34. CUPIDO

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La freccia di Cupido

dona l'amore singolo.

Il lancio dell'arco

è l'amore corrisposto.

«Tu dici che la tua donna ti sta vedendo?» Chiesi a Mister Douglas con una voce delicata. Avevo paura di farlo sentire triste.

Guardava il cielo, con un sorriso lieve sulle labbra. «Spero di sì, perché io la guardo ogni giorno.»

La sua risposta mi rubò un sorriso malinconico. Era l'uomo più dolce che io avessi mai conosciuto.

«Anche io vorrei tanto poter vedere mia madre Kira, anche se lei non è davvero la mia mamma. Vorrei conoscere quella vera, ma non so se lei vorrebbe vedermi, ed anche mio padre non so chi sia. Tu sei l'unico che mi fa da papà, e ti voglio tanto bene per questo.» Lo abbracciai, piangendo per l'onesta che avevo tirato fuori. Avevo tanta speranza.

Cerco di immaginare il paradiso che scorre fuori dal finestrino - senza pensare a me stessa - ma è praticamente impossibile. È così, la Norvegia è l'isola che ti dà amore ma ti distrugge nello stesso istante.

Continuo a contare i secondi che passano guardando attraverso questo vetro che, anche se non è colpevole di nulla, è l'unica cosa che mi trasmette il bisogno di sfogarmi spaccando qualcosa.

Ciò che mi ferma non è la forza di volontà, ma proprio le regole di base: io non sono una persona che si lascia stregare dalla collera, e soprattutto la macchina non è mia. Anche se lo fosse stata, non avrei mai spaccato il vetro del finestrino.

Di tanto in tanto, nel silenzio fatto di respiri profondi e tremori, insieme al rumore del motore acceso e in movimento, la mano di Koray raggiunge la mia sulla mia gamba, e la regge con qualche carezza. Io non mi scanso, non lascio la sua presa, ma allo stesso tempo vorrei solo tenerla libera.

Ogni tanto mi balena la voglia di stringergli la mano e avvicinarla al mio petto, ma mi trattengo. Mi limito a ricambiare qualche carezza con i pollici di tanto in tanto, anche se il vuoto che provo internamente mi fa bloccare anche i muscoli responsabili dei più piccoli movimenti.

«Linny...» Sussurra il mio nome con delicatezza.

Io scuoto la testa senza guardarlo in faccia, come a dire "non ho la minima voglia di parlare".

«Mi dispiace, Linny. Io...»

«Non è colpa tua, Ray. Ho insistito io ad incontrarlo, ma non immaginavo una cosa simile.» Ora abbasso lo sguardo sulle mie gambe, facendo dei segni circolari sulla gamba con la mano destra.

Non so dove Koray stia andando, adesso, ma al momento preferirei qualsiasi altro posto al parco giochi.

Vorrei spaccare vetri, strapparmi i capelli, graffiarmi la pelle... ma non riesco ad odiare Mister Douglas per avermi nascosto questa cosa. Mi parlava di aver dovuto affidare suo figlio, dopo la morte di sua moglie, ma non c'è stata una volta in cui mi ha detto di averlo ritrovato... non mi ha mai fatto intuire di essere sua figlia.

Non capisco: perché non riesco a provare l'odio come tutte le persone normali? Mi sento così diversa, e a volte la luna è l'unica cosa di cui ho bisogno per sentirmi meglio.

Sento la presa di Koray farsi più stretta attorno alla mia mano.

Ecco... forse c'è anche lui che riesce a farmi sentire meglio, anche senza fare nulla di particolare. Mi basta semplicemente la sua pelle a contatto con la mia per crearmi un fuoco di piacere dentro.

«Tu hai provato a fermarmi, ma io ho insistito. Dovrei essere io a scusarmi con te.» Continuo, mantenendo lo sguardo sulle mani.

Sposto anche la mia destra sulle due mani legate, e la poggio sulla sua, riscaldandomi in un secondo.

Luna nei tuoi occhiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora