🔸19. Tu mi vuoi

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Ambra

Esco di casa sbattendo la porta alle mie spalle se ci fosse stata la sua testa tra la porta e l'anta sarebbe stato più soddisfacente.
Percorro la strada fino all'entrata di servizio come un toro inferocito. Solo una volta guardo dietro di me e ovviamente non c'è nessuno. Sorrido beffarda.
Mi aspettavo forse che mi rincorresse?
No, ma neanche che mi trattasse in un modo così meschino.

Riconosco che non deve essere stato facile per lui raccontarmi una cosa così intima e delicata, posso giustificare la sua reazione ma di certo non posso condividerla.
Ammetto che per un momento quando è scoppiato a piangere mi sono sentita parte del suo dolore, il mio stupido cuore ha una sensibilità che odio con tutta me stessa, perché mentre lui si preoccupa e prova pietà io vengo ferita e distrutta.

Ugualmente non posso impedirmi di ripensare alle sue parole, a ciò che mi ha raccontato. L'incidente di Gerardo mi ha toccato nel profondo, così come il fatto che non sia morto per quello, ma per la ferita inferta da Edoardo o almeno è ciò che dice Leonardo non posso esserne certa, però il modo in cui ha sofferto nel raccontarlo e il pianto disperato, non posso davvero evitare di pensarci, ho ancora il collo e la maglietta bagnati dalle sue lacrime.
Dovrebbe proprio essere un bravo attore per fingere così bene.
Se credo alle sue parole però devo credere anche al fatto che Edoardo sia un assassino e non so se sono pronta a pensare a Edoardo in questa nuova veste.
Dei, stanno succedendo così tante cose e al momento sono troppo nervosa per analizzarle una per una.

Apro la porta con violenza per poi rendermi subito conto che tutti ancora dormono, perciò cerco di fare meno rumore possibile intanto che mi avvio verso il salotto. Sento la gola così secca, le labbra invece stanno andando a fuoco.

«Dannato Marchese» mormoro mentre un brivido intenso serpeggia lungo la mia schiena.
Non è vero che bacia male, credo di non aver mai apprezzato così tanto i baci in vita mia, ma col cavolo che gli do la soddisfazione di saperlo.
Volevo ferirlo in qualche modo, anche se so di non esserci riuscita.

«Ambra!»
La mia attenzione viene attirata da Ingrid una volta entrata in salotto.
Pensavo che dormissero e invece eccola qua in pigiama, ancora assonnata che si stropiccia gli occhi e sbadiglia.
La saluto alzando la mano.

«Si può sapere che fine hai fatto ieri? Ti sei tipo volatilizzata nel nulla.»
Non ho voglia di parlare di questo. In realtà non ho voglia di parlare e basta.
Vado verso il frigo e tiro fuori una bottiglietta d'acqua.
Bevo un lungo sorso per cercare di calmarmi, anche se ci vorrebbe qualcosa di più forte per sortire un effetto sicuro.

«Lascia stare, ho dovuto soccorrere una tizia tutta ubriaca. Un vero casino.»
Roteo gli occhi e sbuffo. Ormai mentire mi è così familiare che non provo neanche rimorso nel farlo.

«Sì, ieri erano tutti andati.»
Fa una smorfia intanto che accende la macchinetta del caffè.
«Vuoi del caffè?»
Annuisco.
«Sì, grazie.»

Poggio la schiena al lavabo mentre la osservo distrattamente alle prese con la macchinetta.
«Non sei tornata alla villa. Dove hai passato la notte?»
Bella domanda. Decido di eluderla rispondendole con un'altra domanda.

«Come mai non sei ancora in tenuta da lavoro?»
Indico la canotta e il pantaloncino a fiori del pigiama azzurro, totalmente in disaccordo col il suo stile punk.

«Oggi è il mio giorno libero.» Mi rivolge un sorriso a trentadue denti.
«Però mi piace alzarmi presto e andare a correre in mezzo alla natura.»

«Hai ragione da una bellissima sensazione. Comunque è anche il mio giorno libero.»
«Magnifico!» Sgrana gli occhi castano scuro e mi porge il caffè.
«Perché non vieni con me? Mi piace correre da sola ma in compagnia è anche meglio.»

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