🔸23. Edoardo si è...

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«Ti metterò in imbarazzo per tutta la sera, sappilo» borbotto non appena scendo dall'auto. Lui mi porge la mano e io la picchio con la mia.
«Non mi toccare con quelle manacce traditrici.»
Non può impedire alle sue labbra di distendersi in un sorriso.
«Hai pure il coraggio di ridere? Guarda che ho un diavolo per capello.»
La sua mano preme contro la mia schiena invitandomi a proseguire oltre l'enorme scalinata che precede la mastodontica villa dei marchesi La Torre.

Un'opulenza tale da fare invidia alla reggia di Versailles.
Se l'esterno è così non oso immaginare l'interno.
Mi sento sempre più piccola e fuori luogo e per quanto in questo momento possa detestare l'uomo che mi sta di fianco è anche l'unico elemento di conforto e di... sicurezza in qualche modo.
«Vieni prendiamo da qui...»
Leonardo mi prende per mano e mi guida fino all'entrata sul retro della villa, quella che da al giardino. Ci sono un paio di guardie che appena lo riconoscono aprono il cancello per farci entrare.

Il respiro mi si blocca nel petto quando varco la soglia del giardino.
Tutto è allestito a festa, pieno di luci e di tavoli, c'è anche una fontana che anziché spruzzare acqua fa scorrere fiumi di champagne.
«Wow...»
«Per il compleanno del capo non si bada a spese.»
Sbaglio ho il suo tono è sarcastico?
«Bè, potete permettervelo, ci sta.»
«Non mi piacciono le riunioni di famiglia. Ma almeno quando sono in grande non devo per forza stare a stretto contatto con loro.»
È proprio vero che la ricchezza non fa la felicità. Soprattutto quando la famiglia non funziona.
«Quindi che si fa adesso?»
«Entriamo dentro e facciamo gli auguri a mio padre, poi ce la filiamo.»

Sono nervosa e le sue parole fredde non fanno altro che tenermi sulle spine.
Ci avviamo verso l'entrata secondaria.
È una porta scorrevole, un mosaico colorato raffigura lo stemma della famiglia La Torre.
Dio, quanto è vanitosa questa gente.
Ci troviamo dentro a un salone pieno di divani e poltrone, all'angolo c'è anche un pianoforte bianco e dorato, e una parete è piena zeppa di libri di ogni dimensione.

«Andiamo alla sala principale.»
Questo posto è addirittura più grande della villa di Leonardo, cosa che non credevo affatto possibile.
Finalmente arriviamo nella dal principale, un luogo così vasto che riesce a contenere almeno duemila persone, infatti è gremito di gente vestita di tutto punto, che parolotta e ridacchia spostandosi da un gruppetto a un altro.
«Ecco mio padre.»
Fa segno verso un gruppo di persone verso destra, ma io sono bassa anche con i tacchi alti e non vedo niente. Solo tanta confusione che mi fa venire voglia di andare via.
Leonardo continua a tenermi per mano come se avesse paura che potessi perdermi in mezzo alla folla.
C'è abbastanza spazio per passare senza chiedere il permesso, ovviamente è un luogo pieno di snob e non gente accalcata per un concerto.

Diverse persone fermano il marchese prima che arrivi alla sua metà, mani che si stringono e che si presentano come se me ne importasse qualcosa. Non li ascolto nemmeno. L'unica cosa che riesco a riassumere è che credono tutti che sia la sua fidanzata e il marchese non fa nulla per smentire.
«Leonardo credo che la situazione ci stia sfuggendo di mano. Dovremmo dire che siamo amici.»
I suoi occhi chiari si posano su di me, regalandomi uno sguardo carico di mistero.
«Noi non siamo amici, però.»
«Neanche fidanzati, s'è per questo.»
«Hai detto che mi avresti aiutato, ti stai tirando indietro?»
Anche se dall'espressione non lo da a vedere, il tono di voce porta con sé un pizzico di delusione.
Alzo il mento e lo guardo a testa alta.
«Io non mi tiro mai indietro, marchese.»
Ecco che sulle sue labbra nasce un sorriso fiero.
«Così ti voglio, novellina.»

Attraversiamo il branco di lupi affamati e finalmente ci troviamo al cospetto dei marchesi La Torre.
La madre ha il volto più pallido di quanto già non sia, non si sforza neanche di fare un sorriso di circostanza. Il padre, invece sembra un uomo piuttosto solare ed è anche molto affascinante.
Ha i capelli scuri come Leonardo solo un po' ingrigiti sulle tempie e gli occhi di un azzurro cupo che sorridono formando qualche ruga intorno a essi.
«Figliolo.»
Saluta il figlio dandogli un paio di pacche sulle spalle.
«Pà, auguri.»
Questo è il massimo della cordialità che gli riserva suo figlio.
«Non ci presenti la tua accompagnatrice?»
Subito catturo la sua attenzione, che è piuttosto... ecco... insistente.
Mi squadra dalla testa ai piedi mettendomi un poco in imbarazzo.
Subito Leonardo passa un braccio intorno alla mia vita, stringendomi a sé.
Non so come interpretare il gesto, ho l'impressione che stia cercando di proteggermi.
«Non è necessario, papà.»
I loro occhi si osservano in modo strano, quasi come se si sfidassero. Inizio a sentirmi il terzo incomodo della situazione.

Salvezza E CondannaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora