🔸 28. Se perdi paghi pegno

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Cerco di ricompormi come meglio posso mentre Leonardo va ad aprire la porta.
Per intenderci, per la premura ho indossato i pantaloni senza le mutande, che ho praticamente calciato sotto al divano. Pettino i capelli con le dita, mentre di la sento una voce esordire con un "ciao Leonardo".
Una voce vagamente familiare.
Ovviamente la mia curiosità mi spinge ad avvicinarmi per ascoltare meglio, e vedere magari senza essere vista, si spera.

La semioscurità aiuta il mio intento. Mi appiattisco contro al muro, che da sull'atrio, sporgendo solamente la testa quel tanto che basta a vedere e sentire.

«Che ci fai qua?»
Leonardo risponde così al saluto dell'altro uomo.

Parlano a voce piuttosto bassa, quindi devo acuire l'udito nonostante il silenzio che permea nella villa.
Mi sporgo di più per guardare meglio.
La grossa figura di Leonardo prende buona parte della visuale, non riesco a vedere l'altro da qui.
Se solo si spostasse un poco...

«Guarda che anche io ho le mie conoscenze, eh. Appena ho saputo di Edoardo mi sono precipitato qui.»

«E da quando ti importa dei tuoi figli? Non hai mai avuto niente che si avvicini minimamente al senso paterno.»

Ecco svelato l'arcano mistero, l'uomo con cui sta parlando Leonardo è suo padre.

Il signor La Torre buffa pesantemente.
«Dai fammi entrare ne parliamo meglio dentro. Non mi va di dare spettacolo, suvvia.»

«Non c'è nessuno fuori, sono le sei del mattino.»

«Non c'è orario per spiare dei marchesi. Forza spostati e fammi entrare.

Leonardo scuote la testa.
«Meglio di no. Ho ospiti di là.»

Una risata nervosa.
«Ospiti?»

«È vietato?»

«Se l'ospite è la tua nuova conquista, l'ho già conosciuta quindi non c'è problema.»

Automaticamente sul mio viso nasce una smorfia di disgusto. Ribadisco che quest'uomo mi dà un senso di inquietudine innata.

«Papà, hai tanti di quei possedimenti da poter cambiare una casa al giorno. Perché cazzo devi rompere i coglioni a me?»

Il risentimento nella voce del marchese è talmente tangibile da poterlo tagliare col coltello.
Spero vivamente che lo mandi via.

«Non fare lo stronzo, Leonardo e non usare questo linguaggio con me. O devo ricordarti tutte le volte che ho coperto i tuoi casini? Suvvia, puoi ospitarmi per una sera senza fare storie, al tuo solito.»

Lo trovo un uomo così odioso, quale padre parlerebbe così al proprio figlio? La sua è una famiglia davvero strana.
Non lo invidio per nulla.

«Anche io ho coperto i tuoi di casini, più di una volta, papà, non te lo dimenticare.»
La voce di Leonardo è piatta. Suppongo che non voglia dargli la soddisfazione di vedergli perdere la pazienza e di conseguenza sbattergli la porta in faccia.
Di fatto, la apre un po' di più, quel tanto che basta a farlo entrare in casa.

Prima di rischiare di essere vista, giro i tacchi e me ne ritorno di corsa in salotto.
Mi butto sul divano pochi istanti prima che entrino in stanza.
Potrei fingere di dormire, ma non faccio neanche in tempo.
Dannazione.

«C'è mio padre.»

Esordisce il marchese, senza neanche provare a nascondere il tono scocciato.

Mi alzo dal divano e appiccico sul viso un sorriso fintissimo tutto rivolto al suo amabile genitore.

«Ciao, Ambra, giusto?»
Ha una faccia così da cazzo da urtarmi pericolosamente i nervi.
Quel sorrisetto sfacciato e quell'espressione di chi sa di avere quel certo fascino da over cinquanta.
Comunque mi porge la mano e io la stringo educatamente.

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