🔸2. Alla faccia del marchese

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«Buongiorno, signorine.»
Una donna che ha superato da un pezzo la cinquantina, alta e secca come un giunco entra da una porta infondo a sinistra dell'atrio. Si dirige verso di noi con le spalle dritte e la bocca stretta in una posa severa. È vestita pressappoco come noi cameriere, solo che la gonna del suo abito è un po' più lunga e ha il colletto nero. Ad ogni modo ci si ferma di fronte con le mani giunte dietro la schiena.

È la signora Lombardi, la governante ed è colei che supervisiona tutto. Una megera dal naso ricurvo alla quale non sfugge niente. Ogni giorno alle sei e trenta ci ispeziona con cura prima di iniziare a lavorare.

Niente deve essere fuori posto all'interno di questo luogo.
Tutto deve rasentare la perfezione e l'ordine come il padrone di casa comanda.

Da tre giorni sembrano tutti in particolare fermento per il ritorno del suddetto, dalla sua settimana di viaggio in chissà quale splendida parte del mondo. Stasera poi, la villa avrà l'onore di ospitare addirittura una contessina con i suoi due accompagnatori.
Perciò gli occhi grigi della donna ci scrutano con minuziosa attenzione mentre noi cameriere ce ne stiamo in fila di fronte all'ampia scalinata in marmo, che porta al piano superiore.

Ho l'impressione che trovi un sadico piacere nel metterci alla prova, come a dare credito alle mie parole inizia a girarci intorno e a scrutarci minuziosamente.

«Tu, aggiusta il colletto, è dentro la camicia.» Il primo rimprovero va a Stephanie, una ragazza americana dalla pelle color caffellatte e dai capelli ricci e castani, castigati in uno chignon basso e severo, come tutte noi del resto.

«Tu, la fascia è storta, raddrizzala.» È il turno di Giulia, con la coda dell'occhio noto le sue guance diventare rosse praticamente come i suoi capelli, mentre cerca di balbettare qualcosa invano. Poi si ferma di fronte a Ingrid e lì rimane per qualche paio di istanti.

«Signorina De Blase quante volte le ho detto che non sono ammessi anelli al naso né da nessuna altra parte. Li tolga subito e per l'amor del cielo quel rossetto viola è a dir poco agghiacciante.»

«Andiamo Lombardi non è mica il medioevo. Il signor Leonardo non si scandalizzerà certo per due piercing e un po' di trucco.»

«Ingrid è sempre la solita sfacciata, ha ventidue anni ma ne dimostra tipo cinque intellettualmente.
Pensa di poter fare tutto quello che vuole solo perché il padre è l'autista personale di Leonardo» bisbiglia Moira, al mio fianco abbassando un poco la testa verso di me.
Cerco di ignorarla, non mi interessano i suoi pettegolezzi.

«Per lei è il signor La Torre» tuona l'arcigna donna fulminando la rossa con lo sguardo, «e adesso vada e ritorni solo dopo che si sarà resa presentabile.»

«Ha fatto bene. Meriterebbe di essere cacciata» continua Moira adottando un tono di voce un po' troppo velenoso.

«Però non ha torto le regole qui sono troppo severe» dico di rimando.

«Signorina...» La Lombardi schiocca le dita quasi all'altezza del mio naso, facendomi trasalire.
Praticamente una cafona che si eleva all'aristocrazia solo perché ha pulito il culo dei fratelli La Torre quando erano bambini.

«Porteri» rispondo mettendomi ironicamente sull'attenti.
«Signorina Porteri, la smetta di importunare la signorina Alberti col suo chiacchiericcio. È qui per lavorare non per fare salotto!»

Ma che stronza, figlia di...
È stata Moira a iniziare eppure lei se la prende con me.
Sono senza parole.
Ad ogni modo la guardo impassibile. Forse cerca un pretesto per farci vacillare, per vedere di che tempra siamo fatte, neanche dovessimo essere pronte per la guerra o magari è solo una sfida. Vuole che reagisca come Ingrid o che il mio viso diventi rosso come quello di Giulia.
Ciò che invece trova dentro ai miei occhi, che scruta con estrema attenzione, è il vuoto. Il buio più profondo.
La sua severità non mi tocca minimamente, me ne infischio delle sue stronzate.

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