Capitolo 7.

771 19 2
                                    

Non mi serve voltarmi per sapere chi si trova alle mie spalle.

Percepisco l'avvicinarsi di un corpo, poi delle dita sfiorano il tessuto della mia tasca.

Abbasso lo sguardo giusto in tempo per vedere Miles infilarvi una banconota.

«Cosa sono?!»

«I soldi che hai lasciato sul tavolo.»

«Servono per pagare la mia parte, rimettili dov'erano.»

Gli dò le spalle non appena rifiuta la banconota che cerco di porgergli.

«Non serve, ci ho già pensato io.»

«Tu non devi pagare per me, posso benissimo saldare da sola la mia consumazione. E non sei mio padre, non sei tenuto a offrirmi proprio niente.»

Lui non sembra darmi retta.
«Ho pagato per tutti, Mills. Anche per Ashley. Non darti troppa importanza.»

«Che cavaliere!» esclamo ironica.

«Si gela qui fuori. Dai, saliamo in auto.»

Mi volto per poterlo guardare in viso. «Sai cosa significa no, Mallard?»

«Non farmi insistere ancora, Stella. Andiamo.»

«Non siamo al lavoro, non puoi darmi ordini.»

«Pensi che sia un ordine? Voglio solo evitare che ti ammali anche tu. Ci servi al bar, domani.»

Questo ha più senso.

«Non ti preoccupare, sarò puntuale come un orologio svizzero.»

«Stella» marca il mio nome con il suo accento forte. «Perché non vuoi farti aiutare?»

«Aiutare?» borbotto. «Mi consideri una donzella indifesa, per caso?»

«Cosa vorresti dire? Che ai tempi d'oggi un uomo non può offrire un passaggio ad una donna perché siete forti e indipendenti? So che lo siete. Lo siete sempre state. Anche se a molti uomini questo non va a genio. Ma questo non è il momento di fare lezioni sul femminismo, Mills. Vieni con me, non te lo chiederò ancora.»

«È una minaccia?»

Un guizzo gli colpisce il viso. «Fidati, Mills, se questa fosse una minaccia, non ci sarebbe bisogno di chiedermelo.»

Che acido.

Scrollo le spalle.

I suoi occhi dai colori diversi – quello destro azzurro,  l'altro, invece, posseditore di due sfumature diverse; marrone e verde – rimangono ancorati sul mio viso.

Il modo in cui mi fissa non mi piace affatto.
Sembra voglia mettermi a disagio.
Peccato che non basta un bel visetto e la sua aria da uomo tenebroso per farmi vacillare.
Non sono più una ragazzina.

«Sai cosa? Fai come ti pare... non sarò di certo io a costringerti a farti dare un passaggio gratis. Non ho tempo da perdere. Buon ritorno a casa, Mills.»

Se ne va.

Lo seguo distrattamente con lo sguardo finché non sale sulla sua macchina.

Ed ecco che un tuono improvviso squarcia il cielo scuro e una pioggia imminente annuncia il cambio repentino di temperatura.

Non voglio darla vinta a quella giraffa, per questo provo a chiamare un taxi, ma quando il conducente mi avverte che a causa del maltempo non riesce a raggiungere la zona in cui mi trovo, la convinzione abbandona il mio corpo.

È fatto apposta, lo so.

Il destino vuole prendermi in giro.

Provo per almeno dieci minuti buoni a rintracciare qualche taxista, ma quando la situazione non migliore e il vento gelido inizia a colpirmi il viso, mi arrendo.

𝐕𝐢𝐜𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora