Capitolo 2.

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Quando arrivo a casa e mi guardo allo specchio, capisco che il riferimento sulle mie occhiaie da parte di Miles Alexander Mallard, alias il mio capo, alias lo stronzo, non era totalmente infondato e privo di senso.

Ho veramente due occhiaie profonde, che mi fanno apparire come una zombie.

I miei occhi marroni – che qualcuno definirebbe color nutella per farli sembrare meno anonimi e poco interessanti – sono accigliati a causa del nervosismo e del sonno, così decido che è meglio buttarmi sul letto e immergermi sotto le coperte, per dare un tocco di luce a questa giornata pessima.

Sto volando sopra un unicorno con Zac Efron alle mie spalle che mi cinge i fianchi con aria innamorata, quando sento un tocco leggero e delicato scuotermi per la spalla.

«Mamma, svegliati!»

Apro gli occhi a fatica, trovando davanti a me una bambina dalle treccine scure e due occhi grandi e verdi, con un sorriso sdentato e l'aria da furbetta.

Sorrido all'istante, attirando la piccola peste sopra di me con uno scatto.

«Ecco la mia focaccina!» esclamo euforica, solleticandole la pancia sopra il tessuto della maglietta rosa.

«Mamma, basta!» ride all'impazzata.

«Non la smetto finché non mi darai un bel bacio.» la avverto.

Mia figlia continua a ridere, poi mi schiocca un bacio dolce sulla guancia e decido di lasciarla andare.

Insieme raggiungiamo la cucina, dove le mie due mamme, Ivory e Vega Mills, sono troppo occupate a scambiarsi baci appassionati per prestare attenzione a noi.

«Mackenzie, che ne dici di approfittare della distrazione delle nonne per prendere una merendina?»

Mia figlia sorride. «Voglio quella al cioccolato!»

«Ecco le nostre due festaiole...» mamma Ivory si stacca dalla sua amata per rivolgermi uno sguardo affettuoso. «Tua figlia è così furba da non averti detto che ha già fatto merenda, immagino.»

Guardo Mackenzie.
Lei guarda me.

Fa un'espressione da cucciolo abbandonato, solo per farmi tenerezza. Lei, però, non sa che non ha bisogno di usare certi trucchetti per convincermi.
Mi basta guardare i suoi bellissimi occhi verdi, dannatamente simili a quelli di suo padre.

«Ehi, focaccina... lo sai che alla mamma devi dire sempre tutto, vero?»

La piccola annuisce. «Sì, mammina. Però ho ancora fame e la nonna non vuole farmi mangiare.»

Trattengo una risata, solo perché la diretta interessata mi sta fulminando con lo sguardo e non voglio farla arrabbiare.

«Siete una la copia dell'altra. Non c'è niente da fare.» sospira Ivory.

Lei e Vega formano una coppia da ormai diciannove anni. Sì sono conosciute al liceo e non si sono mai più separate. All'inizio non è stato facile per loro vivere in piena libertà il loro amore, soprattutto a causa delle loro famiglie, entrambe troppo antiche e fanatiche di una religione che usa la scusa del peccato per non lasciare libere persone di amarsi come vogliono, per accettare senza alcuna obiezione la loro relazione.

Ivory mi ha tenuta in grembo per nove mesi e mi ha messa al mondo.
Vega le è stata accanto in ogni momento e io non potrei desiderare due genitrici migliori.

Mi sono sempre state accanto, sia nei momenti belli, sia in quelli più difficili.
A partire dalla mia prima delusione d'amore alle medie, alla nascita di mia figlia quando avevo appena diciassette anni.

«Oh, ecco il nuovo vicino.» mamma Vega, occupata a ficcare il naso fuori dalla finestra, richiama la nostra attenzione, invitandoci a raggiungerla per assistere anche noi all'arrivo del tanto atteso nuovo vicino.

Svogliata e per niente interessata raggiungo il vetro, lucidato alla perfezione.
Mamma mi circonda le spalle con un braccio e Mackenzie si mette in ginocchio sul davanzale per spiare fuori.

Sono già pronta ad assistere al solito signore di mezza età con un gatto peloso e l'aria da portinaio, ma rimango totalmente perplessa, confusa e senza parole, nel momento in cui i miei occhi incontrano la figura altissima e slanciata di...

Non ci credo!

Miles Alexander Mallard.

Sto forse avendo un incubo?

«È carino.» ammette Ivory.

«Sembra una giraffa scappata dallo zoo.» esclamo io con aria infastidita.

«Ops» sento dire a Vega. «Si è appena accorto che lo stiamo spiando.»

Cosa?

Quando torno a guardare mr modestia, mi accorgo che ha lo sguardo puntato verso questa direzione e dal sorrisetto antipatico che ha sul viso, capisco che mia madre ha ragione.

Come se non bastasse, il biondino saluta il guidatore del taxi dal quale è sceso poco fa e si dirige proprio verso il nostro vialetto, quello di fronte al suo.

D'istinto mi nascondo sotto la finestra, scatenando la curiosità delle donne presente in casa.

«Io non sono mai stata qui!» esclamo, strisciando fino al divano per potermi nascondere.

Nessuna fa in tempo a dire qualcosa, perché delle nocche bussano alla porta e io sento il nervosismo mangiarmi lo stomaco.

Dannato Mallard!

𝐕𝐢𝐜𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora