9. Fuori

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Fu un rientro molto strano.

Nella mia testa non sentivo più niente, solo un silenzio quasi assordante. E mi ero abituato all'idea di avere una voce nella testa, perché anche prima di scoprire chi ci fosse dentro di me, c'era sempre qualcosa a tenermi compagnia.
Che fosse un verso, o una parola.

Ma in quel momento... Silenzio.

Nella mia testa tutto era ancora confuso, eppure, passare la giornata con quel ragazzo che mi parlottolava nella testa, era stato... Piacevole. Mi aveva dato quell'ebrezza in più.

Aprii la porta del mio appartamento, sospirando leggermente amareggiato. Eravamo andati in ospedale per cercare di scoprire qualcosa... Qualunque cosa... Ma avevo scoperto solamente dei lati nascosti di Katsuki, che sembrava non voler lasciare uscire.

Mi avvicinai alla cucina, propenso a volermi fare un caffè, o una qualsiasi bevanda calda... Magari un thè.

Osservai una bustina di cioccolata calda, prendendola tra le dita, pronta da preparare. Esitai leggermente nell'osservare l'immagine stampata sulla piccola confezione e sospirai.

Non ero bravo a cucinare... Affatto. O meglio, proprio non mi piaceva cucinare, quindi non ci provavo nemmeno.
Ma quando provai a riporla dentro lo sportello, la mia mano si bloccò sospesa in aria, fuori dal mio controllo.

Un accenno di sorriso sbucò sul mio volto, mentre lasciai che il mio braccio rimanesse sospeso a mezz'aria.

"Hai bisogno di qualcosa...?". Mormorai, attendendo una qualsiasi sua mossa.
Il mio corpo era scosso da scariche elettriche, percepivo qualcosa di forte... Qualcosa di intenso.
Come se fosse una lotta interna...

Perché non ti prepari la cioccolata, visto che la vuoi?

Scrollai le spalle, rimanendo immobile ad osservare la bustina: "Non so prepararla. Ci avevo provato, ma avevo rovesciato tutto sui fornelli, quindi... Non la faccio".

Provai a muovere il braccio, ma ottenni solamente un leggero fremito, e poi si ritrasse dallo sportello, poggiando la bustina tanto desiderata dal sottoscritto sul bancone della cucina.

Che cazzo di nullità... La faccio io.

"Ti piace la cioccolata cal-ehi!". Il mio corpo iniziò a muoversi in maniera scattante e quasi robotica, mentre si avvicinava con quasi rabbia al frigorifero.

Latte.. e i pentolini dove cazzo li tieni?!

Non riuscivo però a non sorridere, perché sentire quella voce così arrogante mi fece capire che era un po' tornato.
Lasciai che facesse tutto per conto suo, non misi bocca in niente, mi limitai a sorridere alle sue azioni e alla precisione che ci metteva nel preparare quella cioccolata calda. 

Una semplice bevanda, che io ero negato a fare, la rendeva ancora più bella, se possibile. 

Osservai la tazza fumante, una volta pronta, e mi leccai le labbra, guardando come fosse densa e ben fatta.

"Sembra quella che fanno nei bar!".

Tch, non scherziamo. La mia è migliore.

Soffiai piano sul cucchiaino appena immerso nella bevanda, e poi assaggiai quella bontà. Era cremosa, calda e buona...

"MH! È deliziosa! - Sorrisi, iniziando a berla piano, evitando di bruciarmi - Quanto mi piace la cioccolata...".

Mi risbucarono alla mente dei meravigliosi momenti... Mio padre spesso cucinava per me, anzi, per noi, e a volte mi portava in cucina con le mie mani inesperte, soprattutto quando ero bambino, e a volte anche da adolescente, nonostante le mie continue lamentele.

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