32. APICE

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Si stava lasciando

completamente andare,

eppure sei riuscita

a farlo migliorare.

Il viaggio di ritorno in Ankara fu molto turbolento, e questo rese mia madre molto più irascibile. Ogni piccola cosa che facevo era un errore madornale, quindi restai a pregare per tutto il tempo che si addormentasse. All'arrivo, sembrò essere tornata in sé, ma era soltanto l'apparenza. Da quei giorni, cominciò ad avere dei perenni sbalzi d'umore: dalla tranquillità, passava alla rabbia e al pianto in un attimo, anche senza dire nulla, e così continuava per un paio di ore al giorno, fino a peggiorare a vista d'occhio, arrivando ad avere crisi isteriche per almeno otto ore al giorno. Non andava neanche più a lavoro. Passava le giornate ad attaccarmi quando io ero con lei, infatti volevo che la scuola primaria durasse una giornata intera. Stavo sempre male, quando lei manifestava questi attacchi, e non sapevo cosa le succedeva. Credevo sempre che la colpa fosse la mia, perché lei continuava a ripetermelo.

«Nes.» Esulto, appena apre la porta. Il mio primo pensiero è quello di abbracciarla. È da tanto che non parliamo, ed oggi, libera dall'università, ho pensato che fosse una bella idea camminare nel bosco sempre pieno di neve, ed arrivare a casa sua. Kurt è un santo, ed è super intelligente. È stato lui a farmi strada, perché ovviamente io non ricordo nulla.

«Lin.» Ricambia l'abbraccio, e quando si stacca si guarda intorno. «Cosa ci fai qui? Dov'è mio fratello?»

Alzo le spalle, come risposta alla prima domanda. «Ray ha la seduta dalla psicologa.» Continuo dopo qualche secondo.

A dir la verità, ancora non so quale sia il disturbo o la malattia che lo porta a dover fare le sedute settimanali con la dottoressa, ma senza dubbio la perdita della sua famiglia e la morte di sua sorella gli hanno arrecato non pochi traumi a livello psicologico. Credo che, qualsiasi cosa lui tenga diagnosticata, abbia a che fare con il suo umore altalenante.

«Ray... oh oh, qui le cose sembrano serie, eh.» Nes mi punzecchia, felice, ed io rido.

«Insomma, ah ah... nel profondo, non c'è nulla tra noi. Io provo molte cose per lui, ma non credo che la cosa sia corrisposta.» Ammetto, un po' triste.

«Oh, credo che un grande affetto lo provi anche lui, altrimenti non andrebbe regolarmente a controllo.» Mi svela, sorridendo e abbracciandomi di nuovo.

Oh... quindi prima non voleva neanche fare le sedute? Mi aveva accennato una cosa del genere, lui, ma... Oddio.

«Si stava lasciando andare completamente, Lin.» Mi risponde, come se avessi fatto la domanda a voce alta. «Non so se quel suo pensiero sia andato via, ma voleva fare lo stesso che ha fatto nostra sorella per raggiungerla.»

Abbasso il capo per nascondere qualche lacrima che cade. «Sì, me lo ha detto...» Sussurro, con voce tremante. «Ogni tanto raggiunge dei picchi tremendi, ma anche lui ha ammesso di sentirsi un po' meglio.»

«Da quando ci sei tu?» Chiede conferma.

Annuisco, ma non la guardo negli occhi. È brutta la vulnerabilità.

«È una gran bella cosa, questa, e devi riconoscertela. Forza, entra prima che ti congeli.»

Metto piede nella calda casa di campagna, ridacchiando, e lei chiude la porta. «Nonno è in cucina, se vuoi salutarlo. Credo che sarà molto felice di rivederti.» Mi informa, ed io annuisco subito.

Sono qui e non sarebbe corretto se non andassi a salutarlo. Poi quel nonnino fa ridere, e mi piace il suo essere così spigliato. Alla sua età, sono davvero pochi ad essere così. Avrei voluto conoscere il mio, di nonno. Credo che sarebbe stato proprio come il vecchio Makay.

Luna nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora