23. LONTANA

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Se dovesse chiedermi
di abbandonarlo,
non so se riuscirei
a stargli lontana.

«Sei riuscita ad ambientarti?»

«Non molto, però ho trovato delle belle cose da fare.»

«Ah, sì? Cosa?»

La sua attenzione bastò a farmi estrarre il quaderno dal mio zainetto rosso, più scuro dei miei capelli. Non sapevo perché, ma con quello strano uomo perfezionista sentivo di poter mostrare le parti più nascoste di me, senza sentirmi giudicata. «Ho visto per la prima volta un posto strano, dove le persone pregano in ginocchio, la faccia a terra e le mani allungate. Ho provato a disegnarlo, anche se è uscito uno scarabocchio.» Mi presi in giro da sola, ma il sorrido dell'uomo mi rese davvero felice. Lui non mi stava prendendo in giro. «Oh, sapevi che Abu-Dhabi ha il Louvre come in Francia? Secondo me, questo è stupendo.» Gli mostrai gli ultimi disegni fatti lì, davvero entusiasta.

«Wow, è molto più bello di quello francese.»

Stanca ma affamata, chiudo il mio quaderno dei disegni con un sorriso soddisfatto. Ho passato un po' di tempo a sfogliarlo, esaminando ogni dettaglio degli schizzi più vecchi. Ci sono un sacco di miglioramenti, considerando anche la mia crescita, ma rivivere i determinati luoghi e momenti immortalati a matita mi ha fatto provare un sacco di emozioni contrastanti: è bello, ma è anche triste.

Questo quaderno dei disegni è nato principalmente per i miei costanti viaggi, cominciando da Brooklin... spero che la Norvegià rappresenterà l'ultima meta.

Sospiro, ed esco dalla stanza. Come se ne valesse la mia vita, la prima cosa che faccio è guardare di fronte a me, verso la stanza di Koray.

La porta è chiusa, ma dall'interno non esce nessun rumore. Starà dormendo, oppure è uscito. In fondo, sono le 6 di sera, ed anche se lui non voleva scappare, gli ultimissimi avvenimenti accaduti mi fanno pensare che neanche lui ne è più così sicuro.

Sto imparando a conoscerlo, ed ha scatti d'ira molto spesso. Se va via di casa, consapevole di tornare dopo un paio d'ore, in fondo va bene. Non posso trattenerlo in queste quattro mura come un sequestro umano.

In cucina, la prima cosa che noto è il vassoio sul tavolo, pieno di briciole ma allo stesso tempo vuoto. È il vassoio della torta, e a quanto pare il lupo è venuto a sbranarla.

Sorrido al mio folle pensiero: vuol dire che, nonostante i disguidi, non cambia il fatto che gli è piaciuta. Molto, oserei aggiungere.

Dopo aver dato la mia solita ripulita per le rimanenze degli altri, apro l'anta del frigorifero. Ho fame, ed ora il mio stomaco sta cominciando a brontolare come una foglia contro il forte vento. Se non metterò qualcosa sotto i denti, rischio di mangiare le mie stesse labbra.

Nulla, non c'è nulla che mi desideri. Ci sono uova, mozzarella, carne ma... non capisco, non mi desidera nulla di tutto ciò.

Senza che io riesca a controllarmi, il mio pensiero torna a quel dannato ragazzo castano, con una capigliatura lunga e riccioluta. È come se il suo volto e il caos che avviene con lui siano in grado di sfamarmi senza cibo.

Dove è andato? Si è arrabbiato di nuovo con me, di punto in bianco, dopo aver passato una prima parte della giornata completamente sereni. Soprattutto ci siamo divertiti. Cosa gli è preso, stavolta? Vorrei stargli al passo, ma è complicato.

Okay, non dovrebbe essere tanto complicato.

Insomma, devo cercare di stare più attenta a quello che dico. È chiaro che parlare del suo passato - anche se lui ha insistito nel farlo - gli fa molto male. Dico lo stesso di me, quindi devo solo cercare di comprenderlo.

Luna nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora