🔹15. Dammi il permesso di toccarti

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Leonardo

«Siediti, stronzo. Abbiamo un paio di cosette su cui confrontarci.»
Se qualcuno mi avesse detto che sarei morto per mano di una gnoma vestita da cameriera porno, gli avrei riso in faccia.
«Sei sordo, per caso?»

Il clic della sicura che viene tolta dalla pistola arriva forte e chiaro alle mie orecchie.
Allora eccomi qua con le mani alzate ad assecondare gli istinti omicidi di questa pazza furiosa.

«Sta calma, tesoro, se ti agiti troppo le mani inizieranno a sudare e le dita scivoleranno via dall'impugnatura. Vuoi fare partire un colpo accidentale?» dico con calma sedendomi sul letto.
Provocarla forse non è la scelta più sicura, ma perdio, quanto mi diverte farlo.
«Massì, fai pure lo spavaldo quanto ti pare.»

Qualcuno bussa alla porta, piano, due colpi veloci.
«Ambra?» La voce appena sussurrata mi pare quella della sua amica puttana.
«Non aprire, Romi, sta nei dintorni, se qualcuno cerca di entrare di che la stanza è occupata.»

«Aiuto!» la prendo in giro, sussurrandolo appena e agitando le mani.

I suoi occhi si riducono a due fessure e la presa sulla pistola si fa più salda.
«Lo trovi divertente?»

«No.»
Scuoto la testa.
«Lo trovo arrapante.»
Finisco la frase con un sorriso, accomodandomi meglio sul letto e appoggiando entrambe le mani sulle lenzuola di seta.

Il suo corpicino si irrigidisce lasciando trasparire tutto il fastidio che le sto causando.
Lo percorro da capo a piedi.
Le scarpe alte, le gambe leggermente divaricate coperte fino al ginocchio da un paio di calzette bianche, la gonnellina insignificante e più su fino alla scollatura della mini divisa, lì dove il respiro si fa più denso e il petto si alza e si abbassa, salgo fino al collo soffocato da un collarino; uno di quelli che io metto ai mie due rottweiler.
Deglutiamo nello stesso momento.

La gola arida come il deserto del Sahara, ora che immagini tutt'altro che caste prendono piede nella mia mente.
E la sento.
La sento quella scarica di adrenalina che mi esplode nel cervello, concentrandosi su un punto ben preciso del mio corpo.
Risalgo fino al suo viso, le labbra dischiuse tinte di un rosso cupo non fanno altro che peggiorare la situazione.

«Come conosci Edoardo Galanti?»
La domanda a bruciapelo fa scattare i miei occhi dritti nei suoi.
È inesperta in questo gioco. Talmente nervosa da non riuscire a non andare dritta al punto.

«Potrei porti la stessa domanda.»
«Sì, ma non sei tu a farle. Quindi rispondi.»
«E perché cazzo dovrei dirtelo?»
«Perchè ti sto puntando una pistola in faccia e ho addosso un video che potrebbe comprometterti.»
«Hai calcolato tutto, suppongo. Ma lasciatelo dire...» mi lecco le labbra.
«Sei una principiante. Saranno le tue stesse mani a tradirti.»
«Dimmi che c'entri tu con Edoardo e bada bene: non te lo richiederò un'altra volta.»
Le braccia esili che sorreggono l'arma si abbassano fino alle mie ginocchia.
Sorrido.
«Dovevi comprarti un silenziatore, novellina. Se mi spari tutti sentiranno il colpo e per te non ci sarà scampo.»
Scuote la testa.
«Credi che mi importi?»
Le dita si muovono frenetiche sul grilletto.
«Voglio solo la mia dannata vendetta» mormora.

Porto la testa all'indietro e sospiro fissando il soffitto bianco sopra di me.
«Quando ti ho detto che ti avevo già incontrata pensavo fosse solo una sensazione. Ho cercato qualche informazione su di te, ma non c'era niente di significativo, a parte il fatto che lavoravi da Luz.»
Sondo la sua espressione, il linguaggio del suo corpo.
È in tensione.
«Poi ho guardato i video di sorveglianza e ti ho vista nel mio studio. Che ci fosse di mezzo Luz lo avevo capito prima che tu me lo confermassi.»

«E allora, vuoi un premio per questo?»
«No, in realtà vorrei un bourbon. Lo champagne mi fa vomitare.»
Adoro osservare come reagisce il suo corpo alle mie provocazioni.
Trema di rabbia.
«Va dritto al punto, brutto stronzo!»
Mi schiarisco la voce.
«Il punto è che... quella sera al Moonlight, hai rievocato in me un particolare che avevo rimosso. Ho rimuginato tutta la notte su quel nome... Nicolò.»

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