Capitolo 26

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Grazie al cielo, alla fine delle lezioni tutti sapevano che quello di Jaemin era solo uno scherzo. Quell'idiota aveva avuto almeno il buon gusto di dire in giro che si trattava di una burla. Intanto, però, alla fine avevo accettato il suo invito... Mancavano due settimane al ballo, quindi probabilmente sarei riuscita a trovare un modo per trarmi d'impiccio. Come dimostravano gli avvenimenti del mese precedente, nel giro di poco tutto poteva cambiare. Haechan non era venuto a lezione di Cinematografia e Letteratura, quindi anziché dovermi sforzare di non guardare verso di lui, dovetti fare di tutto perché Jeno non guardasse me. La vita poteva essere proprio crudele. Sarei andata al ballo con l'unica persona in tutta la scuola che mi faceva davvero schifo, avevo tutte le attenzioni di una bellissima star della squadra di football della quale non poteva importarmi di meno e facevo sogni erotici che avevano come protagonista un potenziale sociopatico che si comportava per la maggior parte del tempo come se mi odiasse. Altri otto mesi. 

«Salve professore». Gli feci un sorriso stanco, entrando in laboratorio alla fine delle ore di lezione. Dal momento che la sala non era disponibile per l'indomani, avevo accettato la sua proposta di lavorare quel giorno stesso. L'allenatrice ci aveva dato il pomeriggio libero, quindi non c'erano problemi. 

«Ciao, Hana». Lui rispose. Le mie prime lezioni con lui, al secondo anno, erano state irritanti. Avrei voluto prendere un fazzoletto e pulirgli la faccia per quanto fosse sporco e trasandato.. 

«Quanto posso restare oggi?». Poggiai la borsa sul pavimento sotto il tavolo su cui lavoravo di solito e lo guardai.

 «Sarò qui in giro per almeno un'ora, probabilmente anche più a lungo». Raccolse fogli e fascicoli, cercando un modo di prendere anche la sua tazza di caffè. 

«Hai bisogno di qualcosa?» 

«Prendo la mia roba dall'armadio e so dove trovare tutto quello che mi serve». 

«Perfetto. Ho un appuntamento con quelli del dipartimento di Scienze, ma in un'altra stanza. Vieni a cercarmi se hai bisogno. Sul serio. Sono nell'aula 136B». Si diresse verso la porta. 

«Ok, grazie». Presi il mio grembiule di vinile dall'appendiabiti, me lo infilai dalla testa e lo annodai in vita. Il nodo mi grattava la schiena all'altezza della piccola striscia di pelle che rimaneva scoperta tra i jeans e la maglietta. Presi i miei arnesi dall'armadio dello stanzino e quasi lasciai cadere la cassa non appena rimisi piede in laboratorio. Seduto alla cattedra c'era Haechan. Cazzo. Era appoggiato allo schienale della sedia con le mani dietro la nuca e un piede appoggiato al bordo del tavolo. Il suo sguardo era impassibile, ma fisso su di me. Bastava quello a farmi arrossire e sudare freddo. Maledetto. Perché doveva guardarmi in quel modo? Mi ritornò in mente la sensazione delle sue labbra morbide e della sua lingua sul collo, un tocco celestiale. Ebbi uno spasmo tra le gambe e mi venne voglia di mettermi a cavalcioni su di lui. Merda. I miei nervi erano una bomba a orologeria. Scossi il capo e distolsi lo sguardo, portando la mia cassa al tavolo da lavoro. 

«Non adesso, Haechan. Ho da fare». Era la verità. Dovevo restare concentrata e, anche se parte di me voleva concedersi il lusso di assistere agli sviluppi di quel dramma, avevo bisogno di rimanere da sola. 

«Lo so». Il suo tono era stranamente calmo. «Sono venuto ad aiutarti». Smisi di svuotare il contenuto della mia cassetta e lo guardai, sgranando gli occhi. 

«Aiutarmi?». La mia voce trasudava sarcasmo: non sapevo se si trattava di uno scherzo o di un tentativo di sabotare il mio esperimento. «Non ho bisogno di aiuto». Abbassando le braccia, ficcò le mani nella tasca davanti della felpa. 

«Non ti ho chiesto se ti serviva infatti», replicò, rapido e assertivo. 

«No, ti sei limitato a darlo per scontato». Continuando a svuotare la scatola, evitai di guardarlo negli occhi. Non facevo che pensare a quel dannato sogno e temevo di rivelargli qualcosa se avessi incontrato il suo sguardo. 

BULLY / HaechanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora