Monopoli

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"Ma se mi vuoi davvero
Allora dimmi chi sei"

Pinguini tattici nucleari

Lei era lì, seduta su quella panchina, con la testa tra le mani, il capo chino, il corpo esile che sembrava più fragile che mai, come se fosse sul punto di cadere e rompersi in mille pezzi.
Mi avvicinai con calma stando attenta a non spaventarla, i miei passi erano controllati e regolari nonostante il cuore mi stesse implorando di correre da lei e stringerla forte a me. Marc mi aveva detto di fare attenzione, non so cosa sia successo, non ha voluto rivelarlo, mi ha detto che sta a Rachel dirmelo o no. Ho il sospetto che si tratti dei suoi genitori. Nonostante lei non mi abbia mai accennato a loro, ho capito da solo che dev'esser successo qualcosa in passato, qualcosa di brutto. Insomma, so che i Marquez non sono la sua vera famiglia, ma allora perché è cresciuta con loro e non con la sua vera famiglia? Non lo so, spesso me lo chiedo, nei momenti in cui le racconto della mia famiglia o del rapporto con mio padre ancor di più perché quella scintilla di tristezza la noto sempre nelle sue iridi, è veloce, quasi impercettibile, ma io la conosco troppo bene.

Mi fermai alle sue spalle sussurrando il suo nome per farle capire che fossi io e di non aver paura. Posai una mano sulla sua spalla facendo sempre la massima attenzione.
Sussultò.
Il suo volto si girò verso di me e così incrociai i suoi occhi che per una volta erano totalmente veritieri, senza nessuna barriera che lei era così dannatamente brava ad innalzare. I suoi occhi erano pieni di vivido dolore ed io allora non potei più fermare il mio corpo che si fiondò ad abbracciarla.

"Ranita"
Sussurrai il suo soprannome mentre la cullavo. Lei non parlò, emise solo dei profondi singhiozzi, ma andava bene così, doveva solo sfogarsi in quel momento.
Lo fece.
Si sfogò.
Rimanemmo in quella posizione per tanto,, alla fine infatti il sole non era più in cielo, ma stava calando fino a lasciar posto al buio. Un venticello fresco si era alzato per combattere quel caldo afoso della giornata ed in quel momento, dopo tutto quelle ore la sentii rilassarsi per la prima volta.
"Torniamo in hotel?"
Mi chiese con voce roca per il pianto. Annuii, alzandomi subito per aiutarla e prenderla per mano.
Arrivammo in macchina, ma ancora non mi disse nient'altro.

Solo quando fummo rinchiusi, solo noi due, dentro la nostra stanza, decise di parlare, di darmi una spiegazione.

"Marc non ti ha detto niente, vero?"
Scossi la testa.
Stavo per sapere la verità.
Si sedette sul lato del letto iniziando a torturarsi le mani nervosamente, io la raggiunsi accomodandomi accanto a lei, ma aveva bisogno di spazio così si alzò di scatto iniziando a camminare avanti ed indietro.
"S-sto così"
Si indicò dispregiativamente ed io sarei voluto intervenire per farle capire che andasse bene anche stare così a volte, ma non potevo interromperla, era un discorso troppo importante.
"Sto così per via di mio padre, il mio vero padre. L'ho incontrato nel paddock ieri sera ed oggi l'ho rivisto e ci ho parlato"
Capii allora a cosa fosse dovuto il suo comportamento anche di ieri, credevo di essere stato io la causa del suo malessere. Mi ero sentito dannatamente in colpa.
"E' una storia complicata, lunga..."
Abbassò lo sguardo studiando le punte delle proprie scarpe. Sembrava come se improvvisamente si fosse trasformata in una bambina.

"Abbiamo tutta la serata ranita, se hai bisogno di parlarne...se ti fidi di me, ti ascolterò, ti aiuterò"
Risposi con tono dolce sperando di poter incontrare quei suoi occhi, che come avevo confidato si legarono con i miei.
"Io mi fido di te Carlitos"
Constatò levandomi un peso dal cuore.

Si, si fida.

"E non te l'ho mai detto perchè nessuno a parte la famiglia Marquez sa di ciò. L'ho sempre tenuto per me sperando di dimenticare, ma il passato torna sempre"
Un sorriso beffardo le si dipinse in volto.
"Allora dimmi tutto, sono qui per te"

Prese un gran respiro e butto fuori l'aria insieme a tutto il tormento che le era rimasto dentro e senza mai sedersi o fermarsi, iniziò a raccontarmi tutto fin dall'inizio, fin dalla sua nascita.

Per tutto il tempo non potei che porgermi due essenziali domande:
Quanta forza di volontà deve aver avuto per una scelta del genere a quell'età? E poi, Merito veramente di stare con una donna così bella, ma soprattutto forte?

Quando finì di parlare il silenzio cadde intorno a noi, so che lei stava aspettando un feedback da parte mia, avendo paura che fossi arrabbiato per il fatto che non me lo aveva mai detto prima. Ma io non sono mai stato bravo con le parole.
Così mi alzai e la baciai.

Con quel bacio volevo levargli ogni preoccupazione di dosso e farle capire che io ero lì, ero con lei, non era da sola, che poteva fidarsi ciecamente di me.
"Carlos"
Disse con ancora le labbra attaccate alle mie.
"Scusa se non te l'ho detto prima"
"Non sono arrabbiato, lo capisco, davvero"
La tranquillizzai e finalmente dopo tanto tornai a vedere sul suo viso quel bellissimo sorriso.
Guardai velocemente l'orologio, erano le dieci di sera.
Cavolo come era volato il tempo oggi.

La osservai, vedendola ancora stanca a causa della giornata, così mi venne un'idea.
"Tu rimani qui, ti preparo un bagno caldo, dopo andrò a prendere una bella cenetta per noi due. Mangeremo come ieri sul terrazzo?"
"Non sono io quella che ha corso una gara oggi, sarai stanco quanto me"
"Non era una richiesta da parte mia ranita, questa volta te lo sto imponendo"
Le spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio mentre la mia ragazza mi regalò un altro sorriso radioso.
"Adesso ti metti a darmi ordini?"
Non le risposi. Sgattaiolai in bagno preparando la vasca e solamente dopo essermi accertato che si fosse messa comoda immersa nell'acqua calda e profumata, uscii dalla stanza andando a prendere due pizze.

Sperai quella sera, quando dopo aver messo in atto la mia idea, di essere riusciuto a cucire le sue ferite e non farla più soffrire. Gli speigai che il passato non si può dimenticare, quindi di smetterla di provarci, ma la pregai di concentarsi invece sul futuro e su ciò che di bella l'aspettava.

Poi quando stanca, si sdraiò tra le mie braccia le sussurrai all'orecchio:"estoy aquí para ti, siempre. Puedes confiar en mí. Entendido, Ranocchia?"

La baciai dolcemente sovrastando con il mio amore ogni tipo di brutta emozione che era rimasta in entrambi. Lei forse non l'ha ancora capito, ma presto lo farà, il sentimento che provo per lei è il posto più sicuro dove p andare a ripararsi.

Siempre has sido tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora