6. SBAGLIO

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Se non hai mai fatto uno sbaglio,
non hai mai provato
qualcosa di nuovo.

«Sei stata graziata. Se non fosse stato per Kurt, e per averlo riportato qui sano e salvo, ti avrei lasciata fuori a crogiolarti per il freddo.» La sua voce suona aspra, ma si addolcisce quando il suo cane gli si butta addosso. «Tu togliti.» Grida tra le leggere risate. «Ti farò una gabbia, se continui ad approfittare della tua libertà.»

"Cos'è? Ti sembra una gabbia? Mia piccola Linda, non ne hai mai vista una vera, e sono tanto tentata dal prenderla per te. Se non ascolti quello che ti dico, è lì dentro che finirai."

La saliva viscida sulla mia mano ferrata mi riportano sulla terra, dove i capelli ricci castano cenere svolazzano in aria per assumere una forma casuale, e il respiro soddisfatto del cane riecheggia nell'aria.

Torno in me, per quanto mi sia possibile fare, e finalmente chiudo la porta d'ingresso alle mie spalle, e con sé chiudo anche l'aria fredda fuori di casa, facendo ritornare gli abbracci del calore del camino.

Davanti a me noto Koray che mi fissa. Solo ora ricordo di avere ancora un trancio di pizza non morsicato nella mano sinistra, per fortuna posizionato più in alto dell'altezza di Kurt.

«Ne vuoi un po'?» Gli allungo il braccio, e lui fissa il pezzo di cibo sulla mia mano.

«No, sono allergico al lievito.» Mi risponde, freddo, continuando a guardarla.

«Ehm... non credo che esista quest'allergia.» Cerco di smorzare in modo simpatico, senza però ridere, ma lui resta irremovibile, quindi sono io a spostarmi... voglio fare in modo che si senta di più a suo agio con i miei gesti.

«Mi dispiace, però. La lascio in un piattino sul tavolo, allora. Se la vuoi, sei libero di mangiarla.» Gli sorrido, cercando di incoraggiarlo a non avere paura di me. In generale, di cosa dovrebbe avere paura, questo ragazzo? Credo sia un tipo tosto. «Vado a dormire, notte.» Me ne vado in camera senza neanche ricevere un mezzo saluto in cambio, e mi chiudo a chiave.

Solo ora realizzo di non avere almeno un pigiama, per l'assenza di entrambe le mie valigie. Sei un'ingrata.

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Non credo di potermi mai abituare al gelo, alla neve, e alle luci notturne della Norvegia... almeno non tanto presto. Dubito che qui esistano le vie di mezzo, ma solo l'estremismo negativo, il freddo. Purtroppo o per fortuna, passo la maggior parte del tempo fuori casa - a faticare per avanzare i passi nella neve da cinquanta centimetri e stringermi in me stessa, sbrigando faccende sopra ad altre - senza neanche il tempo di respirare un po' di aria calda.

Evito di passare il tempo nella casa, perché non è mia, e soprattutto perché, con Koray - c'è o non c'è - mi sento sempre sola. Quelle poche volte che ci troviamo insieme non perde tempo per azzannare i miei tentativi di conciliazione, e per il resto anche lui passa le giornate all'aperto, tra i sentieri, la natura, o qualche compagnia che si è guadagnata la sua partecipazione.

Appena finisco il mio piccolo schizzo di una volpe appisolata ai piedi di un albero, chiudo il mio quaderno segreto, e caccio fuori l'aria che ho intrappolato nei miei polmoni, creando una piccola nuvola fugace.

Mi avvicino alla piccola creatura per accarezzarla, ma avvertendo i miei passi che avanzano, scappa con gli occhi spalancati, terrorizzata. Pensavo di essere brava con le bestioline.

Forse ho solo sbagliato tecnica, e sicuramente ha influito anche il mio attuale stato d'animo. Gli animali percepiscono ogni cosa, e se noi non abbiamo paura, neanche loro ne avranno.

Io non ho paura di loro, ma ho paura di come andranno le cose restando qui, ad Honningsväg, in queste condizioni.

Ho fiducia in me stessa, per quel che ho la forza di fare, ma temo di perderla ad ogni fallimento. Mi è bastato poco per capire che quel castano cenere è come una grossa vampa di fuoco, e non si lascia spegnere con un po' d'acqua.

Luna nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora