🔹8. Te la faccio pagare

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Leonardo

Osservo la cameriera mentre esce fuori dalla mia camera. Le brucio la schiena con gli occhi ridotti a due fessure finché non va via, non prima di aver pure avuto la presunzione di sbattere la porta con violenza.

"Che piccola figlia di puttana".
Ho ancora la guancia che mi brucia per la potenza del suo schiaffo. Mi giro verso lo specchio alle mie spalle- lo stesso dove l'ho sbattuta un attimo prima- mi ha lasciato la sua impronta digitale sulla faccia, mi accorgo osservandomi.

«Questa te la faccio pagare Ambra Porteri. Cazzo, se puoi giurarci» sussurro tra i denti al mio stesso riflesso.

Subito dopo mi viene da ridere. Perché uno scoiattolo alto quanto al mio cazzo é riuscito a farmi provare la parvenza di un brivido lungo la schiena. Di quelli che ti salgono fino alla punta dei capelli e ripercorrono la strada a ritroso fino a giù. Lì dove la mia erezione chiede di essere placata. Me la sistemo meglio dentro ai boxer.

«Cazzo» sbuffo poggiando la testa allo specchio dell'armadio.
Il mio respiro forma una condensa che appanna brevemente il mio riflesso.

Come si è permessa a farmi eccitare come un ragazzino e poi lasciarmi così, pieno di rabbia e desiderio?
Scuoto la testa.
Tutta questa smania per una poveraccia che non dovrei neanche guardare.
Sono davvero caduto così in basso?

Non mi fido di lei, del modo in cui mi guarda, delle sue mani impiccione.
Non mi stupirei se l'avesse mandata Luz per spiarmi.
Ma dannazione la furia che ho visto nei suoi occhi era pari alla mia. Il calore del suo piccolo corpo e la violenza che ha sprigionato in quel bacio mi ha fatto accartocciare le budella.
Non voglio iniziare a desiderarla ma è così difficile non farlo.

Sono come una falena attratta dal fuoco; sa che le fiamme possono bruciare le sue ali se si avvicina troppo, ma il calore è talmente allettante da desiderare di ardervi dentro.

«Si può?»
Incontro ancora una volta i miei occhi dilatati attraverso lo specchio.
Sono in pessime condizioni, pare che io abbia combattuto una guerra.
«Entra» rispondo secco.
Ci mancava solo lui, dannazione.

La porta si apre e fa capolino una testa bionda.
«Fratello» mi saluta Achille con un sorriso fottutamente allegro sulle labbra.

«Che cazzo vuoi?»

Il biondo fa una smorfia mentre si appresta ad entrare.
«Ti sei alzato con la luna storta? No, aspetta non dirmelo.»
Scuote le mani.
Io lo osservo in silenzio intanto che si siete sulla panca distendendo le gambe lunghe e incrociando le caviglie.
«A volte dimentico che hai sempre le palle girate.»
Faccio un ghigno divertito.

«Non è vero.»
Mi giro verso di lui e incrocio le braccia al petto.

«Per caso ti ho interrotto dall'ammirare i muscoli perfetti rovinati dai tatuaggi ignoranti?»
Fa segno verso lo specchio.

«I miei tatuaggi non sono ignoranti. Coglione.»

Achille De Magistris, avvocato neolaureato, dal roseo futuro spianato dal papi onorevole, deforma il suo bel visino da divinità greca in una smorfia disgustata.
«Quello che hai sulla chiappa sta urlando il contrario.»

Sorrido al ricordo di come la scritta "viva la pussy" sia finita tatuata sulla mia chiappa destra.
La scommessa tra tre fratelli completamente ubriachi.

L'unica cosa che mi rimane di loro.
Di noi.
Indelebile sulla pelle.
Marchiata dentro l'anima.
Mi basta questo per perdere il sorriso.
Stringo i pugni.

«O vogliamo parlare di quello che hai sulla guancia... è nuovo?» continua non contento di essere stato ignorato finora.

Soffio dal naso. Ci mancava solo il fottuto Achille a sottolineare lo schiaffo subito dal mio orgoglio.
«Sei venuto per rompere le palle o c'è un motivo in particolare?»

Salvezza E CondannaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora