Il resto della giornata fu un susseguirsi di momenti surreali. Mi dovevo costantemente ricordare che quello non era un sogno, ma il mio primo giorno di scuola. Fui sommersa dall’ammirazione altrui, dopo la zuffa dell’ora di pranzo. Quasi non mi sembrava che quella fosse la mia vita.
Quando la fase di esaltazione si esaurì, mi resi conto di aver picchiato un altro studente dentro le mura della scuola. Sarei potuta finire nei guai, grossi guai. Mi tremavano le mani ogni volta che qualcuno bussava alla porta dell’aula, a ogni annuncio e a ogni circolare.
Mandai un messaggio a Mina per scusarmi di averle dato buca. Dal momento che mi ero nascosta in biblioteca per il resto della pausa pranzo, avevo avuto tutto il tempo che volevo per cercare di capire che cosa diavolo mi fosse successo. Perché quando Jaemin mi aveva importunato non mi ero limitata ad andarmene?
Mi ero divertita a dargli una ginocchiata nelle palle? Sì. Ma stavo cominciando a perdere il controllo e forse avevo preso il consiglio di Mina che mi aveva suggerito di reagire, troppo alla lettera.
«Ehi, Jackie Chan!». Ningning, una ragazza che seguiva con me il corso di Educazione civica, mi si sedette accanto. Si mise subito a rovistare nella borsa e tirò fuori un tubetto di glitter rosa, che si mise sulle labbra, mentre mi guardava contenta.
«Jackie Chan?». Inarcando un sopracciglio, presi dalla borsa un quaderno nuovo.
«È uno dei tuoi nuovi soprannomi. Gli altri sono Puttanella e Scassapalle. Jackie Chan mi piace». Si distribuì bene il gloss premendo le labbra una contro l’altra e poi lo rimise in borsa.
«A me piace Puttanella», mormorai, mentre il signor Suho distribuiva il programma del corso con un questionario allegato.
«Sai, un sacco di ragazze sono state contente di come hai strapazzato Jaemin a pranzo. Quello stronzo si è portato a letto metà delle studentesse dell’ultimo anno, nonché anche alcune più piccole. Se l’è proprio meritata», mi bisbigliò Ningning.
Non sapevo cosa risponderle, per cui mi limitai ad annuire. Non ero abituata alla gente che parteggiava per me. La mia reazione alle buffonate di Haechan e Jaemin poteva anche essere cambiata, ma il mio obiettivo continuava a essere quello di restare concentrata sulla scuola. Il mio primo giorno era stato già abbastanza spettacolare. Se avessi tenuto la testa bassa, sarei riuscita a non farmi notare. Ma era come se una parte di me non desiderasse più rimanere in silenzio, come se le mie azioni non facessero altro che causare guai.
Che stavo facendo? E perché non ci davo un taglio? Quando mi incontrai con la Signorina Seulgi dopo la scuola, riuscii a non pensare agli eventi della mattinata. Si aspettava che parlassi un francese perfetto, ma purtroppo il tedesco che avevo imparato durante l’estate mi disorientava e la cosa mi diede alquanto fastidio.
Al posto di dire: «Je suis très bien» e «Merci», rispondevo: «Ich bin bien» e «Danke».
Tuttavia la prendemmo entrambe a ridere e non ci volle molto perché mi riabituassi a chiacchierare con lei nella lingua giusta. Yoona, l’allenatrice di cross country, ci voleva sugli spalti alle tre in punto, quindi dovetti correre a cambiarmi per arrivare in orario. Dopo un anno d’assenza, in squadra non c’era più posto per me, ma ero fermamente intenzionata a reinserirmi.
«C’è stato qualche contraccolpo rispetto a quanto è successo a pranzo?», mi chiese Winter, il nostro nuovo capitano, mentre tornavamo nello spogliatoio alla fine dell’allenamento. «Non ancora. Sono sicura che arriverà domani, comunque. Spero che il preside ci vada piano con me. Non mi sono mai cacciata nei guai prima d’ora», replicai io.
«No, intendevo dire da parte di Jaemin. Non preoccuparti del preside. Se n’è occupato Haechan». Stavamo andando verso gli armadietti e lei si voltò a lanciarmi un’occhiata. Rimasi di sasso.
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BULLY / Haechan
FanfictionUn tempo eravamo amici, poi lui ha deciso di prendersela con me e di rendermi la vita un inferno. I suoi scherzi e i suoi pettegolezzi sono diventati sempre più sadici. Sono persino andata a studiare in Francia per un anno pur di evitarlo. Ma ora so...