CAPITOLO TRENTADUE - Jess

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Finalmente sono riuscito a trovare uno spunto per il libro su Evan. Ho iniziato a scrivere del nostro primo incontro e l'ho categorizzando come nuova meraviglia. Quando avevo scritto il libro su me e Noah avevo scritto che lui era la mia meraviglia. Riflettendoci la mia meraviglia non è solo lui, ma anche Evan, a questo punto. Lui è stato e sempre sarà una parte importante della mia vita.

Ho deciso, però, che il libro non sarà incentrato su di lui come il mio libro su Noah. Sarò io il protagonista perché sono io che ho bisogno di guarire dalla sua morte. Ero piuttosto elettrizzato da questo inizio di libro che mi sono messo a scrivere anche nel pomeriggio quando in casa c'erano tutti e quattro i miei figli. Di solito non lo faccio perché ho bisogno di tranquillità per scrivere e loro non me la lasciano.

"Pa', possiamo parlarti?"

Ieri la pace è durata esattamente trentasei minuti. E' un passo avanti. In più la mia tranquillità non è stata rovinata dalle grida dei miei figli mentre litigano o giocano o chissà che altro. Erano semplicemente Peter e Roswell che volevano parlarmi. Sembravano seri e leggermente inquieti. Strano da parte loro.

"Certo. Sedetevi" ho detto togliendo gli occhiali e appoggiandoli sul tavolo vicino al mio computer.

"Io e Peter abbiamo pensato che, solo se tu vuoi, potremmo cercare di trovare i nostri genitori biologici. Ci piacerebbe poterli incontrare"

Roswell dicendo l'ultima frase ha guardato, con il sorriso sulle labbra, suo fratello e ha appoggiato la mano sulla sua spalla.

Io ed Evan abbiamo sempre messo in chiaro che ognuno dei nostri figli avrebbe potuto conoscere o almeno sapere l'identità dei loro genitori biologici. Ci è sempre sembrata la cosa più giusta da fare, anche se è difficile pensare che loro vogliano incontrare altri genitori perché siamo noi i loro genitori. E' un'emozione complessa quella che provo in questo momento. Sono triste perché è come se io non bastassi per loro, però sono contento che abbiano finalmente preso questa decisione. Li capisco, comunque. E' una cosa che, secondo me, mi tormenterebbe. Non sapere perché mi piace scrivere, perché ho i capelli scuri e ricci, perché non sono portato per la musica...

"Si può fare. Non è sempre detto che si possano rintracciare. Dipende dalla volontà dei vostri genitori biologici"

"Certo" ha detto Peter "Se si potesse, però, sarebbe fantastico"

"Farò del mio meglio" ho promesso loro.

Ed è per questo che ora mi trovo in ospedale per cercare il certificato della loro nascita, nella speranza che i loro genitori abbiano attestato di essere loro i genitori biologici.

L'infermiera dietro il bancone è parecchio gentile e mi sta aiutando moltissimo, nonostante abbia moltissime altre cose da sbrigare.

"Sa, non capita spesso che ci chiedano il certificato della nascita dei ragazzi. Di solito i ragazzi vengono senza il permesso dei genitori"

"Immagino. A questa età sono molto testardi" dico ridendo pensando ai miei figli che non si fermerebbero mai davanti ad un ostacolo.

"Ha ragione! Ho due figli. Una ha ventitré anni e l'altro venti. Ci sono passata. Quando mi ha detto che sono nati?"

"Ventisei maggio"

"Peter e...?"

"Roswell"

"Perfetto. Trovati. Stampo il loro certificato e sono da lei"

Spero vivamente che su quel pezzo di carta ci siano i nomi che sto cercando perché sennò diventerebbe tutto più difficile.

L'infermiera entra nel magazzino dietro il bancone lasciandomi lì ad aspettare con le mani in tasca e il cuore a mille.

MERAVIGLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora