che state bevendo questo thè a stomaco vuoto.
- Ehmm...
- Oh non si preoccupi signora, l'ho portato io il thè, non avevo fame.
- Oh puoi chiamarmi Magia caro, è comunque non importa, non si cena solo con un po' d'acqua aromatizzata. Ah caro Virgy, povera la donna che ti avrà come marito.
Quella frase non gli piacque affatto, ma ringraziò sua madre per il brodo e lei risalì.
- Scusami.
- Ma no, è gentile e si preoccupa per te. E comunque sono sicuro che la donna che ti sposerà sarà la più fortunata di tutte.
Virgilio arrossì leggermente e sorrise.

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