🔸12. Vattene da un'altra parte

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Ambra

Mi allontano dal marchese stretta al braccio di Brando, non perché con lui mi sento più al sicuro bensì perché ho notato che sembra infastidito dalla nostra... come dire... simpatia reciproca.

Sento i suoi occhi puntati addosso come un faro in mezzo al mare, mi stanno bruciando la schiena facendomi riscaldare il sangue nelle vene. D'istinto mi porto una mano alla tasca. Che cosa c'è in questo file che tanto brama la spagnola? Ora, ho affermato che non avrei guardato, ma conosco bene i picchi toccati dalla mia curiosità.
In tutta onestà avrei preferito farlo subito, ma non potevo piantare in asso Brando, non se lo merita.
Con tutto quello che è successo oggi avevo anche rimosso dalla testa questa uscita.

«È tutto okay, Ambra?»
Proprio lui mi riscuote dai miei pensieri. Lo guardo mentre saliamo sul taxi che mi ha accompagnato fino alla villa. Era inutile chiamarne un altro visto che ho chiesto al tassista di aspettarmi.

«Sì.»
Gli rivolgo un sorriso che non lo rassicura per niente.

«Il signor La Torre ha fatto qualcosa di sbagliato?»
Ah, no, ti prego ci manchi solo tu ad impicciarti nei miei affari.

«No, è tutto a posto. Dove andiamo?»

«Sicuro? Non voglio farmi gli affari tuoi, però sembrate molto in confidenza.»
La butta lì con nonchalance.
Sospiro.
La voce del tassista mi salva fortunatamente dalla spiacevole conversazione.

«Dove vi porto?»
«Al Moonlight, per favore.»
Getto un'occhiata interrogativa a Brando, che mi sorride gentilmente.
«È uno dei pub migliori in città. Ti piacerà, vedrai.»
Mi spiega brevemente. Annuisco.

«Tu sei di Monforte, non è vero?»
«Sì, nato e cresciuto. E tu?»
Dovevo mettere il conto che me lo avrebbe chiesto.
«Del Sud, però abito da un anno ad Ibiza» rispondo vaga sperando che non faccia altre domande.
«Come mai ad Ibiza?»
Speranza vana.
«Mi sono trovata lì per una vacanza, però ho trovato lavoro e alla fine mi sono trasferita. Ma, ehi, senti un po'...»
Meglio cambiare argomento.
«...Tu hai un portatile o qualcosa del genere, per caso?»

«Sì, perché me lo chiedi?»
«Potresti prestermelo quando torniamo alla villa?»
Sai dovrei aprire un file che non mi appartiene minimamente.
«Devo inviare un'email e stupidamente non ho portato il mio con me.»
Brando annuisce.
«Certo. Nessun problema, Ambra, puoi prenderlo quando vuoi.»

Non riesco davvero a credere che sia così gentile. Insomma è già bello, stasera particolarmente con quella camicia azzurra e quei jeans blu, che sia anche dolce è un supplemento fin troppo raro.
Dovrei preoccuparmi?
Non mi sono mai fidata delle persone troppo accondiscendenti.
Scaccio via questo pensiero e mi riprometto che per stasera non penserò a nient'altro se non a divertirmi.

Il Moonlight è davvero un bel posto. Non uno di quei solito pub confusionari tipo il Veneno. Qui sembra più tranquillo, forse perché è ancora presto. Le luci sono soffuse, la musica in sottofondo, i tavolini sparpagliati per la sala distanti rispetto alla pista da ballo. Un posto raffinato ed elegante, come il ragazzo che mi ci ha portata. Lo osservo mentre parla con il cameriere che ci ha fatti accomodare. Ha dei modi così educati e composti. Sembra più un marchese lui che quello spocchioso prepotente che ne porta il titolo.

Scuoto la testa con rabbia. Perché il mio stupido cervello deve sempre finire per pensare a lui?
Sta diventando un'ossessione.
Ma in fondo non lo è sempre stato?
Sono sei mesi che nella mia testa c'è solo lui e i mille modi in cui vorrei ucciderlo.

«Cosa prendi da bere?»
«Ah... sì, un vodka lemon, può andar bene.»
«Fai lo stesso anche per me, grazie» dice al cameriere.

Non mi è mai capitato di uscire con un ragazzo che alla fine non scegliesse di prendere il mio stesso cocktail. Non so se la loro è una tattica di rimorchio o qualcosa del genere, la trovo una cosa carina ma un po' banale, comunque non mi dispiace più di tanto.

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