Capitolo 5

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Una moto. Ovviamente. Perché mai uno come Jungkook avrebbe dovuto avere una comoda e sicura macchina quando poteva guidare una moto? Nel parcheggio della scuola, Taehyung fissava il casco che il corvino gli stava porgendo. Era sul punto di tornare indietro e lasciarlo così, col braccio allungato verso lui e un'espressione di tacita attesa, ma poi si costrinse ad accettarlo e ad infilarselo.

Quel ragazzo emanava tutto fuorché sicurezza e prudenza, ma per una volta decise di accantonare le paranoie. Jungkook, sganciato il cavalletto, aspettava che l'altro si sedesse dietro di lui in un religioso silenzio, prendendo alla lettera quanto gli aveva assicurato nel bagno. Taehyung si concesse un sorriso trionfante al pensiero, consapevole di essere nascosto dal casco scuro.

Montato in sella, afferrò dietro di sé i sostegni per reggersi e fece segno all'altro di partire. Jungkook mise in moto e sfrecciò oltre i cancelli dell'istituto, imboccando strade e vie che Taehyung gli indicava incrocio per incrocio.

Il corvino sbiancò quando comprese dove erano diretti: Cheongdam-dong.
Le auto, le vetrine, le persone, tutto attorno a lui sembrava porre una distanza immensa tra il suo mondo e quello placcato in oro dove, a quanto pareva, viveva Taehyung. Aveva dedotto che doveva godere di una buona condizione finanziaria semplicemente dal suo abbigliamento (e magari dal suo atteggiamento un po' altezzoso) ma mai si sarebbe aspettato di avere a che fare con l'elite dell'elite di Seoul.

"Accosta qui". Avevano ora alle spalle la parte commerciale del quartiere, negozi e atelier sicuramente non frequentati da persone come Jungkook, che viveva in un monolocale (o meglio, in un garage) in periferia.

Davanti a sé quella zona così ricca terminava con una serie di ville e palazzi che si alternavano uno di fianco all'altro.
"Non hai parlato per tutto il tragitto, impressionante".

Jungkook si riscosse sentendo la voce di Taehyung che, nel frattempo, gli aveva restituito il casco. Si tolse il suo, affrettandosi a mascherare il suo stupore con un sorriso.
"Ti ho dato la mia parola".

L'altro si era già incamminato lungo il vialetto che conduceva all'ingresso di casa sua, se quella villa di trecento metri quadri era definibile casa.

Arrivato alla porta, si girò verso Jungkook, fermo accanto alla moto. "Non vieni?".
Il corvino sgranò gli occhi.
"Non fare quella faccia. Muoviti, sto per ritirare l'invito".

Jungkook non se lo fece ripetere una terza volta, si affrettò verso l'ingresso in silenzio, quasi troppo intimorito per parlare. Una volta varcata la soglia, cominciò a scandagliare l'enorme spazio che si ritrovò davanti. Il soffitto altissimo, il pavimento marmoreo, il mobilio, tutto era di un luminoso bianco che stonava incredibilmente con gli anfibi e i vestiti larghi e scuri che indossava. Davanti a sé c'era un'enorme scalinata, illuminata da una grande finestra circolare posta al di sopra di essa.

Taehyung girò a sinistra ed entrò in un soggiorno; delle ampie vetrate che davano sul giardino lo inondavano di luce. Jungkook non poté non notare la fotografia che sovrastava il camino posto dinanzi i divani in pelle rigorosamente bianca: c'era un Taehyung in smoking a dir poco mozzafiato che poggiava la mano destra sulla spalla di una ragazza, sua sorella vista la somiglianza. Accanto a loro c'erano un uomo e una donna dalle espressioni serie e impeccabili.

"Jungkook?", Taehyung lo richiamò dall'altra stanza. "Sì arrivo".
Seguì la direzione da cui era giunta la voce e raggiunse la cucina, dove il ragazzo lo stava aspettando sorseggiando un bicchiere d'acqua. Ne aveva riempito uno anche per l'altro che, lentamente, se lo portò alle labbra.

Ci fu per la prima volta tra di loro un silenzio imbarazzante. Taehyung, fino a quel momento, non ne aveva mai avuti con Jungkook, che era sempre pronto a flirtare e ad innervosirlo. Invece ora sembrava quasi impacciato: si guardava intorno incerto ed assente.

Decise di rompere il silenzio: "I miei genitori non sono in casa, tranquillo". Jungkook annuì leggermente senza rispondere, facendoli ricadere in quello scomodo imbarazzo.
"E così... hai una sorella?" Jungkook si accomodò sullo sgabello attorno all'isola come aveva già fatto Taehyung.
"Sì, Young-mi. Ha due anni in meno di me ma è come se fosse più grande. Si è trasferita a Tokyo l'anno scorso."
Parlò sorridendo, il viso addolcito dall'affetto per la sorella, quasi non stesse parlando proprio con Jungkook. Quest'ultimo non poté fare a meno di meravigliarsi di nuovo della bellezza di Taehyung, con gli occhi che luccicavano al pensiero di Young-mi, i capelli neri scompigliati dal casco e la carnagione dorata messa in risalto dal rosso della sua maglietta.

"Ha come me e già vive da sola in Giappone? Quando-".
"Tu hai diciott'anni?! Sei più piccolo di me?!". Taehyung lo guardava strabuzzando gli occhi. "Cioè tu sei così..." lo indicò con entrambe le mani, gesticolando ampiamente verso i tatuaggi, i bicipiti. Aveva dato per scontato che, non avendo nessun corso in comune, fosse più grande, come Yoongi forse. Come faceva quel corpo ad appartenere a un diciottenne?

A million little reasons • TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora