Capitolo 16

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George era un ragazzo alto poco meno di Alby, i capelli erano neri ma non quanto quelli di William, gli occhi azzurri e la faccia arrossata e rotonda.
<<Liz, questo è il nuovo fagiolino. Portalo da Clint>>.
Mentre Alby si allontanava, io mi girai verso il ragazzo.
<<Ciao George, io sono Elisabeth!>> gli strinsi la mano e gli feci segno di aiutarmi ad alzarmi.
Sentivo ancora le gambe deboli per questo mi appoggiai sul fagiolino tremolante e gli indicai la strada per l'infermeria. Non dovevo pesare poco, perché sentivo i suoi muscoli tendersi per lo sforzo di sorreggermi. Feci la cosa che mi veniva più naturale: parlare.
<<Ricordo il primo giorno nella radura come se fosse ieri.
Avevo una paura che non puoi neanche immaginare...o forse si. La cosa peggiore? Ero certa che nessuno potesse capirmi.>>
Presi un respiro e mi fermai.<<Ma mi sbagliavo. Tutti abbiamo provato le stesse cose. Ogni ragazzo in questo posto può capirti, anche se non lo dà a vedere...tutti vogliono sembrare dei duri.>>
Lo guardai negli occhi e gli diedi un colpo sulla spalla per incitarlo ad andare avanti.

Aprii la porta dell'infermeria e vidi Jeff e Clint sdraiati sui letti a parlare.
<<Ehi fannulloni, c'è un pacco per Clint! È il fagiolino, anche se potrei sembrare io il pacco, dato che è lui a portare me.>>
Feci una risatina mentre i due si alzavano in fetta. Clint si avvicinò al fagiolino.
<<Io sono Clint, vieni ti faccio fare un giro!>>
Il medicale aveva acquisito molta più sicurezza. Non gli tremavano le mani e la voce era decisa.
Rimanemmo io e Jeff, che nel frattempo era rimasto fermo a fissare la scena.
L'arrivo di George mi aveva fatto ricordare il primo giorno qui, tutti i piccoli momenti, e tra questi mi venne in mente Roman.
Mi avvicinai all'intendente sedendomi sul letto di fronte al suo. Stavo per fargli una domanda che non avrebbe apprezzato, perciò infusi tutta la gentilezza e l'innocenza che possedevo nella mia voce.
<<Che tipo era Roman?>>
Era evidentemente che Jeff fosse sorpreso da quella domanda, ed era ancora più evidente che non volesse rispondermi, ma dopo qualche tentennamento parlò.
<<Perché lo vuoi sapere?>>.
Certo, non potevo mica sperare in una semplice risposta, no? Doveva sempre essere difficile.
<<Beh, vedi...mi sono occupata di lui per un bel po'.>>
<<Pensi di dover sapere tutto riguardo a quelli di cui ti occupi?>> Sbottò alzandosi.
Era un suo amico, lo sapevo, ma non poteva certo prendersela con me!
<<Jeff, ti capisco. So che ti senti in colpa per Roman, ma devi superarla. Non puoi passare la vita così! Io credo->> mi interruppe con una furia di cui non lo credevo capace.
<<Tu non sai niente!! Non puoi capire cosa si prova ad avere una persona sulla coscienza!!! Lui è uscito per colpa mia, e ora non c'è più. Dimmi, qualcuno è mai morto solo perché ti eri distratta? Ne dubito, perciò non dire che mi capisci!!>>
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il medicale uscì dall'infermeria sbattendo la porta e io rimasi sola.
Perché ogni volta che facevo una domanda, tutti mi ignoravano, mi insultavano o se la prendevano?
In lontananza sentii la campana di Frypan e combattei contro me stessa per mettermi in piedi e camminare fino alle cucine.

Ero appoggiata ad un albero lontano da tutto; dalle cucine, dai radurai, dalle Faccemorte, dalle cucine.
Non volevo stare con nessuno. Dopo la "chiacchierata" con Jeff, sentivo un vuoto dentro di me che si ingigantiva, schiacciando tutto ciò che incontrava. Perché rovinavo sempre tutto? Perché facevo soffrire Jeff inutilmente?
Avevo appoggiato il mio vassoio col cibo alla mia destra, ma poco dopo lo diedi a Bau.
Quel giorno era maledettamente malinconico e sentivo l'angoscia salire.
La morte di Roman, la morte di Fred...l'orribile morte di Fred. Diamine, perché riuscivo a pensare solo alla morte? Stava diventando un argomento fin troppo ricorrente nei dibattiti della mia mente e nei miei sogni. Le sue mani e il suo volto coperti di sangue, le sue urla...tutto ciò mi perseguitava.
Passai le dita sulla ferita che avevo in fronte. Era ancora gonfia e molto probabilmente ci avrebbe messo qualche giorno a cicatrizzarsi.
Le luci dell'infermeria si stavano spegnendo, i radurai stavano entrando nel Casolare e qualcuno usciva con il sacco a pelo sotto braccio, per dormire all'aperto.
Tutto nella norma, se non per la cucina...
Di solito a quell'ora rimaneva solo Frypan a pulire i piatti e i tavoli; quella sera c'erano altri 6 o 7 ragazzi.
Per quanto ero rimasta seduta nella stessa posizione? Mi alzai e sentii la spina dorsale scricchiolare. Presi il vassoio e mi incamminai verso il gruppetto.
Man mano che mi avvicinavo mettevo a fuoco le facce dei ragazzi; erano gli Intendenti. Stavano seduti ad un tavolo con dei barattoli in mano...non sembravano in vena di scherzare.
<<Pivella, tu non dovresti essere a letto?>>
Alby lo disse senza neppure voltarsi.
<<Si...stavo andando. Cosa succede?>>
<<Ci assicuriamo un meritato riposo, madame!>>
Disse Minho alzando il barattolo. Lo riconobbi subito: la bevanda di Gally.
<<Bene. Mi unisco a voi.>>
Newt si alzò e si avvicinò per bloccarmi.
<<Mi dispiace principessa, ma è riservato agli Intendenti>>
C'era qualcosa di strano. Erano tutti troppo rilassati.
Appoggiò la sua fronte alla mia e posò lo sguardo sul mio petto. Quando notai cosa stesse guardando non mi sorpresi.
Non mi ero ancora cambiata e la canottiera, che essendo di una taglia più grande, era leggermente scollata.
<<Okay, direi che non siete in forma stasera.>>
<<Non capisco cosa intendi...>> disse Newt con lo sguardo fisso.
Gli appoggiai le mani sul petto e lo allontanai, andandomene subito dopo. Quella giornata era stata a dir poco particolare, e non in modo positivo.

Entrata in camera di Minho mi buttai sul letto. Le coperte ruvide e il cuscino piatto (quasi inesistente) mi erano mancati.
Quella sera non faceva freddo, ma avevo ceduto al mettermi sotto le coperte e godermi ogni istante di quella nottata.
Sentivo le cicale frinire e gli uccellini cinguettare debolmente. La finestra aperta faceva entrare il debole vento e finalmente, dopo tanto tempo potevo riposare. Tutto tornava alla normalità.

<<Continuo a pensare che sia una pessima idea!>>
<<E io continuo a pensare che tu sia noiosa.>>
<<Come dici? Sono noiosa? Okay, sfida accettata.>>
Mi trovavo in una grande stanza. Ero seduta su una grande superficie dura e davanti a me quattro ragazzi erano spiaccicati ad un vetro.
Mi alzai, dirigendomi verso il ragazzo che aveva parlato poco prima.
Lo afferrai per il polso e lo trascinai verso la fine del vetro.
<<Tirami su, avanti.>>
Così fece. Il ragazzo (che aveva più o meno 13 anni) mi circondò la vita con le braccia sottili e mi alzò.
Afferrai una grata sul soffitto che molto probabilmente portava ad un condotto dell'aria, e la buttai a terra; entrata nel condotto feci segno al ragazzo di seguirmi.
Era un tubo stretto e straboccante di polvere...e chissà quali malattie. "Cavolo, mi sento una spia! Ti faccio notare però che farmi strisciare tra il freddo e gli insetti non ti farà avere un pass per la categoria "meno noiosa". Stavo prendendo in considerazione l'idea di allungare la gamba all'indietro e mollargli un calcio in faccia. Dopo qualche svolta arrivai ad un'uscita bloccata da una grata più grande, che feci più fatica a togliere.
Mi appiattii contro la parete fredda del condotto per fare spazio al ragazzo, che avanzò per venirmi a fianco. Ci affacciammo, con la luce della stanza sottostante che ci illuminava il volto. Riuscii a vedere i suoi occhi spalancarsi, così come la sua bocca. Stavamo osservando una coppia in procinto di...amoreggiare...ecco.
<<Ti sembro ancora noiosa?>> Sussurrai.

C.A.T.T.I.V.O. non è buonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora