𝐗𝐗𝐗𝐈

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art credits: @Dal_li_0130 / 𝒕𝒘𝒊𝒕𝒕𝒆𝒓


Kori's pov

Per l'ennesima volta, mi risvegliai in quella stanza cupa e fredda, distesa su quel solito materasso scomodo e sporco a contemplare il soffitto per cercare - quanto meno - di capire da quanto tempo io sia rinchiusa qui dentro, ad attendere un qualcosa momentaneamente incerto.

È come se fossi sempre stata qui, per quanto lento scorresse il tempo: inesorabilmente, la vita mi ha tolto quel poco di bello che potessi ricevere per darmi la più brutta delle sorti, arrivata più rapidamente di un soffio di vento.

Ricordo come se fosse ieri il giorno in cui sono stata portata e rinchiusa qui con la forza.

[FLASHBACK]

Quando aprii gli occhi, come prime sensazioni sentii un fastidio alle braccia e alle caviglie, ma anche al ventre, come se queste fossero tirati contro qualcosa.

Dunque, non ci misi molto a capire che mi trovassi stata legata saldamente a una sedia.

"Dove diavolo mi...?"

Pensai tra me e me, sollevando lo sguardo e ritrovandomi di fronte due uomini, messi ciascun in un lato.

Entrambi gli uomini indossavano entrambi un completo elegante nero e degli occhiali da sole, nonostante la stanza non fosse illuminata dal Sole.

Lì ricordai subito: ero stata portata via da quei uomini con violenza, senza il benché minimo senso.
Apparentemente.

«Boss, si è svegliata.»

Sentii dire a uno di loro, che voltò il capo verso la sua sinistra.

«Che cazzo volete da me? Perché mi avete-?»

Cercai di ribellarmi, provando a dimenarmi il più possibile, seppur mi facessi più male che altro; soprattutto allo stomaco, dove sentivo un dolore fastidiosissimo, dovuto alla salda stretta della corda.

«Oh bene, finalmente è sveglia...»

Sentendo quella voce, mi fece venire i brividi lungo tutta la schiena: spalancai gli occhi e cercai di liberarmi.

Fui attanagliata dalla paura: una paura tale non l'avevo più provata se non durante l'infanzia, se non quel maledettissimo giorno, dove macchiai le mie mani di sangue.

Non saprei descrivere la paura che provai in quel momento, ma ricordo lo sforzo che dovetti fare per non piangere o urlare istericamente, per quanto meno non aggravare la situazione in cui ero.

"No, non può veramente essere..."

L'uomo sulla cinquantina d'anni superata, dai capelli corvini brizzolati dall'età e dalla corporatura robusta, si prestò davanti a me con alla bocca un sigaro.

I nostri occhi, così simili ma al contempo così opposti, si incrociarono: potei leggere nel suo sguardo - compiaciuto e soddisfatto - chi realmente fosse.

Quel mostro che vi ho presentato era realmente mio padre.

«Non c'è dubbio, riconoscerei questo sguardo ovunque...»

Si chinò di fronte a me, sbuffandomi del fumo di sigaro negli occhi, che rendeva ancor più difficile trattenere le lacrime, nel mentre continuava a parlarmi con tono apparentemente sereno.

«La mia unica figlia femmina, la mia Kori... sei così uguale alla donna che tempo fa mi fece perdere del tutto la testa.»

Fece un sorriso criptico, che mi fece venire i brividi lungo la schiena; successivamente, nascose con un'espressione fredda e gelida.

𝐏𝐨𝐢𝐬𝐨𝐧 - 𝐒𝐚𝐧𝐳𝐮 𝐇𝐚𝐫𝐮𝐜𝐡𝐢𝐲𝐨 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora