33. TRAUMA

60 6 2
                                    

Niente è paragonabile

ad un trauma che

ci logora dall'interno.

«Tu non hai una famiglia da cui tornare? Perché spesso passi le giornate con me e mi accompagni in altri posti?» Chiesi all'unico uomo che mi stava al fianco, Mister Douglas. Ormai conoscevo solo lui. Ovunque lui mi portasse, io non legavo con nessuno, o almeno non così tanto come con lui.

Lui mi guardò per un secondo, sorridendo. «La mia donna è morta un po' di anni fa, ed io ho perso un figlio, facendolo adottare da sua sorella, perché non potevo crescerlo da solo. È per questo che ora mi prendo cura di te. Un giorno capirai, ma io non passerò un secondo senza sentirmi in colpa per le mie scarse capacità.»

Gli asciugai una lacrima che gli cadde dall'occhio, sorridendo. «Sono sicura che quel bambino, o quella bambina, ora sta bene. Aspetta solo di vedere te.»

Quando le cose vanno bene, lo si può notare subito. Basta guardare il tempo e rendersi conto di quanto sia passato in fretta, per capire che lentamente le cose possono migliorare.

Le uniche volte che mi capita di pensare che il tempo passa velocemente è quando prendo in mano una matita e faccio qualche schizzo. In quei momenti sembra che tre ore equivalgono a due secondi.

Direi che però le cose stanno cambiando, perché non è più solo l'arte a farmi sentire bene, ma anche Koray.

Cavolo, ho sentito un sacco di persone mettere in guardia le altre ragazze riguardo alla propria felicità.

Una delle regole più chiacchierate è quella di non far dipendere la propria serenità da un ragazzo... ma io come posso non farlo? Sul serio, da quando ho conosciuto lui, o meglio da quando ci siamo rincontrati, mi sento molto più serena, ed erano tanti anni che non provavo una tranquillità tale.

Sorrido mentre termino lo schizzo del volto riposato del ragazzo, e lascio in sospeso la descrizione, perché è una cosa che dovrei valutare molto bene: se fosse per me, scriverei un romanzo dedicato unicamente a lui.

Chiudo il quaderno con molta delicatezza, e raggiungo la scrivania per lasciarlo.

Accarezzo la foto che presi in mano il primo giorno che entrai in questa casa, e osservo il volto della ragazza, sua sorella. Aveva un sorriso smagliante, anche se probabilmente era solo una maschera. I suoi occhi erano di un azzurro cielo e i capelli lunghi e rossi sembrano molto simili ai miei, con l'unica differenza che a lei sono un po' ricci. Credo che, se ci fossimo mai incontrate, avremmo riso per la nostra somiglianza, e ci avremmo scherzato su prendendo in giro gli altri. Credo che avrebbe divertito anche Ray una situazione del genere.

Lascio la foto e ritorno sul letto di Ray, mettendogli il mio mento sulla spalla alta. Il suo corpo, voltato verso la porta, lo fa sembrare quasi un wrestler, e il solo pensiero mi fa ridere.

Soffio nel suo orecchio, non sapendo come passare il tempo, e lui si acciglia ma non si sveglia. Sopprimo una risata, e mi guardo attorno in cerca di impegni. Mi sono ritrovata in camera sua per due notti di seguito, poiché è stato proprio lui a chiedermi la compagnia, e dopo una settimana di sveglie ad orari scomodi, oggi ne vuole approfittare per dormire fino alle due.

Okay, non esageriamo... ma so che se volesse, ne sarebbe più che capace.

«Ehilà...» Sussurro, soffiando di nuovo nelle sue orecchie. «Sono le due di pomeriggio.» Tento, anche se è una bugia.

Non reagisce. Scuote solo un po' la testa per l'aria che gli soffio contro.

«Ray, è tardissimo.» Provo ancora, e stavolta si volta di scatto verso di me, rischiando quasi di tirarmi una testata.

Luna nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora