Capitolo 23.

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«Sette anni?»

Quella sensazione...

L'angoscia mi assale, anche se ancora non so cosa vuole dirmi.

Mackenzie ha sette anni.

«Una notte, stavo tornando a casa da una festa, non ero ubriaco, non avevo toccato alcol perché sapevo che avrei dovuto guidare. Ma ero stanco, non dormivo da almeno due giorni a causa dello studio... e quella festa con gli amici mi aveva tolto tutte le energie. Era buio e io... come ho già detto... ero stanco.»

Prende un lungo respiro.

Io sto tremando.
Perché infondo... una parte di me ha già capito.

«Ho chiuso gli occhi per un istante, Stella, te lo giuro. Ma quell'istante, quella stanchezza, aver sbagliato a svoltare... mi è costato tantissimo.»

«James...» ho gli occhi lucidi.

«Una macchina, alla guida una ragazza a e al lato del passeggero un ragazzo, una coppia. Erano più giovani di me, erano spensierati, e io... ho rovinato la loro vita.»

«James... no.»

Le lacrime mi rigano il volto.
Mi manca l'aria.

«Ero io, Stella. Ero io in quella fottuta macchina, quella che ha ucciso quel ragazzo... quella che ha rovinato la vita di quella ragazza per sempre. La tua vita.»

«Non può essere vero... no.» singhiozzo.

Zachary è morto una notte, in seguito ad un incidente stradale.
Io ero alla guida, avevo preso la patente da poco e lui si era fidato di lasciarmi guidare.
Ma era notte fonda, la luce dei lampioni forse non era abbastanza.
Io in quel periodo ero stanca e soffrivo a causa della nausea, ma al tempo ancora non sapevo, non sapevamo.
Nessuno dei due sapeva che aspettavamo nostra figlia.

È successo tutto all'improvviso; uno scontro.
Ci siamo ribaltati. Zachary in qualche modo si è proteso con il suo corpo per proteggermi, come se sapesse... come se la mia vita fosse più importante della sua.

Mi sono svegliata dopo cinque giorni.

Mi sono svegliata, e lui non c'era.

La sua mano non stava stringendo la mia.
I suoi occhi verdi e grandi non stavano piangendo nel vedermi finalmente sveglia.
Il suo sorriso non stava illuminando la stanza spoglia dell'ospedale.
Il suo profumo non stava riempendo le mura.
Lui non c'era.

Zachary è morto sul colpo.

Io sono sopravvissuta.

Ho scoperto di essere incinta.
L'ho saputo dalla dottoressa che mi aveva visitata in quel momento, l'ho saputo davanti alle mie madri, ma non insieme a lui.

Il mondo mi crolla addosso, di nuovo.

Un dolore al petto mi costringe ad aprire la portiera di scatto e uscire da quel mezzo infernale.

«Stella, aspetta!»

«Vattene!»

Corro verso il mio cancello, ma lui mi segue.

Cerca di afferrarmi il polso, ma mi scanso.

«Ti prego, non odiarmi...»

«Mi sono sentita in colpa per anni, James! Per anni non ho più guidato un auto! Per anni ho vissuto con la consapevolezza di aver causato la morte del padre di mia figlia.»

«Non è stata colpa tua, sono stato io! Ho sbagliato, per anni non ho più guidato, Stella, mi avevano ritirato la patente, sono stato mandato via dai miei genitori per sfuggire allo sguardo della gente! Mi dispiace, non immagini nemmeno quanto. Non ero sicuro fossi tu finché non ho vista la vostra foto a casa tua.»

𝐕𝐢𝐜𝐢𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora