CHAPTER 28.

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-Forse...-
Sussurro guardando attentamente la taglia e cuci sotto le mie mani.
-Ho solo finito la bobina...-
Azzardo a pensare.
Abbasso lo sguardo, tra il meccanismo confuso della macchina da cucire, noto la spolina priva di cotone.
-Infatti.-
Mormoro ancora tra me e me.
Allungo le dita in direzione del cassettino in ferro dello strumento, poi il rumore del campanello mi fa sussultare.
Guardo il mio orologio dal polso, manca un quarto d'ora alle 19:00 di sera.
Ancora innervosita per il malfunzionamento della mia macchina da cucire, mi alzo dalla seggiola girevole in plastica, asciugo le mie mani con uno straccio, con mia sorpresa l'olio del motore dell' aggeggio, si rimuove quasi del tutto.
Mi fermo a pochi passi dal portone: so già che dietro di esso, il mio ex marito tiene in braccio i nostri bambini, in attesa di essere accolto in casa.
Sospiro nervosamente, getto lo straccio leggermente unto per terra, abbasso la maniglia allungata per poi rivelare il piccolo Aidan che come un fulmine, piomba in casa.
-Mamy!-
Il bambino sorridente, mi saluta balzando verso di me.
-Amore...-
Sussurro, accogliendo il bimbo tra le mie braccia.
E poi noto delle scarpe eleganti,
Le punte sono lucide, totalmente nere e senza neppure un graffio.
Jungkook non indossa scarpe formali, o per lo meno quando le indossa esse sono leggermente graffiate, per i suoi movimenti improvvisi.
Alzo lo sguardo verso il collo dell' individuo, sul suo corpo appaiono un paio di jeans neri a palazzo, una t-shirt nera dallo scollo tondo e infine arrivo al suo viso.
Al suo volto sconosciuto, mi correggo.
I capelli sono castani, una pettinatura a spazzola, gli occhi asiatici mi scrutano attentamente , prima di abbassare la testa sul mio secondogenito.
-Signorina Jeon-
L'uomo si inchina, vedo il suo collo grossolano contrarre i muscoli.
Ricambio il saluto, poi il ragazzo prende parola.
-Come ordine dal signor Jeon, le ho riportato i piccoli per il termine del Weekend-
Si-Woo scende lentamente dalle braccia del maggiore, poi zampetta verso di me con aria assonnata.
Jungkook ha davvero mandato qualcuno che porti i suoi figli a casa loro al posto suo?
Scuoto la testa incredula.
-Perché non si è presentato quell' idiota del mio ex marito?-
Sputo acida.
L'uomo guarda il soffitto, come per nascondere una bugia che ricopre le sue colpe.
-Era indaffarato con il lavoro. Parole del signor Jeon, signorina.-
Il tono distratto dello scagnozzo mi fa pensare che effettivamente lui sappia qualcosa, ma vuole nasconderlo.
E va bene così, non voglio spingere su questo argomento.
Junggok fa parte del passato, ormai.
-Grazie per il favore, le auguro di passare una buona serata-
Il castano sorride, si inchina formalmente.
-Altrettanto signorina Jeon-
L'uomo fa per girarsi , ma capto nuovamente la sua attenzione, con un mugolio.
-Potrebbe farmi una cortesia?-
Domando, cordialmente.
L'individuo incrocia le mani all'altezza del bacino, con un cenno del capo acconsente.
-Potrebbe riferire al signor Jeon che al mio processo non lo vorrò accanto?-
Cala il silenzio nell' aria, persino i bimbi alle mie spalle hanno smesso di litigare per l'unico posto libero della scarpiera all'entrata.
-Senza ombra di dubbio.-
Fisso il viso del più alto girarsi dalla parte opposta, lo resto a guardare: le spalle possenti del giovane, si muovono ad ogni movimento delle braccia, mentre si allontana dal portone della villa.
Chiudo quest'ultimo, corrugo le sopracciglia in un' espressione furiosa: esiste un' uomo con così poche palle?
Sì.
Il suo nome è Jeon Junggok.
-Vi siete divertiti?-
Prendo le manine dei miei bimbi mentre li accompagno nel soggiorno.
-Questa mattina la signora Yie, è stata così gentile da portarci una torta direttamente dalla sua pasticceria-
Avviso i miei bimbi, ricordando il viso ovale della mia cara amica.
-Ne volete una fetta?-
I piccoli annuiscono freneticamente, con un gesto della mano li invito a lavarsi le mani prima di mangiare, guardo le piccole creature sparire nel buio del corridoio mentre percorrono la strada per arrivare alla sala da bagno.
Con lo sguardo perso nel vuoto, tiro sopra il coperchio dell' alzata della torta alle nocciole,
per poi guardare ipnotizzata le scaglie di nocciola che affondano dentro la soffice glassa.
Non avrebbe partecipato lo stesso al mio processo, mi ha abbandonata nel bel mezzo delle mie sofferenze, nel bel mezzo del bisogno.
Rapisco due piattini da dessert dallo scaffale della stoviglieria, i passetti dei bimbi scalzi giungono fino alla cucina.
Mi volto in direzione dell'isola lucida, una testolina sbuca da sopra il marmo bianco, mi sporgo leggermente piegando il busto sopra la superficie, sorprendendo il mio secondo genito, nascosto dal mobile.
-Nano-
Lo canzono.
Il piccolo mugola infastidito, fa il giro dell' isoletta per poi attaccarsi affettuosamente alla mia gamba.
Intanto guardo suo fratello più grande, mentre afferro il coltello per tagliare il dolce in due fette; Aidan ha lo sguardo puntato oltre i piattini ancora vuoti, è molto concentrato.
-Che succede amore?-
Affondo la punta dell'arnese nella torta deliziosa, il bimbo in questione corre fino a far sfiorare il suo sguardo con il mio telefono che vibra imperterrito.
Il contatto di Junggok spicca sul display.
-Appa!-
Urla euforico il bambino.
-Non rispondere-
Dico fermamente, poggiando la lama sul marmo.
Tento di pulirmi i polpastrelli dalla glassa per togliere il telefono dalle mani del più piccolo, il quale non sembra dar peso alle mie raccomandazioni.
Senza troppi giri risponde alla chiamata, lo guardo seriamente.
-Jeon Aidan, impara ad ascoltarmi!-
Sgrido mio figlio.
Il bambino abbassa lo sguardo pentito, molla la presa lasciando toccare il retro del cellulare all'isola moderna, la chiamata è ancora attiva, resto a guardare i secondi della durata riguardo la conversazione che scorrono.
Dovrei avvicinare il telefono all'orecchio e star ad ascoltare ciò che Jungkook ha da dire?
Ormai la chiamata è stata attivata.
Il mio sguardo austero si schianta sulla figura di Aid, il bambino prende posto, accomodandosi sullo sgabello.
Prendo il cellulare in mano, fisso silenziosamente la chiamata.
-Junggok-
Le parole escono sole dalla mia bocca, che tappo immediatamente con l'altra mano spalancando gli occhi.
Stringo le palpebre, una sensazione di pentimento mi invade.
Avvicino la cassa del telefono all'orecchio.
-Riesci a sentirmi?-
La sua voce è accompagnata da un pizzico di malinconia.
-Sì.-
Puntualizzo.
La prima cazzata che dice, giuro che chiudo la chiamata.
-Cosa ti prende? Intendo, vuoi davvero rimanere sola al processo?-
Il nervoso prende il sopravvento di me, stringo la seta del pantalone tentando di calmare le acque dentro di me.
-Cosa mi prende? Sei serio?! Hai deciso di abbandonarmi e pensavi davvero che dopo aver deciso di tagliare i ponti con me, saresti potuto esser parte del processo?-
-Non ti ho abbandonata, d'accordo? Ho solo preso un po' le distanze-
Patetico. Patetico bugiardo.
Annuisco.
-Solo tu la pensi così, ma tutti sappiamo che si tratta di abbandono e non di un allontanamento.-
Puntualizzo, pienamente convinta di ciò che sto dicendo.
-Sei troppo esagerata, come sempre-
-Sono Italiana, è normale che io esageri-
Lo sento ridacchiare dall'altro capo del telefono, i miei occhi pizzicano a quel dolce suono.
-Le cose stanno così. Hai voluto allontanarmi? Ci sei riuscito.-
Il ragazzo ritorna serio in un baleno.
-Vuoi pensare lucidamente? Chi pensi che prenderà le tue difese quel giorno? Quel pezzo di merda del tuo ex avrà trovato sicuramente un buon avvocato-
-Ho molte persone dalla mia parte, per esempio Meji-Woo. È stata lei la prima a vedere i lividi suo mio corpo. Per non parlare dei tuoi fratelli: quante volte hanno visto il mio labbro spaccato o il sopracciglio tagliato?-
-Io ti ho salvato da quella situazione! È stato Jimin? È stato Taehyung? NamJoon? Affatto, sono stato io!-
-Come pensi che io possa volerti dopo ciò che mi hai fatto passare in dormitorio?-
Lui abbandona la conversazione per un nano momento, restando in silenzio.
-Non ho mai detto che non ti avrei accompagnata al processo. Ci sarò ad ogni costo, me lo sono promesso.-
-Sognatelo. Voglio qualcuno che mi difenda  perché ci tiene davvero, non perché ha fatto una promessa al suo orgoglio-
-Cristina, non è così, aish, perchè devi immaginarti cose?-
-Non sto immaginando un bel niente. Sto guardando in faccia la realtà.
Non voglio sentirti ancora. Se hai bisogno di parlare con i bambini, non esitare a chiamarmi.-
Abbandono il telefono sulla superficie culinaria, pigio il tasto d'aggancio senza pensarci due volte.
Ho chiuso ancora una volta la chiamata senza farlo finire di parlare, so quanto questa cosa gli dia fastidio, so quanto non sopporti questi miei vizi di cattivo gusto ne il mio comportamento eccentrico, ma come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio.

He can't touch you  [Sequel di 'Puzzle'] // Jeon JungkookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora