4. Rosso

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Un passo

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Un passo.

Due.

Tre.

La fisioterapia funzionava, avevo ripreso a "camminare". Dovevo portarmi sempre dietro un deambulatore, non potevo rischiare di far cedere le ginocchia e crollare terribilmente a terra, ma i miei primi passi in solitudine avevo iniziato a muoverli.

Già era imbarazzante farmi accompagnare ovunque da mia madre, come se fossi tornato un bambino. Ma i suoi occhi erano felici... Era felice di riavermi vicino, in casa sua. Tornare in quella casa e ritrovare la mia stanza come l'avevo lasciata mi aveva generato un effetto strano dentro al petto.

E quell'ospedale era diventato sempre presente nella mia vita. Quattro volte a settimana varcavo le grandi porte di ingresso, recandomi nel reparto di fisioterapia.
Erano gentili, con me, sempre pronti ad aiutarmi... Ma io l'aiuto non lo volevo.

Volevo riuscire a farcela con le mie forze... E quindi mi impegnavo, mi impegnavo terribilmente per poter fare anche solo un passo per conto mio, utilizzando le braccia, anch'esse deboli, per aggrapparmi alle varie sbarre.

E più andavo avanti, più riuscivo a camminare. Non resistevo a lungo, ricreare una muscolatura addormentata era molto difficile... Per non parlare dell'alimentazione. Il mio stomaco non era più abituato a ricevere cibo solido, e la nausea era inevitabile.

Non avevo mai avuto un corpo piazzato, degno delle copertine di qualche rivista maschile, ma non era così male. Asciutto, tonico... in quel momento? Beh, era decisamente facile contare le costole che avevo. Per non parlare delle vertebre sulla schiena quando mi piegavo.

Stavo camminando per quei corridoi così freddi, mentre i miei occhi osservavano l'esterno che potevo vedere dai vetri delle grandi finestre che illuminavano l'intera struttura. Dei grandi giardini si aprivano fuori, con alberi ormai arancioni e grandi mucchi di foglie a decorare le basi dei tronchi.
Era bello come ormai cercassero di donare zone verdi alle grandi strutture, così che anche i medici, nei momenti di pausa, potessero prendere una boccata d'aria.

Il cielo era un po' rabbuiato, le giornate iniziavano ad accorciarsi, segno che le stagioni fredde iniziavano a prendere il sopravvento con grande determinazione. Mi piaceva l'inverno, il freddo e le luci, per non parlare della neve! Mi faceva impazzire, in quei momenti riusciva a tornare quel lato da bambino che spesso cercavo di reprimere... a volte la società è opprimente. Non va bene essere spensierati e sognatori, ogni mente deve essere statica e uguale a tutte le altre...

Tch...

Sobbalzai, nel sentire quel verso nelle mie orecchie. Mi voltai di scatto, pronto a trovarmi qualcuno di fianco, ma c'erano solamente medici camminavano per quei corridoi, salutandomi gentilmente e proseguendo il loro percorso.

Assottigliai lo sguardo, provando a captare qualche altro suono, ma sembrava svanito tutto.
Mi avevano confermato che il mio cervello era abbastanza sano... Nessun trauma.

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