🔹17. Ricordi e confessioni

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Leonardo

L'auto si ferma alla tenuta, scendo e porgo la mano ad Ambra per aiutarla, lei mi getta un'occhiataccia.
«Posso farlo anche da sola» borbotta bruscamente.

Non capisco che cosa diamine passi per la testa di questa ragazza. Le ho appena affermato che le racconterò di Edoardo eppure sembra incazzata come se le avessi detto il contrario.

«Vieni il posto è di qua.»
Faccio segno verso lo steccato al limitare del giardino. C'è un cancelletto in ferro battuto bianco ricoperto da foglie e fiori.

«È tanto lontano... questo posto?»
Sento del nervosismo nella sua voce e posso notarlo anche da come picchietta le dita sulla coscia.
Faccio un mezzo sorriso.

«Che c'è hai paura che ti rapisca o che ti uccida dopo averti raccontato i miei segreti?»
Una battuta un po' macabra che però le fa sorgere un piccolo sorriso sulle belle labbra.

«Penso che per stanotte con i tentati omicidi e le pistole abbiamo dato. Diciamo che potremmo fare una semplice chiacchierata tra amici, che ne pensi?»
Le getto un'occhiata veloce, una di quelle che non rivolgo di certo ai miei amici.

«Amici, io e te?» chiedo più che scettico.

«Perché no?»
Faccio una breve risata.
«Vieni dentro che te lo spiego il perché.»

La prendo per mano e, ignorando la bella sensazione che produce la sua manina un po' fredda nella mia che è il doppio, apro il cancello. Il vialetto in pietra sotto ai nostri piedi ci porta di fronte a un casolare in pietra, dalle dimensioni molto più contenute rispetto alla villa.

«Questo posto è bellissimo» Ambra osserva estasiata il casolare in stile rustico. È un po' in penombra, ma evidentemente lei ha la vista di un piccolo gufo. Nascondo un sorriso mordendomi le labbra con forza.

«Ti piace?»
Annuisce.
«È dove hanno vissuto Edoardo e sua madre per quindici anni.»
«Sul serio?» Ambra mi guarda con gli occhi sgranati.
«Ho passato più tempo qui dentro con loro che alla villa. Vuoi entrare?»
«Ehm io...»
D'improvviso sembra titubante. Guarda l'edificio con aperta diffidenza.

«Vuoi conoscere la storia di Edoardo o no?» chiedo spazientito allargando le braccia.
Sono consapevole di non avere molto tatto, ma tutta questa faccenda mi rende poco incline ai convenevoli.
Ad ogni modo lei annuisce un paio di volte, probabilmente più per convincere se stessa che me.
«E allora non ci perdiamo in altre chiacchiere.»
Vado verso la porta di legno scuro e la apro.

Dentro è buio pesto perciò mi appresto ad accendere le luci.
Il timore che prova Ambra nel varcare la soglia me lo sento addosso. L'unico rumore udibile è il mio respiro, lei sta trattando il suo.

«Vieni.»
Le faccio segno di entrare in cucina mentre io richiudo la porta.
«Qui c'è la cucina e sopra le camere da letto e un terrazzo.»
Indico le scale che si trovano sul lato destro della stanza.
«Se vuoi ti faccio fare un giro al piano di sopra. Non è molto grande non ci vorrà molto.»

È una situazione molto strana, portarla qui mi mette un poco a disagio. È un posto pieno di ricordi sia belli che brutti immagino sia normale vederla come un'intrusa.

«Magari dopo.»
Guarda le piastrelle grigie sotto ai suoi piedi, evitando accuratamente il mio sguardo.

«Che effetto ti fa stare qua dentro?»
Forse è una domanda stupida ma d'improvviso ho bisogno di sapere come si sente.

«Strano. Ma non paragonabile a quello che provi tu, suppongo.»
Alza brevemente gli occhi verso di me.

«È così evidente il mio stato d'animo o tu sei un'ottima osservatrice?»
Fa un piccolo sorriso.
«Tutte e due. Vieni spesso qui da quando... sì, ecco...» si morde un labbro, è in difficoltà.

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