Yoongi - Giovedì 28 aprile 2022
Carmen ha passato una notte agitata, si rigirava in continuazione, ha trovato un pò di pace quando l'ho abbracciata più forte, sussurrandole che va tutto bene. Mi fa male vederla così, a pezzi... Non è da lei. Pensandoci però mi rendo conto che di lei non so quasi nulla, mi chiedo perchè non mi ha parlato del suo passato. La guardo alla luce dell'alba , è ancora stretta a me, gli sfioro il viso, sono un ipocrita, non posso pretendere che lei mi racconti tutto, quando io per primo non l'ho fatto, lei sa cosa sono, ma non sa il perchè. Come reazione alla mia carezza la donna apre gli occhi , mi guarda dolcemente "Scusami, ti prego..." supplica di nuovo con voce incrinata, non voglio più vederla piangere, "Non devi scusarti, ma non piangere, vederti così mi distrugge..." la rassicuro baciandogli la fronte "Vuoi parlarmi piccola?" chiedo cercando di essere delicato, ma evidentemente ottengo l'effetto opposto, chiude con forza gli occhi e sbuffa "No, non voglio parlarne, e non chiamarmi piccola" dovevo immaginarlo, le parole dolci non la scalfiscono, in fondo è per questo che mi sono innamorato di lei. Carmen fa per alzarsi, la blocco tra le mie braccia "Allora potresti ascoltarmi, vorrei raccontanti io qualcosa." Aspetto un suo cenno, ci sdraiamo meglio sul letto, i nostri nasi si sfiorano.
Prendo un respiro profondo, è la prima volta che racconto la mia storia a qualcuno che non sia Nam... Ma Carmen è lei, è la mia persona, è entrata dove nessuno è mai riuscito. "Ero solo un ragazzino, i miei genitori erano dei tossici e degli alcolizzati, mio padre sopratutto. Era violento, non solo con me, anche con mia madre, spesso mi mettevo tra di loro per difenderla, ma lei mi rispondeva sempre in un unico modo "Yoongi, devi farti i cazzi tuoi". La mia vita è sempre stata un insieme di lividi e insulti per colpa di quella merda. Ho provato più volte a scappare, ma non riuscivo a lasciare mia madre con quell'uomo, vedi questi segni sui miei polsi?" gli mostro la parte di pelle interessata, le cicatrici poco visibili sulla mia pelle bianca, una lacrima solitaria scappa al mio controllo, mi sbrigo ad asciugarla, ma al suo posto trovo le sue dita pronte a raccogliere il mio passato "Ci ho provato, ho provato a togliermi la vita, volevo solo morire, scappare da quei due che mi stavano consumando e che dicevano di essere i miei genitori. Quando avevo dodici anni, sono andato in bagno, ho preso una lametta e mi sono tagliato i polsi, per mia sfortuna, o fortuna, avevo lasciato la porta aperta, la vicina di casa entrò e mi trovo riverso sul pavimento del bagno, mi risvegliai in ospedale. Purtroppo in Corea del sud il servizio sanitario è a pagamento, io ero solo un ragazzino senza soldi, quindi scappai. Dopo qualche ora tornai a casa e i miei non si erano accorti di niente... mia madre era sdraiata per terra con una siringa nel braccio destro e veniva presa a calci nell'addome da mio padre. Urlavo, gridavo di smetterla, di lasciarla in pancia, che la stava uccidendo, ma non si fermava..." La mia voce ormai tremava, non volevo ricordare, eppure dovevo farlo, per lei. "Ho spaccato la prima cosa che avevo a disposizione, una bottiglia di Soju, e gliel'ho infilzata nella carotide... Vuoi sapere la risposta di mia madre dopo avergli salvato la vita? "Lurido bastardo cos'hai fatto? Non saresti mai dovuto nascere! Vattene e non tornare più." Urlato in faccia dalla persona che amavo di più al mondo, ero ferito, arrabbiato. Ma ho fatto come mi ha chiesto, me ne sono andato via. Ho dormito sotto i ponti, nei rifugi per senza tetto, senza mangiare per settimane... dopo qualche tempo mi ha trovato Namjoon e mi ha preso con sè, senza volere niente in cambio." Il ricordo di Nam mi scalda il cuore, grazie a lui mi sono liberato del marcio che avevo dentro, e parlarne con Carmen mi fa sentire più leggero. Mi guarda con comprensione "Perchè me l'hai raccontato?" mi chiede dolcemente, "Perchè voglio che tu conosca tutto di me, non solo la persona che sono oggi." Lei mi sorride con gli occhi velati di lacrime, mi accarezza il viso "Grazie" e mi da un dolce bacio a fior di labbra.
La donna lentamente si gira a pancia in sù, fissa il soffitto bianco sopra di noi "Yoongi, la mia storia è un pò diversa dalla tua, non voglio rattristarti, ma sopratutto non voglio vedere la pietà nei tuoi occhi... o peggio il disgusto." Mi confida, ha gli occhi lucidi "Non potrei mai provare pietà o disgusto per te, qualsiasi sia il tuo passato. Sono qui per proteggerti, e tutto quello che non potrà cambiare ciò che sei per me." La rassicuro, non voglio che si senta obbligata a raccontarsi, so cosa vuol dire non avere il coraggio di aprirsi agli altri, la donna prende un respiro profondo, mi bacia appassionatamente per qualche secondo, è disperata, lo sento, come se pensasse che questo sia il nostro ultimo bacio. La sento staccarsi dalle mie labbra, si alza in piedi rimanendo di spalle, accende una sigaretta, dopo il primo tiro "Io e Marina siamo sorelle solo dal lato paterno, quando mia madre rimase incinta di me lei aveva già nove anni e sua madre era già morta. Quando eravamo piccole eravamo molto legate, io la adoravo, volevo essere come lei, bella, forte, nonostante fosse un'adolescente. Quando lei compì 17 anni si allontanò da me, cominciò ad ignorarmi, e questo mi faceva male, mia madre cercava di rassicurarmi, in fondo io ero solo una bambina, che ne sapevo dei problemi che poteva avere una giovane donna. Mia madre era una brava donna, mi amava e io amavo lei, mi ha sempre protetto, mi diceva cose come "Tesoro prima di andare a dormire chiudi sempre la porta chiave e non aprire a nessuno, mi raccomando" e io lo facevo, non capivo il perchè me lo chiedesse, ma lo facevo comunque... quando ho compiuto 10 anni ho cominciato a capire, capivo che le litigate che c'erano a casa mia non erano normali scontri familiari, di una normale famiglia. Mia madre era sempre piena di dolori, un giorno tornavo da scuola trovai mio padre a picchiarla fino a farle sputare sangue, cercai di fermalo, ma lui si sfogò anche su di me. Quando lui si calmò Marina mi fece alzare da terra dicendomi "Benvenuta nel mondo reale principessa, impara a farti i cazzi tuoi e vivrai meglio." , non potevo crederci. Da quel momento questo copione si ripeteva ogni maledetto giorno, ancora e ancora... Volevo andare via, portare via mia madre e mia sorella da quell'inferno, ma non sapevo come fare. Passarono gli anni e la situazione non faceva che peggiorare, mia madre nonostante tutto continuava con la sua solita raccomandazione di non far entrare nessuno in camera mia, vivevamo già una vita di merda, cosa poteva cambiare una stupida porta? Eravamo prigioniere in casa nostra. Un giorno all'età di 14 anni, mi dimenticai di chiudere a chiave la porta della mia camera, era estate, faceva caldo, indossavo una canottiera e un pantaloncino, mi sdraiai sul letto, dopo pochi minuti entrò qualcuno. Pensai fosse mia madre che era venuta a controllare se avevo chiuso a chiave, quindi da brava stupida non mi preoccupai di aprire gli occhi, fino a quando la voce di mio padre non ruppe il silenzio "Carmelina, che fai? Fai finta di dormire?" mi disse, quella voce non mi era mai sembrata così viscida come quella sera, sbarrai subito gli occhi e mi misi seduta composta, ma il suo sguardo... non era quello di un padre che guardava sua figlia, ma piuttosto quello di un uomo che desidera una donna. Avevo i brividi, mi disgustava, mi sono alzata in piedi per scappare, ma mi bloccò con un braccio intorno al collo, l'altra mano, quella schifosa mano mi toccava dappertutto..." La donna ha la voce rotta dal pianto, mi prudono le mani, il mio sangue sta ribollendo al pensiero di quel bastardo "Ehi, tranquilla, non sei obbligata..." cerco di rassicurarla avvicinandomi a lei, che però, si allontana "No, voglio finire. Ho urlato con tutto il fiato che avevo in corpo, mia madre corse a salvarmi, togliendomi quelle sporche mani di dosso. Venne anche Marina, ma restò in disparte. Dopo avermi liberata mio padre cominciò a prendersela con mia madre, lei era di nuovo stesa per terra, presa a calci da quella bestia che era due volte più grosso di lei, non potevo più stare in disparte, presi il primo oggetto pesante che trovai, non ricordo neanche cosa fosse, e colpì mio padre dietro la testa, mia madre ancora a terra, sanguinante, mi disse solo "Scappa, salvati, ti prego." Non volevo lasciarla lì, cercai di sollevarla mentre lui era ancora a terra, chiesi a Marina di aiutarmi e di andare via insieme, lei mi aiutò a rimettere in piedi mia madre, ma quando le voltai le spalle sentì un forte rumore, non sapevo cosa fosse, mi girai.. era uno sparo. Mia madre riversa sul pavimento in un lago di sangue, Marina gli aveva sparato alla tempia. L'ultima cosa che che vidi sul suo viso prima di andare via fu il suo sorriso soddisfatto, e le sue parole "Vai principessa, scappa, un giorno ci rincontreremo.". Così scappai, non sapevo dove andare, poi mi ricordai che mia madre da piccola mi parlava sempre di una sua amica che abitava a Ponticelli in un piccolo borgo, la signora Anna, e andai da lei. Mi prese con sè, mi aiutò a nascondermi, cambiare nome, mi ha resa invisibile, e mi ha insegnato a lavorare. Per i miei 18 anni mi regalò un viaggio a Zurigo, un weekend con un concerto al pianoforte di un giovane talento straniero. Sono stati i giorni più belli della mia vita, poi lì a quel concerto ho visto te, per la prima volta, era solo una melodia, senza parole... solo le dita che danzavano sui tasti del pianoforte, e ascoltando quella composizione, mi ricordo ancora il titolo, Just One Day, non ho avuto più paura, non mi sono più sentita sola...". Spegne la sigaretta nel posacenere sulla scrivania e si passa le mani sul viso, ad asciugare le ultime lacrime che i ricordi hanno fatto riemergere. Mi aveva detto che mi conosceva come musicista, ma non pensavo dall'esordio, Just One Day... è proprio la canzone giusta per noi a quanto pare. Mi avvicino alla mia donna, dopo tutto quello che mi ha confessato la sento mia più che mai, la abbraccio stringendola forte a me, catturo le sue labbra e le dico "Non pensarci più, a niente, a nessuno... adesso ci sono io. Non pensare minimamente che io possa provare pietà o disgusto per te, provo rabbia per quello che ti hanno fatto, ma Dio solo sa quanto sono felice di averti qui con me oggi, e non voglio che tu sparisca. Tu devi essere con me, perchè ormai sei la mia droga, il mio veleno.. solo tu puoi farmi stare bene. Rimani con me." concludo tenendola ancora più forte a me, vedo i suoi occhi illuminarsi, un sorriso felice dipingersi sul suo volto, così la voglio, bella, sorridente, forte e arrogante.
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Bulletproof
FanfictionDopo anni in cui sono stati ritrovati corpi senza vita nelle campagne di Seoul, il capitano dell'Interpol Kim Seokjin, aveva trovato una pista. Tutte le persone trovate uccise avevano un qualche legame con la famiglia Kim, quegli uomini erano dei...