Capitolo 5 - Cadendo dall'alto di un'illusione (Parte 3)

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Albertito Paulazo era uno dei primi «diplomati» della Fondazione BB, e discepolo diretto di Bartolomeo.

Era arrivato alla Fondazione molto piccolo, e dal primo giorno fu addestrato nelle arti criminali dal direttore e dalla governante. Aveva dovuto lasciare la villa a diciotto anni, età in cui il giudice minorile disponeva il trasferimento in un'altra istituzione o, nel caso in cui il minore fosse qualificato, passava ad un sistema esterno, assistito.

Ma Albertito era ancora legato a Bartolomeo, in quanto lo aveva collegato al commissario Luisito Bianco, lo stesso che forniva protezione e zone libere per i piccoli della Fondazione, in cambio di una percentuale che Barto pagava puntualmente ogni mese.

Albertito ora lavorava per il commissario Blanco, ma non dimenticava la gratitudine che sentiva verso Barto, che gli aveva insegnato tutto quello che sapeva, e che, quando aveva bisogno, gli affidava alcuni incarichi speciali.

E questa era proprio una di quelle occasioni. Justina e Bartolomeo lo accolsero con molta gioia: Albertito Paulazo aveva portato loro un nuovo moccioso che prometteva molto.

- Si chiama Matteo, ma lo chiamano Monito. -

Bartolomeo e Justina guardarono con un sorriso il piccolo e capirono perfettamente perché glo chiamavano così: era di bassissima statura, aveva i capelli scuri e lunghi, che gli coprivano la fronte, e degli occhi grandi e rotondi, con un'oppressione scimmiesca e pungente.

Secondo Albertito, in quanto "persona sbadata", poteva rubare a chiunque in faccia.

- Ciao, Monito! - salutò Bartolomeo con un grande sorriso.

- Ciao, pancho. - disse Monito con totale indifferenza. - Avete qualcosa da mangiare? -

Il commento gli provocò una fragorosa risata e Bartolomeo ordinò a Justina di dare a Monit "all he could eat".

Justina lo portò in cucina dove vide con stupore, come Monito divorò in pochi secondi mezza dozzina di panini. Aveva sempre fame.

- E da quanto vivi per strada, tu? - indagò mentre Monito stuzzicava un altro panino.

- Ho sempre vissuto per strada. Una volta vivevo conmio nonno. Ma è morto. Posso mangiarlo questo? - disse Monito indicando una torta che Cielo aveva preparato.

- All you can eat! Tutto quello che si può mangiarrrre, come ha indicato il signore. - disse Justina con un accenno di risata.

Aveva un grande fiuto per riconoscere i talenti e Monito, senza dubbio, aveva un grande talento per il furto.

In quel momento Tacho entrò dalla porta posteriore della cucina e guardò con sorpresa Monito, che teneva un panino al prosciutto e formaggio in una mano e una fetta di torta nell'altra.

- Lui è Tacho. - disse Justina.

- Ciao, Pancho... Io sono Monito - si presentò strizzandogli l'occhio con spavalderia.

- Che fai, capo? - rispose Tacho con immediata simpatia.

- Monito verrà a vivere alla Fondazione. Tachito ti spiegherà tutto... - disse guardando con intenzione Tacho. - Raccontagli bene come stanno le cose qui. - completò la frase mentre si ritirava.

Tacho guardò Monito, che lo osservava in attesa, e in lui vide se stesso a quell'età, quando era arrivato alla Fondazione, e pensò a quanto diverse sarebbero state le cose se avesse avuto qualcuno di più grande a prendersi cura di lui.

Con un istinto di protezione sconosciuto per lui, decise che Monito sarebbe stato il suo protetto.

Bartolomeo ricevette da Albertito i documenti per gestire la tutela del nuovo orfano. In cambio firmò un assegno con la succulenta commissione per Luisito Blanco.

Casi Angeles - L'Isola di EudamonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora