Capitolo 11

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Taehyung si guardava allo specchio sbalordito. Si sfiorò le ciocche di capelli che gli ricadevano sulla fronte e si meravigliò della loro morbidezza, nonostante sembrassero quasi una parrucca di plastica.
"Che dici? Ti piacciono?".
Taehyung annuì incerto al ragazzo che gli aveva appena tinto i capelli di un blu elettrico. E gli piacevano sul serio, contrariamente alle sue aspettative.
In realtà, il colore lo aveva scelto Jungkook, lui l'aveva scoperto solo dopo, quando era troppo tardi per tirarsi indietro visto che il parrucchiere era già all'opera.

"Finalmente hai finito. Mi stavano iniziando a ricrescere i capelli per quanto ti ho aspettato."
Taehyung si voltò verso Jungkook e vide i capelli corti dell'altro: si era limitato a far tagliare le ciocche che prima, disordinate, gli ricadevano sul viso. Con quell'aspetto sembrava più grande, più serio.

Il corvino stava ora ricambiando il suo sguardo, studiandolo con espressione seria. Taehyung, vedendo che l'altro non distoglieva gli occhi, si alzò ed uscì fuori per sottrarsi a quel contatto visivo.

Prese il telefono e vide la chiamata persa di Hari, e così la richiamò. Dopo qualche squillo, rispose.
"Tae".
"Ei Hari. Dove sei ora?".

Ci fu qualche attimo di silenzio che confuse Taehyung. "Hari?".
"Sono al teatro... per le prove...".
Taehyung sbarrò gli occhi. "Cazzo".
Come aveva fatto a dimenticarsene? Si passò una mano sul viso.
"Hari perdonami, mi sono completamente dimenticato... ti raggiungo ora-".
"No Tae, sto andando via". Non sembrava arrabbiata come avrebbe potuto essere. Il suo tono era soltanto triste e ciò gli provocò una stretta al petto.

Jungkook, che nel frattempo era uscito, gli si parò davanti e continuò a fissarlo con la stessa espressione di prima, tanto che Taehyung alzò gli occhi al cielo e gli schioccò le dita davanti agli occhi. Continuò poi a parlare:
"Ceniamo insieme? Ti prego, vieni da me stasera".
"Non mi devi pregare". Rispose Jungkook ridacchiando. "Sto praticamente già lì. Che si mangia?".
Taehyung, spazientito, abbassò il cellulare e coprì il microfono con la mano. "Non parlavo con te. Non vedi che sto al telefono?!".

Se lo riportò all'orecchio.
"Voglio vederti. Verrai?".
Sentì un sospiro dall'altro capo del telefono. "Va bene. Spero che tu non abbia invitato anche Jungkook". Rispose ironica, anche se il suo tono continuava ad essere triste. Doveva aver sentito la voce del corvino, che ora lo stava guardando con un leggero broncio.
"Mi dispiace." Sussurrò al telefono.
"A dopo Tae". E con questo riagganciò.

"Dalla tua faccia si direbbe che ha rifiutato". Disse Jungkook seriamente. "Non mi pesa essere la seconda scelta. Vengo io a cena. Non mi faccio problemi, davvero".
Taehyung soffiò una risata. "Ormai si è capito che non ti fai problemi".

Si diresse verso la macchina. "Ti porto a casa, ho una cena da preparare. La nostra uscita può finire qua".
"Non mi ringrazi per il nuovo look? Sei bellissimo con quei capelli".
Uscirono dal parcheggio in silenzio, con Taehyung che ignorava ancora una volta lo sguardo lascivo del corvino, concentrandosi sulla strada senza dire una parola.

Jungkook prese a tamburellare con le dita sullo sportello, guardando l'altro di sottecchi.
Gli diceva dove svoltare ad ogni semaforo, ma il più grande si limitava ad obbedire senza dire nulla.
Dopo qualche minuto il corvino non ce la fece più: "Con "la nostra uscita può finire qua" hai deciso di non parlarmi più? Cos'è questa faccia noiosa?".

Taehyung rispose senza guardarlo: "Devi essere intrattenuto per forza?".
"Vai di qua." Gli indicò la strada da imboccare ad un incrocio. "No. È il contrario semmai. Se io non intrattenessi te, staresti sul punto di suicidarti. È così che diventi ogni volta che parli con la tua ragazza?".

Stavolta Taehyung si girò a guardarlo. "Sì. Perché sono un disastro come fidanzato". Jungkook lo guardò a bocca aperta, sconvolto sia per la sincerità sia per l'assurdità di quelle parole. "Tu saresti un disastro?".
"Sì, io... vorrei renderla felice ma non faccio altro che deluderla".

"Gira qua". Stavano ormai percorrendo le strade periferiche di Seoul: case, se così potevano chiamarsi, si intervallavano a cantieri abbandonati e a bar squallidi. I marciapiedi erano sommersi di immondizia e di tanto in tanto si vedevano persone trasandate distendersi fra essa.

"Deluderla come, scusa? Ferma l'auto".
Taehyung si guardava attorno con occhi sgranati.
"Frequentando gente come me?". Chiese Jungkook indicando casa sua, un piccolo garage in mattoni circondato da un giardino incolto.

A quella vista Taehyung sbiancò, era possibile vivere in un posto del genere?
"No, visto che non ci stiamo frequentando. Quante volte devo dirtelo? Essere usciti due giorni non ci rende né amici né nient'altro". Rispose infastidito, pentendosi immediatamente di quello che aveva detto e di come l'aveva detto.

Jungkook lo guardò, prima di voltarsi e ridere, scuotendo la testa. "Aspetta qui un minuto, puoi?". Scese dall'auto e sollevò la serranda per entrare in casa, lasciando Taehyung solo coi suoi sensi di colpa.

Jungkook ricomparve poco dopo, riaprendo lo sportello senza tuttavia entrare in auto. Posò sul sedile alcune banconote. "Per oggi. Ti dovevo una cena ma spendili per quella di stasera".

"Jungkook...". Taehyung subito scese dalla macchina per andargli incontro.
"No Taehyung... Va bene sudare per una scopata ma questo fa solo male. Non ne vale la pena". Disse Jungkook alzando le spalle.
"U-una scopata".
"Sì, una scopata. È quello che volevo". Rispose Jungkook alzando la voce.

"Forse ci siamo sopravvalutati a vicenda". Mormorò Taehyung. "Io sono solo uno stronzo con la puzza sotto al naso e...".
"E io un povero morto di cazzo". Concluse Jungkook infilandosi le mani in tasca. "Proprio così".

"Povero, morto di cazzo e bugiardo". Lo corresse Taehyung. Jungkook temette che anche lui ora tirasse fuori il discorso su come si fosse provocato quelle ferite, la bugia che quella mattina aveva detto a tutti loro.
Ma Taehyung poi continuò a parlare: "Neanche un giorno fa mi dici che non ti saresti arreso, che ero diverso dagli altri...".
Jungkook sbarrò gli occhi. "Stai scherzando, vero?!"
"E invece basta qualche paranoia e subito ti senti intimidito...". Il corvino guardò l'altro rivolgergli un sorrisetto che poi, davanti al silenzio allibito del più piccolo, divenne una risata.

"Tu ora te ne vai tranquillo dalla tua ragazza dopo avermi detto questa cosa?".
Taehyung tornò indietro, risalì in auto e abbassò il finestrino. "È stato... interessante conoscerti, Kook. Ci si vede in giro".
Jungkook non rispose. Gli fece un cenno col capo, prima di guardarlo sfrecciare verso il cuore di Seoul.

Non gli piaceva perdere davanti a una sfida, ma ciò che detestava davvero era sentirsi più piccolo di quanto già non fosse, e con Taehyung, in un modo o nell'altro, finiva per sentirsi così.
Per non parlare dei soldi appena persi... Una settimana di lavoro da Doyun andata in fumo. Diede un calcio a una lattina; imprecò per la fitta di dolore che gli attraverso l'anca.
Forse, era meglio così dopotutto.

A million little reasons • TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora