Capitolo 22

173 21 7
                                    

Quando Jeno e io arrivammo al falò, Joy mi venne subito incontro. «Fantastico! Mio fratello era incredibilmente felice di aver vinto la sua scommessa».

«Sono felice di essermi resa utile», risposi. Ed era vero. Correre quella sera mi aveva divertito come nient'altro al mondo. «Ma ho vinto solo perché l'altra ragazza non aveva idea di come si usasse il cambio manuale». Perché sto dicendo così? Avrei vinto lo stesso, che quella cretina sapesse cosa stava facendo o meno. Lei mi prese a braccetto, mentre Jeno mi cingeva la vita con un braccio. Un sacco di altra gente venne a salutare lui e a congratularsi con me. 

«Per quanto mi riguarda, mi piacerebbe vederti correre di nuovo. Che ne dici, Jeno?». Joy si rivolse al mio accompagnatore che aveva appena smesso di chiacchierare con i suoi amici del football. 

«Penso di essere un ragazzo fortunato». Mi rivolse un'occhiata e non potei fare a meno di notare che aveva eluso la domanda. Mi chiesi se si sentiva in imbarazzo per il fatto che la ragazza con cui usciva facesse qualcosa che di solito era appannaggio esclusivo dei maschi. Erano già le dieci e mezzo, e mi ripromisi di restare un'ora e poi chiedere a Jeno di riaccompagnarmi a casa. Il giorno dopo avevo una partita, quindi che mi piacesse o meno dovevo tornare a riposarmi. 

«Bella gara quella di stasera, Hana». Un ragazzo mi diede una pacca sulla spalla, mentre mi passava accanto. 

«Grazie», sospirai. Tutte quelle attenzioni cominciavano a darmi fastidio. 

«Va tutto bene?». Jeno mi strinse a sé. 

«Certo», risposi, dirigendomi verso il tavolo delle bevande. «Possiamo prendere qualcosa da bere?». Lui mi fece segno di restare dov'ero. 

«Non ti muovere, torno subito». E andò a riempire i bicchieri. Alcuni degli invitati se ne stavano in piedi vicino al falò o seduti sulle rocce, altri passeggiavano. Mina ancora non era arrivata, a quanto potevo vedere, e dedussi che fosse in macchina con Haechan. Me ne rimasi lì, sentendomi a disagio. Pensai che avrei dovuto ringraziare Haechan se mi sentivo più tranquilla quando stavo con un ristretto gruppo di persone e non in mezzo alla ressa. Per colpa sua, non ero mai stata invitata a serate come quella. Scossi la testa per scacciar via quel pensiero. Dovevo smetterla di prendermela con lui. Se ero finita sulla lista nera in passato era colpa sua, certo, ma comunque io non avevo reagito. La responsabilità in parte era anche mia. Vidi un gruppo di ragazze che scherzavano e ridevano vicino al lago e riconobbi una della mia squadra di cross country. 

«Fanculo». Scrollai le spalle e decisi di affrontarla. Quando mossi un passo verso il gruppo, una voce mi fermò. 

«Fanculo chi?». Mi girai verso Haechan, avevo già la pelle d'oca. Teneva un bicchiere in mano e il telefono nell'altra. Sembrava che stesse scrivendo un messaggio mentre aspettava che io gli rispondessi. Poi si rimise il cellulare in tasca e alzò gli occhi. Mi si rizzarono i peli sulle braccia, come se la presenza di Haechan li avesse elettrizzati. Me le strofinai con le mani, voltandomi verso il fuoco e sforzandomi di ignorarlo. Non avevo ancora capito in che rapporti fossimo. Non eravamo amici, ma nemmeno più nemici. E avere una conversazione normale era del tutto fuori discussione. 

«Senti freddo». Haechan mi si fece vicino. «La tua giacca ce l'ha ancora Mina?». Sospirai: non sapevo nemmeno io che cosa a quel punto mi dava tanto fastidio. Forse era il fatto che quando c'era Haechan con me mi sentivo andare a fuoco dalla testa ai piedi, mentre se stavo insieme a Jeno mi veniva solo voglia di rannicchiarmi sul divano a vedere American Idol. Haechan probabilmente nemmeno la guardava la TV. Era un passatempo troppo frivolo. Tra l'altro, trovavo ridicolo che si preoccupasse del fatto che avessi freddo quando, pochi giorni prima, mi aveva detto che non gli importava che fossi viva o morta. Non si era scusato, e io non l'avevo dimenticato. 

BULLY / HaechanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora