Capitolo 21

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Stavo li davanti a quella grande porta metallica con una grande scatola tra le braccia.
<<Sei pronta piccola Betty?>>
<<Non chiamarmi così>> sputacchiai. Perché si ostinavano a darmi soprannomi orrendi? Era già piuttosto imbarazzante essere definita "piccola", figuriamoci poi se si aggiungeva un nomignolo del genere (che ho sempre pensato essere più adatto ad una mucca).
Avevo circa 4 anni. "Non per questo devo essere chiamata piccola!" pensavo sempre.
Sentivo i capelli raccolti in due tanto lunghe quanto spettinate trecce.
Affianco a me c'era un enorme uomo in tuta verde, che aprì la porta con una carta magnetica.
Dietro la porta, una fortissima luce rivelò l'enorme stanza con quattro file da cinque letti a castello ciascuna.
Il mio corpo si era paralizzato, mentre gli occhi e la mente esploravano quel nuovo luogo, sconosciuto e in qualche modo sconcertante. L'uomo mi spinse cautamente all'interno, come se non volesse spaventarmi ma allo stesso tempo  volesse fare in fretta.
Rimase sull'uscio.
<<Con te siete 20, ma tra poco sarete molti di più>>
Mi sfregò le spalle e se ne andò, lasciandomi sotto gli sguardi inquisitori degli altri bambini.
Anche loro dovevano essere sui 4 anni, al massimo 6. Ero sempre stata aperta a nuove conoscenze, e non mi facevo problemi a parlare con gli sconosciuti, ma in quel momento volevo solo correre a nascondermi da qualche parte (forse sotto un letto...) e non farmi più vedere.

Si avvicinò un bambino asiatico, seguito da altri due e li guardai spaventata. Non sembravano cattivi, bensì curiosi, il ché fece sorgere in me una domanda:
"Perché mi guardano così? Non hanno mai visto una bambina?"

Il pensiero pareva alquanto ridicolo, ma quando guardai i bambini rimasti in disparte, dovetti ricredermi.
Erano tutti maschi.
<<Perché siete tutti maschi?>>
<<Beh...non tutti, ci sei tu adesso!>>
"Non hai comunque risposto alla mia domanda...", pensai scocciata, ma prima che potessi esprimermi a parole l'asiatico prese la mia scatola guidandomi fino a due letti a castello al fondo della stanza, uno dei quali attaccati al muro.
<<Spostati coso!>>
Il ragazzino che stava comodamente seduto sul letto inferiore della struttura lontana dal muro se ne andò di corsa, prendendo le sue cose dalla cassetta attaccata al bordo del letto.
La scatola, che in realtà conteneva ben poco, fu svuotata nella cassetta.
Doveva essere il bullo/leader della stanza, perché il bimbo sfrattato aveva ubbidito senza pensarci due volte.
<<Piacere sono...>>

Mi svegliai con le urla di Gally in sottofondo. Alzandomi cautamente per non svegliare Newt iniziai a stiracchiarmi.
Arrossii a pensare che ci fossimo addormentati in quella posizione, ma Gally urlava ancora e distruggeva il momento romantico.
Qualcuno gli aveva messo un fazzoletto in bocca (piuttosto inutile), e il ragazzo strabuzzava gli occhi sudando.
Presi l'anestetico che il giorno prima Jeff aveva preparato.
Velocemente presi la siringa e la affondai nel collo dell'Intendente, che smise immediatamente di urlare.
Come avevo già fatto con Roman gli pulii i tagli attorno la bocca e controllai le vecchie ferite, e quando capii che tutto andava bene, mi sedetti sulla sedia davanti al letto di Gally.
Non mi ero mai resa conto di quanto fosse bello il silenzio...
Controllando l'orologio vidi che mancava poco alla colazione, perciò qualcuno mi avrebbe presto dato il cambio, per poter andare a mangiare e farmi una doccia.
Sentii un grugnito colmo di stanchezza, e poco dopo il biondino aprì gli occhi.
Girò a fatica la testa, e poi tutto il corpo iniziò a muoversi a rallentatore fino ad alzarsi completamente. Mi fece un cenno con la mano, evidentemente non abbastanza sveglio da parlare, e si diresse verso la porta per andare a lavorare. "Con quale forza di volontà va a lavorare, quando a malapena riesce ad evitare che la sua testa ciondoli?"
<<Elisabeth...>>
Feci un salto per lo spavento girandomi di scatto verso Gally.
Mi avvicinai con un bicchiere d'acqua che lui rifiutò. Cercò di sedersi, bloccato dalle corde che gli legavano i polsi ai piedi del letto.
Mi guardò con sguardo di rimprovero ed io mi limitai a fare spallucce. Non avevo intenzione di liberarlo.
<<Eddai Elisabeth..>>
<<Te lo scordi>>
<<Ti prego.>> ringhiò a denti stretti. Non sembrava affatto contento.
<<Ciao Gally!>>
Presa dal panico, non sapendo cosa fare, uscii di corsa lasciandolo alle sue urla di frustrazione.
Per fortuna Clint era pronto a darmi il cambio.
Corsi verso la cucina e un cuoco disse che Alby aveva convocato un'Adunanza, però aveva lasciato il menù a disposizione dei cuochi.
Ogni mattina mi sedevo insieme a qualche amico con cui parlare, eccetto quel giorno. Non c'era nessuno che conoscessi.
A quanto pare erano impegnati con la torre; si trovavano a buon punto con le scale e il tronco centrale, tuttavia mancava ancora la terrazza.
William mi salutò con la mano e ricambiai, sentendomi in colpa a mangiare davanti a uno che lavorava come un mulo, ma non ci pensai troppo...altri 20 ragazzi stavano facendo esattamente come me!
Mi immersi nel mio pasto pensando a cosa fare subito dopo.
Secondo Clint avrei avuto il giorno libero, il ché capitava di rado.
Il problema della Radura era che tutti avevano sempre qualcosa da fare; il primo giorno Alby aveva detto: "non c'è spazio per i fannulloni", perciò mi sarei goduta quelle ore di svago e tranquillità, divertendomi e rimanendo in santa pace per dedicare del tempo a me stessa...

Scoprii che dedicare tempo a se stessi era un'attività che richiedeva troppa pazienza, di cui ero sprovvista.
Non sapevo cosa fare!
Passai qualche minuto a girovagare senza meta seguita da Bau; salutammo William, Wiston, Gally e Clint, ma alla fine ci ritrovammo punto a capo.
Mi rassegnai, buttandomi per terra a pochi metri dal labirinto.
Giocavo con qualche filo d'erba e osservavo i grandi muri di pietra.

Minho doveva avere un bel coraggio ad entrare là dentro e restarci un giorno intero. Io mi sarei cagata sotto al primo passo, inoltre ODIO correre.
Credo che mi mangerei un piatto enorme di broccoli e purè di patate, a costo di vomitare, pur di non correre.

Sentivo le urla dei dolenti (che solo in quel momento ricollegai alle agghiaccianti urla sentite la sera prima) e il vento freddo. Fui tentata di mettere piede sul piccolo spiazzo di pietra che stava appena fuori dal labirinto, ma una voce che urlava il mio nome attirò la mia attenzione.
Mi girai verso l'infermeria e vidi Clint farmi gesto di raggiungerlo. Iniziai a camminare svogliata, ma quando il medicale si fece più insistente, iniziai a correre...già...a CORRERE.

Entrata in infermeria vidi Gally disteso a pancia in giù con una grande e ripugnante ferita sulla schiena.
Il rosso del sangue e il giallognolo del pus, mischiati all'odore nauseabondo, mi fecero pentire presto di aver pranzato.
Guardai Clint che aveva iniziato a sudare e decisi di agire.
Dopo essermi avvolta un panno attorno alla bocca e aver aperto le finestre, presi a pulire la ferita con dell'acqua e del disinfettante.
Clint teneva fermo Gally, che aveva iniziato a dimenarsi dal dolore.
Quando ebbi finito, dalla ferita iniziò a uscire sangue che fermai con delle garze; dovevo assolutamente cucire la ferita e fermare l'emorragia.
Fortunatamente c'erano garze come se piovessero. Le presi tutte e le compressi sulla ferita.
Avevamo chiamato altri ragazzi per tenere Gally, e il medicale mi aveva aiutata a tenere salda la presa.

<<Non riesco a mettere i punti se si agita!>>

Urlai sperando che succedesse qualcosa facesse stare fermo Gally.
Con mia sorpresa Clint che prese uno dei vassoi metallici che usavamo per gli strumenti, e lo sbattè con forza sulla testa di Gally.

<<E bravo Clint! Certo, non era quello che avevo in mente, ma di certo è stato efficace.>>
Guardai velocemente se la botta del medicale non avesse portato ulteriori ferite al povero costruttore (il quale sarebbe stato un grosso problema) ma non era così.
Cucii la ferita e la coprii con un grande cerotto bianco.
<<Okay ragazzi, bel lavoro. Ora andate a mangiare, dovreste essere in tempo>>
Prima che controllassi l'ora, uno dei ragazzi mi interruppe: <<In realtà i cuochi hanno servito la cena più di un'ora fa... speriamo ci abbiano lasciato qualcosa>>

Non mi ero resa conto di quanto tempo ci avessi messo a sistemare Gally.

Jeff (che doveva ancora chiedermi scusa per la sfuriata di qualche giorno prima, anche se in parte era colpa mia) non era ancora tornato dall'adunanza.

Tornò mentre pulivo gli strumenti in una grande bacinella d'acqua. Mancava qualche ago e poi gli avrei messi ammollo nell'acqua e bicarbonato.
Aprì la porta stremato e si accasciò a terra.
Scattai verso di lui e gli misi le dita sul collo per controllare il battito.
Con mio stupore (intendo che mi fece venire un infarto), scostò la mia mano e si mise seduto, appoggiandosi al muro.

<<Che diavolo fai, pivella?!>>
<<Scusa capo, sai, quando un pive casca per terra davanti ai tuoi occhi non pensi sia una cosa normale!>>

Rise e si strofinò gli occhi.
<<Già scusa... l'Adunanza sembrava non finire più...>>
Mi sedetti a gambe incrociate davanti a lui e iniziai a fare domande.
<<Di cosa avete parlato?>>
<<Di lui>> disse indicando Gally <<È entrato nel labirinto ed è giusto che venga punito>>
<<E allora perché ci avete messo tanto?>>
<<Perché non tutti erano d'accordo, c'è chi diceva che doveva solo riposare, chi diceva che era colpa dello stress, chi invece voleva che venisse punito, eccetera..>>
<<Che stress>> mi slegai i capelli e li feci ricadere sulle spalle.

<<Tu non avevi gli occhiali?>>
<<Si...è che...ehm..sto meglio senza..>>
"Sono una pessima bugiarda", mi rimproverai. Jeff doveva pensare lo stesso, perché mi fissò fino a quando non crollai.
<<E va bene! Ad essere onesta, non ho idea di dove siano finiti!>>

Mi squadrò per un attimo, poi un sorrisino divertito spuntò sul suo viso, come a prendermi in giro.
Scoppiammo a ridere, dimenticandoci di tutto il resto.
Niente poteva rovinare la serata, tranne la porta aperta dell'infermeria...

C.A.T.T.I.V.O. non è buonaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora