Poetica

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"Ora tienimi con te, la tua mano nel buio
Guarisce la mia solitudine"

Cremonini

La luce fioca dei lampioni era l'unica fonte di illuminazione in quella notte buia e Rachel era avvolta in quelle tenebre mentre scappava da casa sua e dalla compagnia di Marc che si era addormentato sul suo divano. Non lo voleva disturbare sapendo quante avesse bisogno di riposarsi e nonostante avesse bisogno di lui, non lo svegliò.

Ma mentre camminava da sola, non poteva che pensare alla vera persona di cui aveva necessariamente bisogno quella sera e si, si trattava di Carlos. Non si vedevano da quella sera, da quando aveva provato ad organizzare quella cena con i suoi senza dirle niente. Non era più arrabbiata con lui, non lo era da tanto, ma il suo orgoglio la stava ancora bloccando dall'andare da lui, almeno prima di questa sera.

Rachel si conosceva, sapeva che dopo quella notizia non poteva rimanere da sola perchè da lì a poco sarebbe crollata, forse, come non mai. Le prime lacrime iniziarono a scendere nascoste al mondo dal buio,ma iniziarono a diventare troppe ed impossibili da nascondere perchè accompagnate a dei singhiozzi. E quando tutto divenne troppo, pressione, singhiozzi, lacrime, prese il telefono dalla borsa e lo chiamò.
Squillò più e più volte, ma niente, la voce dello spagnolo mai risuonò e quello fu il punto di non ritorno per la sua serata. Sentì di averlo perso per sempre, perchè prima le avrebbe risposto subito, al primo, o al secondo squillo ed adesso? adesso l'ha probabilmente ignorata, ma se lo meritava, meritava la sua indifferenza dopo averlo allontanato con una cattiveria che nessuno al mondo si meritava.
Si maledì da sola e continuò il suo cammino verso una metà che ancora non sapeva. Se Carlos le avesse risposto sarebbe andata da lui, ma adesso è bloccata. Non volendo tornare a casa, le sue gambe continuarono ad andare avanti senza che il cervello avesse alcun controllo su di loro perchè troppo concentrato sul grande dolore che stava provando.

Il passato non le lasciava mai scampo.
Era ciò che poteva distruggerla in un secondo, levandole ogni tipo di forza.
Quando si trattava dei suoi genitori lei era diventata quasi inerme al dolore che la percuoteva fino a distruggerla da dentro.

Continuò ad allontanarsi finché le sue gambe poterono, finchè non crollò su una panchina vuota, coprendosi subito il viso con le mani. Si diede un leggero pizzicotto per cercare di calmarsi perché quei singhiozzi erano diventati tanto profondi da farle male al petto. Le sembrava di star rivivendo la domenica di Monza, il giorno in cui aveva rincontrato suo padre, il giorno in cui è ripartito tutto questo casino.

Era stato Carlo a trovarla e calmarla.
Fu la prima volta che qualcuno diverso dalla famiglia Marquez l'aveva vista così, la prima volta che si fece coccolare da qualcuno che non fosse Marc.
Le braccia di Carlos, ecco dove desiderava essere e non su una fredda panchina in mezzo al niente.

Ma se lo meritava.

Se lo meritava di stare così, almeno secondo lei.

Carlos durante quella buia serata si trovava a casa sua ed era nel bel mezzo di una sessione di allenamento serale. Nell'ultimo periodo capitava spesso che si allenasse di sera per scaricare un pò di quelle emozioni che stava provando.
Sembra strano, ma fare flessioni, correre, guidare, lo aiutava a non pensare a lei. Lei che era chissà dove e che sembrava averlo dimenticato in fretta dopo la grande cazzata che aveva fatto alcune settimane fa.

Mentre stava sollevando un grosso bilanciere, proprio all'apice dello sforzo, il suo telefono squillò interrompendo la musica di sottofondo. Non essendo in una posizione comoda, ignorò la chiamata non credendo che fosse qualcuno di importante, segnandosi poi mentalmente di vedere chi fosse a fine allenamento. Ma si scordò di farlo, perchè tutto sudato decise di andare direttamente in doccia lasciando così Rachel da sola per un'altra ora mentre la situazione le sfuggiva di mano ogni secondo di più.
Ma poi successe, poi prese in mano il telefono e non appena vide chi l'avesse chiamato, la bottiglia d'acqua fresca che aveva in mano cadde per terra perchè le sue mani furono subito impegnate a richiamare quel numero.

A differenza di prima, non ci volle neanche un secondo prima che Rachel rispondesse a quella chiamata, perchè lei stava aspettando solo e solamente quello, o meglio, lui.

-Carlos-
Pronunciò il suo nome in un sussurrò perchè la gola bruciava così come i suoi polmoni e la sua testa ed i suoi occhi.
E lui aveva già sentito quel tono di voce, quella sera, a Monza, e capì subito le sue condizioni.
-Stai bene? Cos'è successo?-
Chiese preoccupato mentre si dirigeva nell'atrio di casa sua pronto a prendere le chiavi della macchina ed a correre da lei.
-Io, io non-
Un singhiozzo le mozzò il fiato facendole stringere gli occhi per il dolore. Si portò una mano al collo cercando di ritrovare la voce scomparsa.
-Stai bene Rachel?-
Chiese nuovamente già fuori dalla porta di casa ed accanto alla sua auto.

-Dimmi solo dove sei ed in un attimo sono da te-

-Non so dove sono-
-mandami la posizione ed arrivo-
Rachel mise giù per inviargli ciò che aveva richiesto aspettando che quella ferrari rossa svoltasse nella via, scorrendo nel buio ed illuminando tutto con i suoi fari.
E Carlos, corse, corse come se fosse in gara, fregandosene di ogni tipo di multa o della sua patente in generale, perchè Rachel stava male e nulla era più importante.
Svoltò per quella via arrivando davanti alla panchine dove lei era seduta rannicchiata su se stessa. I fari la illuminavano anche se poco, ma quella flebile luce bastava per vedere le sue lacrime scendere a fiotti.

"¿Qué pasa, nena?"
scese dalla macchina e di scatto le gambe di Rachel si alzarono correndo da lui, perchè doveva stare al più presto tra le sue braccia calde e forti e familiari.
Lui l'accolse senza problemi, stringendola come solo lui sapeva fare, rimanendo in silenzio capendo tramite esso ciò che stava succedendo, anche questo solo lui lo sapeva fare, leggerla dentro senza che lei si aprisse.

Solo Carlos.

"Cos'ha fatto tuo padre?"
"Mi ha chiamata, non so come faccia ad avere il mio numero, ma non è quello il problema"
"Allora qual è ranita?"

"Mi ha detto il vero motivo per cui aveva così tanto voluto fare quella cena. Per mia madre. Perchè è all'ultimo stadio di cancro"

Ed anche solo dirlo ad alta voce le fece male tanto che le sue gambe cedettero e se non fosse stato per Carlos sarebbe caduta inevitabilmente per terra. Ma lui era sempre lì a tirarla su.
"Vámonos a casa, hablamos allì"
L'adagiò sul sedile accanto al suo e tornò di corsa a casa sua lasciando quella solita mano sulla sua gambe per calmarla.
E Solamente quando furono nella camera da letto di Carlos, sdraiati sul letto, riniziarono a parlare.
"Non so cosa fare"

"ha chiesto di vederti?"

"Si"

"Te la senti di vederla?"
Scosse lentamente il capo, perchè mai pronta a rigettarsi nel passato e ridargli vita.

"Ma lei sta morendo..."
Commentò Rachel ad alta voce, non riuscendo ad immaginare sua madre malata. Non riusciva perchè probabilmente non lo voleva, rimaneva in ogni caso sua madre anche se erano state lontane per molto.

"Guardami"
Due dita affusolate le presero il viso asciugandole le guance che da quel momento in poi non si bagnarono più.
"Farà male vederla, in quello stato ancora di più, ma potresti pentirtene per il resto della vita"
"lo sabes...per questo...i-io credo di andarci, a Milano, ma non posso farlo senza di te Carlos"
"Non ti avrei mai lasciata sola

"por lo tanto, me perdonas?"
Le chiese.
"Ti ho perdonato già da tanto rospito"
"Ah si?"
"Si"
Le loro labbra si unirono annientando ogni tipo di dolore, come una medicina.

"Te amo, Ranita"
sussurrò sulle sue labbra.

E si addormentarono così, abbracciati, con i loro cuori premuti uno sopra l'altro che si calmavano e si aiutavano a vicenda nel silenzio di quella notte.

NOTE DELL'AUTRICE:
Si lo so, la situa è molto tragica e vi avviso che nei capitoli successivi lo sarà ancora di più 😝, ma volevo parlare di questo tema importante nella storia.

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